Il tax credit, il riconoscimento del credito d’imposta alle imprese del settore cinematografico, è un argomento che divide. C’è chi dice che quei soldi sono troppi (il credito d’imposta arrivare fino al 40% delle spese totali) e chi critica le modalità di accesso al finanziamento. Altri sottolineano la necessità di rivedere certi parametri e di limitare i soggetti che possono richiedere il contributo. Insomma, una giungla di opinioni, richieste e critiche. Di questo tema, in un video postato sui social, ha parlato Fabrizio Corona: “Lo Stato per il Covid ha finanziato undici miliardi a fondo perduto per il cinema”, sottolineando come in futuro uscirà a questo proposito un’inchiesta su Dillinger: “Ci sono dei registi che fanno cinque, sette film all’anno, mentre di solito se ne fa uno, però poi li vendono ad Amazon Prime, a Discovery o a un portale”. Prosegue Corona, spiegando come avviene l’accesso ai finanziamenti: “Tu hai una legge che ti permette, una volta che presenti un pitch e un piano di produzione e cominci a girare per tre, quattro, cinque milioni, di ricevere finanziamenti a fondo perduto”. Questo, quindi, il punto di Fabrizio Corona sulla questione. Nello stesso video, poi, è lo stesso ex re dei paparazzi a evidenziare come in Italia sia difficile creare un sistema imprenditoriale funzionante: “I soldi dove sono? C’è chi ce li ha, perché ce li ha veramente e ce li aveva prima, c’è chi li fa illegalmente, ma oggi è difficile fare una struttura imprenditoriale che ti porta soldi. Devi essere veramente furbo”. Sempre secondo Corona, infatti, oggi il modo più efficace di guadagnare sarebbero le manovre illegali: “Oggi qui ragioni sulle truffe: c’è stato per un periodo il Superbonus 110% per le costruzioni, che era una truffa allo Stato”. A questa, poi, chiude il fondatore di Dillinger, si aggiungerebbe il tax credit.
Noi di MOW abbiamo trattato l’argomento con alcuni importanti esponenti del mondo del cinema: il critico Marco Giusti ci ha detto che i film prodotti, in effetti, sono troppi e molto spesso non di livello; Gianni Canova, invece, si è soffermato sull’importanza di dedicare parte di quei soldi alla comunicazione e non esclusivamente alla produzione; Paolo Mereghetti, da parte sua, ha messo in luce le necessità degli esercenti delle sale, i quali non possono fare a meno di preferire un certo tipo di cinema rispetto a un altro. Tempo fa, infatti, Emma Dante aveva lanciato un appello sui social in cui chiedeva giustizia per il proprio film, Misericordia, che sarebbe stato cannibalizzato da film più pop. Anche Alice Rohrwacher aveva denunciato una situazione simile per il suo La chimera: dopo un video girato con Josh O’Connor, poi, la pellicola è tornata energicamente nelle sale di tutta Italia. La questione, quindi, è aperta. Non c’è solo il tema del doppiaggio (qui l’articolo sulla polemica legata alle parole di Elio Germano) a far discutere nel nostro Paese. Quello del finanziamento pubblico al cinema, infatti, rimarrà uno degli argomenti più divisivi riguardanti l’industria cinematografica italiana.