Tutti conosciamo Mike Bongiorno. Il padre della televisione italiana e il re dei quiz. Ma quanti possono dire di conoscere davvero la sua storia? Beh, anche noi credevamo di sapere quasi tutto sull’uomo che ha portato “Allegria” nelle case degli italiani, eppure sbagliavamo. Il passaporto americano che gli ha salvato la vita durante la seconda guerra mondiale, la madre, la tv americana a cui ispirarsi, la radio, l'incontro con la donna della sua vita, Daniela Zuccoli (Valentina Romani), la ragazza che sposerà nel 1972 e che resterà al suo fianco fino all’ultimo giorno, la Rai e molto altro ancora. Mike va oltre il semplice ritratto di Mike Bongiorno, offrendo un’esperienza visivamente appagante grazie a costumi, scenografie, fotografia e regia che si fondono alla perfezione. Il risultato è un ritratto forte e originale del conduttore di Rischiatutto e Lascia o raddoppia, lontano da rappresentazioni banali o già viste, evitando ogni tipo di imitazione, contrariamente alla maggior parte dei biopic che imperversano sulle piattaforme. Chissà cosa avrebbe detto lui, riascoltandosi attraverso le parole di Claudio Gioè. Quello che possiamo dire noi è che il modo di recitare dell'attore siciliano anche stavolta gli ha permesso di interpretare un personaggio alla perfezione. Chiudendo gli occhi abbiamo avuto l’impressione che tra i discorsi spezzati e la costante (e apparente?) imperturbabilità dell'attore in scena, ci fosse davvero Mike Bongiorno.
Nelle prime puntate, vediamo un Mike Bongiorno adulto (interpretato da Claudio Gioè), ormai all’apice del successo con Rischiatutto, accettare un'intervista per parlare della sua vita. Di suo padre e del crollo di Wall Street nel 1929, un evento che sconvolse la sua famiglia e la separò. Bongiorno ripensa anche ai suoi primi passi come giornalista, all'anno del diploma e soprattutto a lei: la guerra. La Seconda Guerra Mondiale interrompe bruscamente la sua esistenza e la stravolge (Elia Nuzzolo interpreta il giovane Mike). La sua attività di staffetta partigiana e il passaporto americano lo portano prima nel carcere di San Vittore, dove anche sua madre viene imprigionata, e poi in vari campi di concentramento. È un periodo durissimo, senza alcuna notizia della madre, a cui scrive lettere immaginandola ancora a casa, a Torino. Rischia più volte la fucilazione, ma dopo due anni, grazie a uno scambio di prigionieri, i nazisti lo rilasciano. Tuttavia, non lo riportano a Torino, bensì a New York. E noi, ci fermiamo qui.