Ironico e pungente. Scontato? Nemmeno. Tancredi, in semifinale a Sanremo Giovani, è uno tra gli artisti da tenere d'occhio nel 2025. Da Amici è passato, già nel 2023, per il palco di Sanremo Giovani, per poi tornarci quest'anno. Che sia la volta buona? Noi, in attesa della semifinale, lo abbiamo intervistato, per parlare di "Standing Ovation", ma anche del suo rapporto con la musica (e con l'industria) e dell'esperienza nella scuola di Maria De Filippi.
Non te la vogliamo tirare, ma “Standing Ovation” è uno dei brani più forti di questo Sanremo Giovani. Com'è nato?
Anche secondo me è molto forte, altrimenti non l’avrei portato. Due anni fa ho fatto una session con Adel e Gianmarco Grande e avevo questo vocale audio in cui ripetevo “complimenti” e dicevo una cosa tipo “voglio una standing ovation”. Sono andato in studio da loro, gli ho proposto l’idea ed essendo pazzi hanno detto “ok, facciamola”. Ed effettivamente è uscito il provino, ma poi è rimasto affossato. Ogni tanto dicevo “ma vogliamo farci qualcosa?” e quando dovevamo scegliere il brano da mandare abbiamo deciso di provarci, perché è secondo me non è una canzone per nulla scontata.
Perché?
È confusionaria, perfettamente in linea con quello che dico nel testo e si traduce bene anche con la melodia questa confusione.
Quindi, se non ho capito male, “Standing Ovation” esisteva ancor prima di “Perle”, brano con cui hai partecipato nel 2023 a Sanremo Giovani. Perché non l’hai portato l’anno scorso?
Lo avevamo dimenticato. Poi in generale l’anno scorso ero più preso male, quindi volevo portare un brano che rispecchiasse il mio mood in quel momento.
Come vivi che Sanremo Giovani vada in seconda serata?
A me va bene, basta che canto. Cioè se va bene a loro ok, magari l’anno prossimo se gli ascolti sono buoni andrà in prima serata. Ma ecco, a me cambia poco, mi basta esibirmi.
E per quanto riguarda la semifinale?
Ci sto pensando poco perché sto chiudendo il disco, quindi sono molto concentrato su quello. Comunque sto continuando a provare e me la sto vivendo bene. Poi non si sa mai, magari vado in ansia due minuti prima di esibirmi come mio solito (ride, ndr.).
“Questa notte dò fuoco a una major”. È una frase “curiosa”, visto che sei in major…
L’ho detto con ironia. Ti dico, nei prossimi pezzi ci saranno anche delle cose più grevi (ride, ndr). In generale sono tutti super disponibili, gentili, è bellissimo questo mondo, però poi sento tutti che si lamentano e quindi dire questa cosa, ma racchiudendola in una frase forte.
Di cosa si lamentano principalmente?
Di come vanno i brani, di come fare la promo… Secondo me il mondo della musica adesso è davvero imprevedibile. Da un anno all’altro arrivano dieci artisti nuovi e l’anno dopo non ci sono più. Penso che nessuno riesca a leggere bene come sta andando davvero questo mercato, c’è tanta confusione. Magari a un certo punto si arriverà a una quadra, perché anche con i social sono cambiate tante cose e c’è meno sicurezza in generale. E non voglio dissare nessuno, ma sento sempre le stesse cose.
Ma c’è qualcuno invece che ti ha fatto dire “interessante”?
Prima stanza a destra, ma in generale mi vengono in mente emergenti che fanno cose particolari. Quelli al top si sono un po’ seduti.
Un po’ di critica ci sta e non hai fatto nomi, quindi... Comunque, nel tuo dj set per “Comete” c’è anche Las Vegas, brano con cui ti sei fatto conoscere dal pubblico ad Amici. Non hai quindi una sorta di “repulsione” per quel brano?
No, più che altro sto adesso sto cercando di farlo in un modo diverso. Col tempo magari farò anche un arrangiamento diverso, anche perché sto producendo tanto e quindi potrebbe uscire una cosa al cento per cento mia.
Sul disco nuovo cosa puoi raccontare?
Secondo me tanta roba (ride, ndr.). Ci sto lavorando a quattro mani con Giordano Colombo e ho in mano tanto, anche dal punto di vista delle produzioni, e sarà molto personale, sia a livello di testi che musicale.
In tanti adesso si concretano tanto anche sulla produzione. Forse aiuta a rendere i brani più autentici.
Io lo facevo già a 16 anni, perché non avevo i soldi per pagarmi un produttore. Poi ho incontrato Amedeo, che è un amico e voleva fare produzione, quindi le abbiamo fatte insieme. Dopo Amici ho fatto produrre agli altri e basta, perché nella mia testa non ero in grado di farlo, mentre pian piano mi sono reso conto che la roba bella non è tanto quella che suona bene, ma quella che ti suona vera. C’è uno sprint in più, magari non suona perfetta, ma ti arriva.
C’è qualche produttore italiano con cui ti piacerebbe collaborare?
Mace, prima o poi ce la facciamo. Sono super fan dell’elettronica e di quello che fa, saremmo una bella coppia.
E di internazionale invece? Magari scopriamo qualche artista nuovo.
Cosa divertente: non ascolto musica elettronica.
Ah, davvero?
La faccio, perché mi diverte, ma non l’ascolto. Ho visto il video di un jazzista che dice “ascolto tutto, tranne il jazz, perché così se inconsciamente copio non lo faccio da cose del mio genere”. Ti direi, ma piace a tutti, Fred Again…
Amici, invece, che esperienza è stata?
Super forte come trampolino, anche se secondo me non si è mai pronti per il salto. Magari se avessi avuto un paio d’anni in più di esperienza di vita, non musicale, mi avrebbe aiutato a gestire meglio alcune cose, ansie più che altro che ho accusato tanto. In questi anni ho lavorato tanto su me stesso dal punto di vista personale per gestire determinate cose che non andavano bene.
Stare così tanto tempo in casetta ha in qualche modo “compromesso” la tua creatività?
Io ero super creativo, ma sono stato dentro tre mesi. Ho scritto anche tanto dell’EP lì ed ero super produttivo.
Non ne parli con grande entusiasmo, ma forse è una mia impressione.
No, mi sono divertito un botto, ho fatto tutto quello che volevo fare. Si fidavano e mi hanno lasciato fare tutto a modo mio, anche per quanto riguarda la produzione.