Protagonisti di Animali randagi di Maria Tilli sono Luca e Toni, Andrea Lattanzi e Giacomo Ferrara, due paramedici, amici, che vivono in un piccolo paese in provincia del “nulla” in cui non succede mai niente. E come spesso accade nelle province del Belpaese le giornate dei due ragazzi si consumano alla ricerca di adrenalina tra sostanze stupefacenti e imprese folli. Un giorno però la pruriginosa routine viene di colpo interrotta, perché a Luca e Toni viene chiesto di trasportare un paziente bisognoso di cure speciali fuori dall’Italia. Si chiama Emir (Ivan Franek), deve tornare in Serbia e ha chiesto a Maria (Agnese Claisse), la figlia che non vede da diversi anni, di accompagnarlo. La verità è che l’uomo vorrebbe recuperare il rapporto con lei prima che sia troppo tardi. Luca e Toni sono gasatissimi, si convincono che quel viaggio sarà come una gita, una vacanza, un’occasione per spezzare la monotonia. Durante il tragitto, però, scopriranno che le cure di cui Emir ha bisogno nascondono ben altro e presto i due ragazzi dovranno fare i conti con la realtà da cui fino a quel momento avevano cercato di evadere. Qualcuno la prenderà bene, qualcun altro…
Ok, ma perché questo film dovrebbe far bene alla società italiana? Maria Tilli in Animali randagi è riuscita a raccontare una realtà che molti di noi vivono, la dinamica di provincia, in cui tutti si conoscono e mai niente succede, con uno sguardo non giudicante, esterno e interno allo stesso tempo ai fatti, alle persone, senza puntare il dito su chi sono e cosa fanno. Del resto la regista ha detto che l'idea del film le era venuta dieci anni prima davanti a un bar di paese in cui si festeggiava la fine dell’estate. “Eppure, negli ultimi anni, in me è cresciuta una curiosità: sapere di più di quelle persone e facce che partecipavano alle cosiddette 'feste comandate'. Ho scoperto, così, che c’era tutta un’umanità di persone che da sempre conoscevo ma che non avevo mai realmente incontrato”. Lei che proviene dal mondo dei documentari e dalla provincia di Chieti sa bene com'è la città in cui abitano Luca e Toni, due ragazzi che per contrastare lo scorrere lentissimo delle giornate se ne inventano una ogni giorno, di fronte al possibile sdegno, se solo sapessero, dei vecchi compaesani, di chi in provincia c'è rimasto o è stato costretto a rimanere. Maria nella nostra video intervista (che trovate qui sotto) ha detto: “Il paesaggio ha un senso perché mette i personaggi a una statura diversa ed è un po’ quello che succede nella vita”.
Ma i due protagonisti sono due animali randagi o domestici? In una scena del film Luca e Toni vengono definiti domestici, fintamente randagi, in quanto si lamentano, dicono di voler provare nuovi stimoli, sognano di fuggire lontano, ma poi nella realtà dei fatti proprio come gli animali domestici alla fine sembrano "star bene dove stanno". E allora noi questa domanda non potevamo non rivolgerla ai due attori, Giacomo e Andrea, che ci hanno risposto così: (Andrea Lattanzi) “Randagio, vado così, diretto”. (Giacomo Ferrara) “Io nella vita quotidiana credo di essere molto più domestico perché sono molto abitudinario, spesso ho paura di uscire dalla comfort zone però mi capita di essere un animale randagio quando faccio arte perché è lì che supero i miei limiti quotidiani. Ogni volta (che recito) vado alla ricerca dei personaggi o di migliorare me stesso attraverso l’arte. Nel mio lavoro è sempre una ricerca continua per uscire da quelle cose e mi ritrovo nel caos, in questo senso a volte sono anche randagio”. La provincia, lo stato d'animo dell'abitare una terra inspiegabilmente inospitale e materna insieme, ci riporta a una regione vicina all’Abruzzo, le Marche, a quello che Leopardi scriveva quando insofferente guardava Recanati, alla vita monotona, vista come una prigione che impediva al suo ingegno di muoversi verso “l’infinito”, e ai pensieri intrisi di nostalgia dolceamara che spesso lo riportavano comunque lì, a casa sua.
E poi la faccenda del "fine vita". Luca e Toni a un certo punto della storia si troveranno a riflettere sul peso della vita e della morte. Arriva quell'annosa questione che sembra avere in Marco Cappato e la vicenda Dj Fabo un prima e un dopo nella storia italiana. È giusto che qualcuno muoia quando vuole, senza soffrire? A questo ci fa pensare un film esordio sul grande schermo di una regista con uno sguardo affascinante. Come ha sottolineato Giacomo nella nostra intervista: “In questo film c’è una ricerca di un linguaggio personale di Maria e credo che lei abbia pensato Animali randagi per la sala. Al festival del cinema di Bari tutti, indipendentemente dalla fascia d’età, volevano parlare del film dopo la proiezione, è stato un momento di aggregazione in cui ciascuno può aver un pensiero opposto e avere l'occasione di parlare di quello che pensa”.