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Diciott’anni e non sentirli (i trapper): “Meglio The Beatles everyday. Mentre i Maneskin...”. Da Correggio (ma senza Ligabue) un libro lettera d'amore di Federico Martelli a McCartney, Lennon e soci Fab Four

  • di Emiliano Raffo Emiliano Raffo

21 luglio 2024

Diciott’anni e non sentirli (i trapper): “Meglio The Beatles everyday. Mentre i Maneskin...”. Da Correggio (ma senza Ligabue) un libro lettera d'amore di Federico Martelli a McCartney, Lennon e soci Fab Four
Esce per Officine Gutenberg “The Beatles everyday”, esordio di Federico Martelli, diciottenne di Correggio (“Ma il Liga non mi ha influenzato”). I Fab Four che si sono imposti su trap e Måneskin, com’è possibile? “Non mi sento un alieno, ma sono cosciente di essere diverso da molti miei coetanei. La mia è una passione che mi accompagna da sempre e il prossimo dicembre, a Parigi, vedrò Sir Paul McCartney dal vivo. Vorrei dirgli che, senza saperlo, ha scritto le canzoni della mia vita”

di Emiliano Raffo Emiliano Raffo

I Beatles raccontati con gli occhi e la penna trasognata di un ragazzo di 18 anni, Federico Martelli, che per i tipi di Officine Gutenberg ha appena dato alle stampe “The Beatles everyday. Tutte le canzoni dei mitici Fab Four raccontate da un ragazzo di oggi, giorno dopo giorno”. Di un ragazzo che a settembre inizierà la terza liceo Linguistico. Passioni? Lettura, musica, il calcio da quando ha sei anni, i videogiochi. E scrivere, ovviamente… “La normale vita di un diciottenne, immagino”, dice Federico. Educato, limpido, appassionato. Fa effetto sentirlo parlare, privo com’è di qualsiasi forzato accento street. Figlio della provincia emiliana, ha incrociato uno dei sentieri più nobili e battuti di ciò che oggi rientra nel classic rock. Scopriamo come.

Federico Martelli
Federico Martelli
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Sei di Correggio (Reggio Emilia), la terra di Ligabue. Ne senti l’influenza?

“Direi di no, il Liga non è fra i miei artisti preferiti”.

Un feeling migliore con Pier Vittorio Tondelli, forse, altro grande nativo di Correggio?

“Sì, un po’ di più”.

Come sei arrivato a questo libro d’esordio?

“Sono sempre stato un grande fan dei Beatles, fin da quando ero molto piccolo, perché era ed è la band preferita dei miei genitori. Anche quando ho raggiunto un’età che mi consentiva di scegliere da solo, senza condizionamenti, ho comunque di nuovo scelto loro. Il libro, frutto spontaneo di tante canzoni imparate a memoria, è un tributo ai quattro di Liverpool. Un ringraziamento personale, anche se Paul McCartney e Ringo Starr mai sapranno di questo mio testo. Ci tenevo a dire ciò che mi hanno sempre trasmesso e comunicato. Un progetto, peraltro, non nato come libro, bensì come pagina Instagram (di cui ora non c’è più traccia poiché rimossa per motivi di “copyright infringement”, nda). Una pagina in cui recensivo le canzoni in modo del tutto soggettivo. Man mano che i post aumentavano, ho iniziato a pensare di farne un libro. Con Gutenberg c’è stato l’accordo ed eccolo qui, pubblicato in doppia lingua (italiano e inglese)”.

copertina
La copertina di "The Beatles everyday", primo libro di Federico Martelli

I genitori, in casa, mettono su la musica che vogliono, ma non è detto che il figlio recepisca. Come mai ti sei agganciato così bene ai Fab Four?

“Escludo che ci sia stato un tentativo di plasmarmi a tutti i costi. Semplicemente, fin da quando ero bambino, ho capito che quella musica era quella che poteva fare per me. Mi sono affezionato alle note, le ho sempre trovate confortevoli. I testi, poi, mi hanno anche aiutato a imparare meglio l’inglese. I Beatles mi sono subito entrati dentro, diciamo”.

Mettiamo l’accento su questa tua visione soggettiva. Cosa ti trasmettono i Beatles?

“Ogni loro canzone mi può migliorare la giornata. I Beatles sono un piccolo mondo in cui rifugiarmi per stare bene. Hanno sperimentato, hanno esplorato vari generi e atmosfere, ma mi danno sempre qualcosa. Qualcosa di positivo e di difficile da descrivere”.

Qualche sentimento/esperienza particolare legato/a una canzone?

“Il mio pezzo preferito è “In my life”, scritta da John Lennon. È un brano che mi incanta e mi distrae sempre. Mi porta lontano, in poco più di due minuti mi toglie ogni ansia. L’album “Help!” (1965), inoltre, lo ascoltavo sempre quando ero piccolo perché mi piaceva molto il film omonimo di cui è la colonna sonora. Mi riporta, in punta di nostalgia, ai tempi in cui mi svegliavo presto alla mattina per ascoltare i Beatles prima di andare a scuola”.

Hai mai smesso di ascoltarli?

“Solo all’inizio delle scuole medie, forse, ma perché ascoltavo meno musica che negli altri periodi della mia vita. Per il resto ci sono sempre stati”.

Tu, i tuoi coetanei e i Beatles, che oggi sembrano più che mai lontani dagli interessi di un diciottenne del 2024. Ti senti un alieno quando esci con gli amici?

“Se penso alla maggior parte dei miei coetanei, i miei gusti musicali sono molto distanti dai loro ma questo non mi ha mai creato problemi. Ognuno di noi è diverso, va bene così. Ho alcuni amici che amano i Beatles e il Britpop, ma mi piace discutere con chi ascolta qualcosa di completamente diverso. Mi piace capire. Mi sento diverso, ed effettivamente lo sono, ma non è un problema”.

Neppure in gita scolastica si sono creati momenti di naturale frizione?

“Sì, sull’autobus è capitato di cogliere un certo stupore quando i miei compagni mi vedevano immerso nei Beatles con gli auricolari. Mi sarebbe piaciuto si fossero incuriositi. Il fatto che l’anno scorso sia uscita una “nuova” canzone dei Beatles ha comunque rimesso in circolo il loro nome anche fra i più giovani. Una buona occasione per conoscerli”.

Come l’hai vista l’operazione di “Now and then”?

“Per me è stato qualcosa di fantastico perché non avrei mai pensato di poter assistere, in vita e in diretta, all’uscita di un “nuovo” pezzo dei Beatles. Ricordo ancora il mio incanto, alle 15 del 2 novembre 2023, davanti al primo ascolto di quel pezzo”.

Album preferito a parte “Help!”?

“Forse “Revolver”, ma tra un paio di mesi potrei cambiare opinione”.

Quale album potrebbe fare più presa sulla Generazione Z?

“Alcuni pezzi abbastanza sottovalutati si trovano sul lato b di “A hard day’s night”. Pezzi energici e pieni di significato. Possono colpire nel segno”.

Federico Martelli
Federico a Abbey Road, Londra

Quante canzoni affronti nel libro?

“Duecentoventuno. Partivo da duecentoquindici – tutte le canzoni presenti negli album tranne quelle incluse nelle tre “Anthology” –, poi ci ho aggiunto quattro brani solisti, “In spite of all the danger”, pezzo che avevano scritto quando ancora si chiamavano Quarrymen, e infine “Now and then”.

Se ora avessi davanti Sir Paul McCartney cosa gli diresti?

“Cercherei di descrivergli cosa hanno significato per me i Beatles, perché lui, senza saperlo, ha scritto la colonna sonora della mia vita. Tra l’altro il 4 dicembre avrò l’occasione di andarlo a vedere, dal vivo, a Parigi. Credo che comunque, se me lo trovassi davanti, a malapena riuscirei a parlare. Senz’altro lo ringrazierei”.

Prima abbiamo citato la trap. Senti più vicini i Måneskin, forse?

“Li apprezzo. Li ho anche visti la scorsa estate a San Siro. Non sono un grande fan della loro dimensione live, ma molte canzoni mi piacciono. Però i miei coetanei che ascoltano i Måneskin sono senza dubbio meno numerosi di quelli che ascoltano trap”.

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