Se ti sputo di profumo, diceva Antonio Albanese nei panni di Alex Drastico, una delle sue prime e più riuscite maschere. Un modo di dire che piuttosto che insultarti è meglio proprio non cagarti, l’ignorare come arma massima per fare male. Deve averla pensata, e chiediamo scusa al pensiero per averlo indebitamente tirato in ballo, deve averla pensata così anche Fedez, l'altra sera, quando di fronte alla domande di una quantomai incalzate e mowmagghiana Francesca Fagnani, ha finto di non sapere chi noi di MOW fossimo. Quando infatti la giornalista gli ha detto che è “l’apoteosi della paraculaggine”, alla sua maniera, cioè parlando per bocca di quanto qualcun altro ha scritto, nello specifico Grazia Sambruna, appunto sulle colonne di MOW, lui, Fedez, prima ha chiesto, fluidissimo “Ma chi è?”, domanda cui la Fagnani ha immediatamente risposto “Grazia Sambruna è una bravissima giornalista che scrive anche su MowMag”, lui, il Fedez, prima ha finto di non sapere chi noi fossimo, con quel “Su?", tra il sorpreso e il perplesso, salvo poi dire, la mano alzata alla maniera degli umarell che raccontano di quanto si stava meglio ai loro tempi, “Che ha vinto il Pulitzer!”, detto da uno che invece ha la terza media e ha vinto il Power Hits Estate, ma a puntuale punzecchiatura della Fagnani, “Però l’apoteosi della paraculaggine”, affatto paraculo, quanto piuttosto vagamente goffo, volendo anche un po’ tonto, ha aggiunto “Ma è la stessa che diceva che io ho sfruttato Orietta Berti, come se avessi fatto circonvenzione di incapaci su Orietta…”. La chiacchiera è andata avanti con la Fagnani che ha sottolineato con l’evidenziatore fucsia: “Quindi sapeva chi era”, e lui che provava ancora una volta a insegnarci il giornalismo, evidentemente la piccola ma efficace lezione che gli ha impartito Marco Travaglio a Muschio Selvaggio non è stata sufficiente, “il tenore di asserzioni di questa giornalista”. Con tanto di finale a sorpresa, “Ricordo che su MOW è uscita una cosa tipo ‘Fedez è disumano’ e io ho dato il titolo del mio disco per questo articolo”.
Ora, riassumiamo. Fedez è dalla Fagnani, lì a sollevarsi da ogni responsabilità per i vari cazzi che sono circolati intorno al progetto Ferragnez, indicando il manager di Chiara Ferragni, sua moglie solo perché tale ancora da un punto di vista civile, come colpevole di tutte le eventuali colpe. Di fronte a una fracciatina della Fagnani, fatta per bocca di Grazia Sambruna, di MOW, appunto, Fedez prima finge di non sapere chi sia la nostra collega, “Ma chi è?”, poi cosa sia MowMag, “Su?”, poi, attenzione, prova a sminuirci, dall’alto del caz*o sul quale si è arrampicato, figura retorica che non prevede l’utilizzo di un vero caz*o, sia chiaro, è per dire che si è erto su un piedistallo di neanche troppo pregio, di qui il modo di dire “ti credi stocaz*o”, e di qui anche un mio antico vezzo nel parlare di lui, “Stocazzetto”, usato a lungo in articoli e pagelle, Stocazzetto in quanto non eccessivamente alto, dire molto basso credo sia body shaming, e anche di non troppo valore, prova quindi a sminuirci “Che ha vinto il premio Pulitzer”, forse ignorando, ha fatto solo le scuole dell’obbligo, direbbe Galli Della Loggia, che il premio Pulitzer è un premio statunitense rivolto al giornalismo nazionale, e MOW è un magazine italiano, non statunitense. Insomma, una serie di incongruenze, ma stiamo parlando di Fedez, non è che ci aspettassimo una logica da premio Nobel per la matematica, che però la sua apoteosi quando, per giustificarsi di fronte alla Fagnani, che lo sbertuccia per quel fatto di aver finto di non sapere chi sia Grazia Sambruna, tira in ballo un suo articolo che gli ha addirittura ispirato il titolo di un disco. Ora, sia chiaro, Fedez fa simpatia, perché vedere uno che in teoria dovrebbe saper usare le parole, questo il core business di chi fa rap, ma confonde lassismo e lascivia, perculato pure da Capezzone, non può che spingerci a empatizzare con lui, siamo adulti di buoni valori, sappiamo bene che ridere di uno che cade su una buccia di banana, che come nel caso del cazzo su cui arrampicarsi è una figura retorica, anche se in questo caso il riferimento è proprio al frutto di una banana, non a un cazzo, non si dovrebbe mai fare. Però vedere quell’acidità e quel sarcasmo così mal riposto, signora mia, è qualcosa che davvero lascia perplessi. Ti sei appena comprato, tu nullatenente, una auto da 250mila euro, hai preso una casa nuova che è una reggia, dove ti immaginiamo gironzoli in pantaloni corti esibendo gli addominali e canticchiando “Mi sveglio ancora qui, nel mio mondo questa sono io, da oggi io vivrò, fino in fondo il destino è mio”, e stai lì a fare quello che si lega al dito un articolo salvo poi fingere di non sapere chi lo ha scritto ma ammettendo di aver dedicato a un articolo della stessa giornalista per la stessa testata un disco? È una faccenda di fondamentali, Fedez caro, se vuoi ignorare qualcuno lo devi ignorare, non puoi fingere di ignorarlo e poi dirti pure se ha i punti neri. E poi, scusa, ma tu che stai a parlare di Pulitzer, non penserai mica che un articolo su di te possa mai ambire a essere premiato per qualcosa che non sia un premio per la satira? O per la cronaca giudiziaria, al limite. Quando sei andato ospite del tuo amico Antonio Dikele Distefano, per dire, hai detto che la musica non è il tuo core business. Ovviamente ne abbiamo tutti tratto sollievo, pensando e anche sperando che significasse che di lì a breve avresti smesso di farne, come ahinoi non è stato. Ciò nonostante scrivere di te significa sempre occuparsi di faccende futili, come il ridere coi lettori di questi tuoi comportamenti imbarazzanti, dubito che anche stavolta riusciremo a strappare un Pulitzer a qualche giornalista statunitense, tanto più che MOW continua a essere una testata giornalistica italiana. L’augurio che ti facciamo, di cuore, e di trovare quella serenità che l'altro giornop non hai palesato, e ci mancherebbe pure altro, un consiglio non richiesto, ma gratis, di evitare di continuare a parlare di giornalismo e giornalisti, ogni volta che lo fai porti a casa figure di merda, i gusti sono gusti, ma ci sono ben altri nomi che sul mangiare mer*a hanno imbastito leggende metropolitane, cercane almeno una tua.