I “sogni irrealizzabili”, per ragioni complesse percepiti come possibili anche se improbabili, sono l’asse su cui si basa il capitalismo contemporaneo: come ha scritto Lauren Berlant in Ottimismo crudele (Timeo 2025) a dettare i criteri della «buona vita» sono le stesse condizioni che li rendono inaccessibili. Il paradosso è ovvio e inquietante: viviamo intrappolati da cose e per cose che non possiamo mai conquistare, ma la sensazione di doverci e poterci provare rendere la trappola perfetta. Da qualche anno a questa parte, segreto di Pulcinella, a distribuire le false promesse del neoliberismo tra macerie di una realtà in cui ogni forma di crisi è condizione ordinaria c’è internet con i suoi editori che formano, viziano, governano le strutture dei contenuti intellettuali entro cui c’è dato formulare le nostre personali risposte alle tre domande kantiane: che facciamo, cosa speriamo, come agiamo. La cosiddetta “Mafia di PayPal” è un gruppo di ex dipendenti e fondatori di PayPal che in seguito hanno sviluppato le aziende tecnologiche di Silicon Valley che hanno dato al presente in cui viviamo la natura che ha assunto: Tesla, Inc., LinkedIn, Palantir Technologies, SpaceX, Affirm, Slide, Kiva, YouTube, Yelp, Yammer. La maggior parte dei membri, da Chad Hurley a Elon Musk fino a Reid Hoffman, ha studiato presso l'Università di Stanford o l'Università dell'Illinois spesso incrociando la filosofia con la computer science.
Abbastanza di recente, in una puntata di Otto e mezzo su La7, la filosofa Rosi Braidotti e Franco Bernabè (ex amministratore delegato di Tim), si sono riferiti a delle connessioni esplicite tra la “Mafia di PayPal” e le teorie di Jürgen Habermas… non credo, onestamente, che la comprensione di chi ascoltava la trasmissione sarà stata immediata. Habermas appartiene alla seconda generazione della "Scuola di Francoforte" e nel suo capolavoro, Teoria dell'agire comunicativo, ipotizza una comunicazione libera da rapporti di potere riferendosi alla sua possibilità nelle società post-industriali come la nostra. Si tratta di società dove l’economia sostituisce di peso la politica, e dove per ragioni molto complesse le forme di vita umane vengono totalmente plasmate non più dagli Stati nazionali o meta-nazionali ma da società finanziare mascherate da canali di libertà comunicativa (Meta, X, TikTok, ecc.). Qui torna la Berlant: queste nuove possibilità finanziarie mascherate da comunicazione pura distribuiscono poi la pulsione a restare aggrappati a desideri che costituiscono un ostacolo definitivo alla nostra felicità.
Intrappolati in gabbie di dati affamiamo noi stessi lavorando incessantemente per società che producono utili sull’allontanarci dalle vite che avremmo potuto fare se non avessimo desiderato di fare vite che non potremmo mai fare. I “signori” della “Mafia di PayPal” producono tutti, ognuno nei rispettivi campi, processi che intrecciano realtà e ideologia, individualità e desiderio, occultando attraverso l’intrattenimento una realtà società che ci costringe in quella che sembra una «morte lenta». Costretti a dichiarare in continuazione il nostro “siamo vivi” attraverso post o risposte ad annunci di lavoro, ecco dunque la perversa sensazione di trovarsi a esistere in un perpetuo spegnimento dove tutto si muove in un ritmo costante, prevedibile, privo di sorprese, in un continuo conformarsi agli standard degli “editori mafiosi” che soffocano ogni possibilità di cambiamento. Ecco "l’etica del discorso” di Habermas (e di Karl-Otto Apel): intrappolati in correttezza, verità, veridicità, comprensibilità… ma rispetto a cosa, o a chi? La Berlant ha scritto questo libro nel 2011, nel frattempo è morta di un cancro fulminante; anche lei, forse, ha sprecato il tempo che ci invitava a vivere diversamente. L’ottimismo crudele, di cui oggi abbiamo più bisogno che mai, neutralizza qualsiasi visione di una prospettiva alternativa: sul “migliore” di cui la “Mafia di PayPal” ha bisogno per venderci la pulsione a restare aggrappati a desideri che costituiscono un ostacolo alla nostra felicità.