Dopo tutti i dissing beceri tra Fedez, Tony Effe e gli altri, un bel tafferuglio culturale ci voleva. Tutto nasce da una storia pubblicata su Instagram da Filippo Giardina in cui critica un post di Tlon, ovvero Maura Gancitano e Andrea Colamedici: editori, scrittori, organizzatori di spettacoli a teatro e di festival della filosofia, ma soprattutto influencer. “Viviamo sommersi da un diluvio incessante di contenuti culturali. Ogni mattina ci svegliamo e troviamo decine di nuovi libri sugli scaffali delle librerie, nuove serie TV che debuttano sulle piattaforme di streaming e al cinema, album musicali che sgomitano per conquistare la nostra attenzione già frammentata”, scrivono i due influencer sul loro profilo Instagram, aggiungendo un contenuto culturale al diluvio incessante che loro stessi biasimano. La cosa non sfugge a Giardina che, buttando acqua al temporale, riposta il passaggio nelle stories commentando: “Detto dalla pagina che posta 20 stories al giorno, consiglia/vende libri e conferenze, suggerisce tecniche di attivismo, recensisce film, parla di guerra, bodyshaming, femminismo, abilismo e talvolta dà trucchetti di make-up…suona leggermente paradossale”. Una semplice osservazione di principio, in qualche modo autoevidente, ma precisa ed esatta. Si chiama satira, e ricorda uno dei fondatori del genere, il commediografo greco Aristofane, che nelle “Nuvole” prendeva per il culo i sofisti ateniesi che facevano i filosofi per professione, più che per passione. Come avviene oggi per gli influencer, anche se il loro core business è la (pseudo)filosofia. Sta di fatto che questa volta, a differenza del Socrate preso in giro da Aristofane, i filosofi non l'hanno presa con filosofia. Anzi, hanno reagito come avrebbe fatto, indovina un po', un influencer. Una bella live di conforto, per sé, e sconforto, per Giardina. Sentiamola, raccontata dalle parole del comico.
“Dopo la mia storia, Maura e Andrea di Tlon hanno sentito l'esigenza di fare una diretta su Instagram con i loro 300mila follower, nella quale hanno dato del fallito, infelice, rancoroso, frustrato, illuso e invidioso a chi ha osato criticarli”. Eppure, se non ci fossero state le critiche, la storia della filosofia non esisterebbe. Il pensiero occidentale è un dissing ininterrotto, dai tempi di Talete in avanti. Senza addentrarci troppo in particolari accademici, ciascun filosofo si è basato sulla teoria di qualcun altro, criticandola e portandola oltre. Aristotele dissava Platone e i presocratici, le Meditazioni di Cartesio recano ancora adesso in appendice le obiezioni mosse da Caterus, Hobbes, Gassendi, Arnauld e Mersenne, con tanto di risposte dello stesso Descartes. Kant elaborava il suo pensiero critcando Hume, Marx sviluppava il suo pensiero criticando Hegel e avanti così; non risulta che nessuno si sia mai offeso. Così Giardina ha perfettamente ragione quando scrive che “A casa mia, ma credo anche a casa di Socrate, a una critica bisognerebbe rispondere nel merito e non facendo una raffazzonata diagnosi psichiatrica della persona che ha messo in luce un paradosso”. La satira, che è il mestiere di Filippo, assolve un compito ben più filosofico delle bonarie e consolatorie constatazioni proposte in generale da Tlon: mette in crisi ciò che vorrebbe essere, in qualche modo e a sproposito, rassicurante. “Argomentum ad hominem”, conclude Giardina, “ci si allontana dall'argomento della polemica contestando non l'affermazione dell'interlocutore, ma l'interlocutore stesso”, aggiungendo come chiosa uno “Strudel!” finale. Maura Gancitano, da buona influencer, controbatte con un'altra storia su Instagram, in cui ribadisce che loro parlano dei temi, che non gli interessa creare dissing e insultare le persone “però c'è chi non fa altro che cercare lo scontro. Si sta dicendo che in una diretta di oggi avremmo fatto diagnosi psichiatriche su qualcuno, ma stavamo parlando del tema del post. Sapete benissimo che non è la nostra cifra. Lo dico per chi dovesse leggere le accuse, assolutamente pretestuose”.
Per capire chi possa avere definitivamente ragione dei due, da un punto di vista filosofico, basta leggere il post di Tlon che ha fatto maturare in Filippo Giardina l'idea che fosse ora di criticare pubblicamente i due filosofinfluencer. Il modello delle loro analisi è quasi sempre il seguente. Una blanda critica sociologica iniziale del problema, in questo caso il mondo della cultura che “è diventato una catena di montaggio impazzita”, con buona pace di Theodor Adorno che lo scriveva già nel 1944, ma che a differenza di Tlon spiegava che il segreto di questo degrado era “l'obbediente accettazione della gerarchia sociale”, e che il suo problema era quello di “assolutizzare l'imitazione”. In parole povere: una cultura fatta di prodotti tutti uguali, che non cambiano nulla né a chi li consuma né alla società. Un po' come i post su Instagram degli influencer culturali, che criticano il sistema stando attenti a non fargli troppo male. Il secondo punto metodico che si ritrova nei pezzi di Tlon, infatti, è proprio quello di scaricare la responsabilità su chi già soffre la situzione di partenza, ilquale agisce male. forse perché pensa male: “accumuliamo liste infinite di libri da leggere, di serie da vedere, di musica da ascoltare”. Poi, ultimo punto, come se si fosse alla Messa: non c'è soluzione, ma assoluzione: “Si tratta di imparare a vivere tra i detriti di questo naufragio. Di accettare che scaviamo tra infinite stratificazioni di contenuti alla ricerca di qualcosa che forse non esiste più: il tempo lungo della creazione, il respiro profondo dell'arte, la sedimentazione lenta del significato”. C’est la vie, come se il tempo lungo della creazione non venisse a mancare per colpa dell'evoluzione tecnologica del capitalismo, che non viene citato quasi mai da Tlon perché, ipotizziamo, troppo poco trending come termine filosofico. Come se la sedimentazione lenta del significato fosse qualcosa di rintracciabile in una storia su Instagram. Vogliamo metterla giù in maniera efficace? Adesso tocca a noi con le lezioni di vita: per spezzare davvero l'incantesimo bisognerebbe che Tlon postasse una sola immagine, tutti i giorni, a ripetizione. Una scritta, bianca su sfondo nero: “Posate questo fottuto smartphone e aprite un libro. Uno qualsiasi. Leggetelo, finitelo, sottolineatelo, poi tornate qui e leggete di nuovo questa pagina”. Perché il tempo passato a guardare gli influencer è tempo rubato alla lettura.