Madonna torna a essere la regina, almeno per una notte, andando a cantare di fronte a un milione e mezzo di persone a Copacabana, in Brasile. Questo potrebbe/dovrebbe essere l’incipit di un pezzo celebrativo di colei che a lungo è stata la regina del pop mondiale, capace non solo di far cantare e ballare milioni e milioni di persone in ogni angolo del mondo, ma anche di segnare il costume, almeno quello occidentale, guidando una vera e propria rivoluzione sessuale nell’era dell’Aids. Dico potrebbe/dovrebbe, dopo aver in effetti usato come incipit esattamente quelle parole, non perché io ami sempre giocare con le parole e anche con il raccontare l’uso che ne faccio, quanto piuttosto perché in quell’incipit c’è una fake news, e proprio su quella, ça va sans dire, andrò a soffermarmi. È noto, Madonna ha chiuso un celebrativissimo tour mondiale a Copacabana, di fronte a un milione e mezzo di persone. Certo, concerto gratuito, il nostro Vasco col suo Modena Park può dormire sonni tranquilli, ma pur sempre di un milione e mezzo di persone accorse per celebrare una artista pop stiamo parlando, un milione e mezzo di persone, cazzo. Una celebrazione che tale si possa definire, senza se e senza ma. Da vera regina. Allora perché quel potrebbe/dovrebbe, dirà il solito pignolo che non ha intenzione di rispettare le lungaggini dello scrivente, che poi sarei io? Semplice, perché Madonna, con un profluvio di cambi di abito che neanche a una sfilata della Milano Fashion Week, ha sì celebrato la propria carriera di fronte a un milione e mezzo di persone, ma non lo ha fatto cantando. Quarant’anni di carriera, un corpo di ballo degno della Scala, luci a profusione, frizzi e lazzi, ma niente canto. Madonna è stata in playback per tutto il tempo, al limite cantando sopra la sua stessa voce, consuetudine ormai diventata di moda tra trapper e rapperini d’antan, ma che in passato mai aveva trovato asilo in concerti di popstar vere e proprie. O meglio, quasi mai, perché quando a esibirsi in playback, però non spacciato come tale, era stata Britney Spears, non quella recente a tette di fuori, parlo di quella all’apice del successo, beh, apriti cielo, proteste dei fan, class action per farsi restituire i soldi del biglietto, di tutto e di più. Il Celebration Tour di Madonna, invece, ricorderete che a Milano iniziò addirittura con tre ore di ritardo, facendo incazzare un po’ tutti i presenti, è stato tutto così. Una celebrazione, certo, che però aveva almeno musicalmente la forma di un ascolto collettivo, con la star sul palco e il pubblico sotto. Nel caso di Copacabana anche a qualche chilometro di distanza dal palco stesso.
Qualcosa, so che ora farò incazzare come iene tutti i fan di Miss Ciccone, amen, non troppo diverso da quel che ha fatto, sempre a Milano e sempre al Forum, Kanye West, quando mesi fa è arrivato col nuovo sodale Ty Dolla Sign, per il lancio del primo volume di Vultures. Ricorderete tutti, anche qui, i due con tanto di passamontagna in testa al centro del campo da basket del Forum, il pubblico tutto intorno, a sentire le tracce dell’album, senza neanche un microfono in mano. Un ascolto, come quelli che un tempo, quando esistevano davvero i vinili e gli stereo, si facevano in cameretta, magari a luci spente, solo senza la presenza dell’artista. Artista che comunque è stato presente, sempre che nel caso di Kanye West fosse realmente lui, vallo a sapere, visto il passamontagna, nel caso di Madonna, almeno, botox e chirurgia estetica permettendo, ci si potrebbe mettere la mano sul fuoco. A corredo di tutto questo, tanto per rendere l’idea, gira un video di Mick Mars dei Mötley Crüe, video di un annetto fa, che ci fa ascoltare cosa arriva in cuffia al nostro, come una sorta di fuorionda tirato fuori da qualcuno del suo staff a cui evidentemente non deve stare molto simpatico. Bene, esattamente come per il famoso “nana demmerda” di Insinna a Affari tuoi, quel che ne è esce non è esattamente uno spettacolo esaltante, un click a volumi mostruosi, con tanto di tutorial su cosa la canzone sta per andare a proporre, ora arriva il ponte, ora devi fare il riff, ora è il momento del ritornello. Un tempo il rock era improvvisazione e furore creativo, ora siamo ai livelli del museo delle cere (le immagini dei recenti concerti degli AC/DC, con un Angus Young spelacchiato e decisamente anzianotto a fare il resto). Ora, proviamo a tirare le somme. Sono anni che qualcuno, molti, specie i puristi, rompe il cazzo sull’uso e abuso dell’autotune, eletto a simbolo della decadenza musicale della contemporaneità. Indicato come una sorta di trucchetto da truffatori delle tre carte, non sai cantare e quindi usi un filtro che ti intona la voce per fregare l’ascoltatore. Questo a prescindere dal dato di fatto che l’autotune sia oggi una delle caratteristiche principali, nel senso di più usate e anche più facilmente riconoscibili, della musica in voga, come lo era la chitarra col chorus alla Brian Adams negli anni Ottanta, o lo scratch nei primi dischi di rap, vera e propria incarnazione di quel senso di asetticità affettiva che le nuove generazioni, così abituate a vivere rapporti a distanza, via social, hanno sviluppato nel mentre. Ecco, se l’alternativa all’autotune, che è sì un filtro etc etc, ma lo è come lo un wah-wah per la chitarra di Jimi Hendrix, o un Overdrive per quella di Kurt Cobain, deve essere un vecchio artista che finge di cantare, affidandosi al lipsync, al playback o a quel che è, forse, dico forse, sarebbe il caso di essere meno tranchant verso l’oggi e un po’ più critici verso lo ieri e l’altroieri.
Nel senso, chi se ne frega di sentire una bella voce pulita, se la voce pulita non è cantata al momento, chi se ne frega di sentire strumenti veri, se sono sequenze che vanno di loro a ogni concerto. Sì, perché quando vi capita di vedere mega concerti negli stadi, di quelli accompagnati da immagini sincronizzate che vanno sui maxischermi, beh, sappiate che tutto quel che vi passa sotto gli occhi e gli orecchi è in buona parte preparato a monte, così da poter permettere a una determinata immagine di apparire esattamente quando c’è una determinata nota. Altrimenti avremmo video che finiscono prima delle canzoni, o che non vanno a tempo col testo o con la musica. Così non è, quindi anche i saluti, le dediche, le gag, sappiatelo, è in buona parte pensato a monte, preparato a monte. In una parola, finto. Come Madonna che finge di cantare di fronte a un milione e mezzo di persone, Live Nation dice addirittura un milione e seicentomila persone, molte anche a mollo in mare, Rio de Janiero mai così affollata di persone festanti, e dire che di feste da quelle parti se ne intendono parecchie. Un record assoluto, il concerto di un singolo artista più visto al mondo, seppur gratuito, e la parola visto, sappiatelo, non si trova qui per caso. Perché almeno lei, Madonna, era lì davvero, a differenza della sua voce, la regina assoluta, con quarant’anni importanti di carriera da celebrare e una presenza sul palco ancora notevolissima, superati da un po’ i sessant’anni. È la voce che non c’è stata, assente forse giustificata. Come in un concerto di un qualche trapper, a far finta di cantare sulla base registrata, e comunque con l’autotune. Dicono che la temutissima AI porterà presto alla scomparsa della discografia per come la conoscevamo, a partire da chi scrive le canzoni, l’AI può farlo in autonomia, per altro copiando esattamente come fanno tanti hitmaker, per arrivare agli artisti, presto sostituiti da avatar, siano essi copie di quelli reali, alla Hiroshi Ishiguro, lo scienziato che va in giro col robot che ha le sue stesse sembianze, per arrivare a artisti creati a loro volta direttamente dalle macchine, nuovi di zecca. Chissà se prima o poi capiterà davvero che il mercato finirà tutto in mano loro, sostituendo con l’AI gli algoritmi che già grazie a Spotify e lo streaming lo dominano. E chissà se una volta che questa sostituzione, una sorta di sostituzione etnica virata all’arte, verrà completata ci sarà un qualche artista virtuale che, come Madonna nel Celebration Tour o Kanye West nelle presentazione con Ty Dolla Sign di Vultures, neanche fingerà di cantare, o come Mick Mars dei Motley Crüe si limiterà a stare sul palco imitando il se stesso da giovane, trenta basi in sottofondo a fare il suo sporco lavoro, triplo salto mortale di una fruizione della musica sempre più frammentaria e vaporizzata. Quando sarà, magari non manca neanche così tanto tempo, probabilmente anche i critici musicali saranno stati sostituiti da loro versione AI, così nessuno avrà a sottolinearlo o a lamentarsene. Finto per finto, io, nell’incertezza, a questo punto preferisco andare a ascoltarmi qualche nuova creazione fatta in due minuti su Suno o una di quelle applicazioni che ti permette di scrivere, produrre e interpretare una canzone scrivendo giusto qualche indicazione di massima, almeno non avrò quella fastidiosa sensazione di aver creduto come un allocco a una qualche cazzata sentita in giro, perché passare da coglioni non piace a nessuno, o almeno non piace a me.