Due anni fa, Giampaolo Manca passeggiava con noi al porto di Cannes: era vestito con un completo bianco di lino, un cappello con una fascia azzurro chiaro, gli occhiali appesi al collo e la sigaretta col bocchino. C’era anche Gianna Isabella Magliocco, la regista che ha messo al centro del suo progetto proprio la storia di Giampaolo. “Io non cerco applausi, ma consensi, che è una cosa ben diversa”, ci aveva detto in quell’occasione. La redenzione, per essere tale, deve partire da una presa di responsabilità, non ci sono scuse, e quella del Doge avviene in cinque atti. Tanti dei personaggi che hanno dato vita a questa storia non ci sono più, su tutti Silvano Kociss, morto senza sparare un colpo di pistola, ucciso da due proiettili esplosi dalla polizia. Il fratello del Doge, invece, è ancora vivo, nonostante la malattia. Giampaolo ha pregato, Dio lo ha ascoltato: quella è una delle sliding door della sua esistenza. L’eleganza estetica del docufilm si conforma perfettamente a quella della città, Venezia. Da lì si parte e lì si torna. Partendo dal “colpo” giovanile - il furto della barca di Onassis ancorata al Lido - fino alle tappe più buie della tragedia. Sull’argine del fiume stanno Giampaolo e suo figlio Armando – altro personaggio fondamentale nella sceneggiatura della vita del Doge -, guardano dall’altra parte, dove si è compiuto il crimine peggiore: l’omicidio. La crudezza di quel ricordo viene rappresentata in maniera solenne nel dialogo tra i due: la paura del ragazzo che è diventato uomo, la consapevolezza del dolore causato dal genitore.
I cinque atti si svolgono tra i vicoli della città, sulla barca che viaggia in laguna; a fianco del Doge c’è Fabio, suo fratello. Un percorso in cui i due si fermano fuori dalle vecchie case e in quelle nuove, dove la vita è ripartita: nelle stanze dove parlano la compagna di Armando e le famiglie dei bambini autistici che Giampaolo ha deciso di seguire. Il carcere è inquadrato da fuori, ma lì dentro è arrivata la vera salvezza. Lo dice lo stesso Doge: “Se non mi avessero arrestato non mi sarei mai fermato”. In galera vivrà per 36 anni, otto mesi e due giorni. E parlano di lui, quindi, gli avvocati e i poliziotti che hanno condiviso i corridoi dell’istituto penitenziario di Santa Maria Maggiore, dove conosce il teatro, introdotto da Anna Buono: “Non mi interessava sapere cosa avevate fatto, per me eravate solo attori”, dice la volontaria nel docufilm. Ora, grazie a lei, alla famiglia e a Gianna Isabella Magliocco Manca non è più solo Il Doge: ora è Giampaolo. E non ha più tempo da perdere.