Ranucci, volto e anima di Report, è rimasto uno dei pochi superstiti in una Rai sempre più colonizzata dal melonismo di governo. Monica Maggioni si è sfilata, altri hanno trovato rifugio altrove, lui invece è rimasto a presidiare la fortezza assediata. Ma resistere ha un costo, e a Viale Mazzini sembra ormai insostenibile. Le pressioni si moltiplicano, gli spazi si riducono, i margini editoriali si assottigliano. Urbano Cairo, il Napoleone delle telecomunicazioni low profile, ha fiutato l’occasione, perché Ranucci non è un conduttore qualsiasi, è un brand. E come ogni brand appetibile, va solo ri-nominato. Non potrà chiamarsi Report, quello resta proprietà Rai, ma la soluzione è dietro l’angolo. Come riportato su Dagospia, a Mediaset Bianca Berlinguer ha fatto il giochino del titolo con È sempre Cartabianca. Perché non un È sempre Report?

Il piano sarebbe già pronto. Prima serata del lunedì, il giorno sacro delle inchieste, e a seguire un laboratorio parallelo, Report Lab, con sito, social, contenuti extra, più l’appoggio di Solferino, la casa editrice del gruppo Cairo. Una macchina crossmediale che avrebbe il vantaggio di non doversi inventare nulla. Basta clonare la formula, aggiungere un po’ di estetica La7 e spingere sul tasto play. E non finisce qui. Perché nel grande Risiko di Cairo c’è anche la volontà di dare una lucidata al Corriere della Sera. Per dirla male, essere la Gazzetta di Fazzolari non porta nuovi lettori all’edicola, mentre cavalcare l’onda Ranucci sì. L’operazione sarebbe win-win: Ranucci trova aria, Cairo si porta a casa l’ultimo campione del giornalismo d’inchiesta televisivo. Certo, rimane un dettaglio: la politica. Perché se Tele-Meloni ha reso invivibile la vita di Ranucci in Rai, la stessa politica non resterà zitta davanti a un suo trasloco a La7.
