Dopo Parigi e il Centre Pompidou la mostra di Alice Rohrwacher è arrivata in Italia, precisamente a Bologna durante il Festival del Cinema Ritrovato. Location? Galleria del Cinema Modernissimo, in Piazza Maggiore. Potevamo non vederla? Assolutamente no. Così prima di entrare in sala per ammirare il film cult di Marco Bellocchio restaurato in 4k, Sbatti il mostro in prima pagina, abbiamo visitato la mostra (la prima italiana) di Alice Rohrwacher e Muta Imago (con la partecipazione di Thierry Boutemy) dal titolo “Bar Luna”. All’interno del breve percorso espositivo, una serie di opere site specific che evocano la cinematografia della regista del realismo magico italiano. La mostra è un vero e proprio viaggio nel suo universo riprodotto in miniatura. Ci sono i manifesti dei suoi film come La chimera e Le meraviglie, l'incredibile ricostruzione del Bar Luna, e un raccoglitore posto su un tavolino al cui interno ci sono ricordi, poesie, disegni e fotografie scattate durante le riprese dei suoi film. Insomma, è stato come entrare nella testa di Alice, tra realtà e finzione.
Intorno a Bar Luna si muove la notte e sembra per un attimo di essere in una chiesa. Ai lati dell'installazione, si sviluppa una sorta di deambulatorio (il corridoio posto intorno al coro e all'abside) costellato di nero, di buio, di vuoto e di piccoli frammenti di luce che indicano la via mentre ci addentriamo in punta di piedi nello spazio espositivo (e nel cinema di Alice). A un certo punto notiamo vicino all'insegna del bar una vecchia cabina telefonica. Così decidiamo di alzare la cornetta, e risponde una voce di donna: “Che cosa ti lega al mondo?”.
Fan o non fan di Rohrwacher, negli spazi della Galleria del Cinema Modernissimo comprenderete alla perfezione quello che Alice una volta aveva detto in un'intervista sul significato della settima arte: “Il cinema deve rendere straniero il nostro sguardo”. Ecco la mostra di Alice Rohrwacher, immersiva, delicata e rurale come lo sono le ambientazioni stesse dei suoi film, rende straniero lo sguardo di chi la attraversa. Rende stranieri gli occhi (commossi) che spulciano i suoi luoghi familiari. L'esposizione è come un film muto. Simile a quello che realizzerà in futuro? Sì perché qualche giorno fa, sempre durante il Festival del Cinema Ritrovato a Bologna, dopo la sonorizzazione dal vivo della trilogia finlandese Mykkätrilogia, Rohrwacher aveva dichiarato di aver iniziato a lavorare ad un progetto molto particolare... “Ho iniziato a lavorare a questo progetto e mi è venuto in mente cosa diceva Pier Paolo Pasolini, che il cinema non è una nuova tecnica, ma un nuovo linguaggio. Quando è arrivato, il suono ha preso il potere sulla narrazione. E tutto l’impegno sperimentale concentrato sull’immagine, pur non essendo scomparso, si è comunque ridotto: la narrazione parlata, il logos, ha preso il sopravvento. La mia visione non è lineare, che viene prima il muto e poi segue il sonoro. Al contrario, sono due linguaggi che possono convivere tranquillamente. Il muto può essere ancora un’opzione. L’ho realizzato quando ho letto che Pirandello odiava il cinema muto e che quando è nato il sonoro se ne è appassionato. Considerato che io la penso sempre al contrario rispetto a quello che dice Pirandello, ho pensato: allora forse il cinema muto è cosa buona!”. Stay tuned.