David di Donatello 2024 sinistri. E sinistri in tutti i sensi: per quanto riguarda la serata di gala andata in onda su Rai 1, si può serenamente parlare, al solito, di incidente stradale. A catena. Non è mancata nemmeno, a ragion veduta tra l'altro, la rivolta in diretta delle maestranze. Il costumista di Rapito, Sergio Ballo, vince il premio alla Miglior Scenografia, riceve la statuetta in un sottoscala e, giustamente, sembra voler accusare la Rai di "tirchieria" invece di spendersi in un finto discorso di ringraziamento. Fino a qui, tutto bene. Il problema, quello forse più divertente di tutti, sorge come sempre il mattino seguente alla kermesse. Matteo Garrone con il suo Io Capitano ha, secondo molti, osato accaparrarsi il riconoscimento a Miglior Film, di fatto 'derubando' la pora Paola Cortellesi e quella pellicola di nicchia che è rimasta C'è Ancora Domani. E così ecco l'intellighenzia che ci meritiamo schierarsi di nuovo a vanvera pro-femminismo, in un contesto dove il femminismo c'entra quanto un pandoro Pink Christmas a Pasqua: Garrone avrebbe vinto "in quanto uomo" e Cortellesi 'perso' "in quanto donna". In altre parole, sui social è ufficialmente partito il derby "donne vs migranti". Andiamo a prendere i pop corn.
Per riportare come e quanto cotanta insulsa bagarre sia davvero tra noi, ne prendiamo in esame un campione: il post Instagram di Silvia Grilli, Editor-in-Chief del magazine Grazia. La nostra scrive parole di fuoco contro la vittoria del regista:
Stasera i David di Donatello non hanno riconosciuto a Paola Cortellesi il premio come miglior film per C’è Ancora Domani. Quando si è trattato di decidere le medaglie più prestigiose, il sistema del cinema italiano ha conservato se stesso: ha scelto il bel film di un uomo in un film di uomini, Io Capitano, di Matteo Garrone.
Ora, a prescendere dai gusti personali (in questi lidi si tifava per Rapito di Marco Bellocchio), ridurre l'opera di Matteo Garrone a "bel film di un uomo in un film di uomini" suona risibile. Basta rileggerlo ad alta voce per rendersene conto. Oramai viviamo un hic et nunc che, con buona pace di analisi e senso critico, annulla qualsiasi tentativo di dibattito culturale svilendo ogni questione a un mero 'Maschi contro Femmine' e 'Femmine contro Maschi'. No, non c'entrano le due ominime commedie di Fausto Brizzi, purtroppo. In quel caso, almeno, si parlerebbe purtuttavia di cinema. Il cortocircuito qui si lascia poi brillare in tutta la propria splendida fulgida lumonistà perché il candidato all'Oscar Io Capitano, come è noto, tratta il tema dei migranti. E così oltre che alle prese di posizione tout court, assistiamo alla disfida donne vs migranti. Chi vuoi che vinca 'sto derby del cuore?
Mentre giornalisti e appasionati cinefili in generale tracannano valeriana nel tentativo di non imprecare contro chi scende in piazza social infervorato da questioni di genere e totalmente dimentico che qui si starebbe comunque parlando di cinema, non si può che assistere al parapiglia, sorridendo sconfortati. Sconfortati perché, dopotutto, Cortellesi si è portata a casa sei statuette, Garrone sette e Bellocchio cinque. Sostanzialmente un pari e patta, volendo proprio soffermarci sul lato agonisto della kermesse. Un 'pari e patta' che, però, viene considerato insufficiente non per ragioni di merito, su cui sarebbe certo legittimo dibattere pure fino ai prossimi David 2025, ma coi paraocchi ben adesi al viso. Se un film è 'femmina' e tratta della violenza di genere deve per forza vincere contro qualunque altra pellicola. Come se poi C'è Ancora Domani non stia già trionfando in ogni angolo del mondo. La prepotenza femminista a ogni costo perde una nuova occasione per starsene in silenzio e far miglior figura. Apprendiamo, comunque, come nel 'derby del cuore 'Donne contro Migranti' allo stato attuale 'vincano' le prime. L'ennesima necessaria conquista "in rosa", mentre di cinema si parlerà forse l'anno prossimo oppure mai, chissà. Contente noi...