“I Golden Globe, l'unico show di Awards con un open bar”: queste le prime parole di presentazione di Jo Koy (chi lo conosce). Ecco il primo errore: perché anche i Critics Choice Awards ce l’hanno. I Golden Globe, ovvero la famosa serata dei premi (finti) cinematografici più fetidi di Hollywood (adesso sotto gli occhi di tutti), dopo essere stati messi in naftalina da 2-3 anni e dichiarati morti (nonostante vari tentativi di rianimazione) per motivi che tutti sanno, sono sembrati tornare in vita domenica scorsa (2 giorni fa), anche se i risultati non sono stati quelli che Todd Boehly, Penske Media, Cbs e la sorella in streaming, Paramount+ si aspettassero. Perché? Perché i Golden Globe sono morti con le accuse (giustificate) e le inchieste (provate) vidimate da attori, giornalisti e pubblicisti che in blocco hanno prima attaccato e poi boicottato, rigettato e cancellato per sempre rispetto e opinione di equità che il pubblico aveva per la Hollywood Foreign Press Association, 87 membri di una cricca selettiva e impenetrabile compresa di giornalisti, reporter, fotografi, pubblicisti, scrittori, amici, cameraman e pensionati d'oro. Nonostante le aspettative di tutti, ho visto chiaramente la serata come “la più grande truffa perpetrata a giornali, giornalisti e addetti ai lavori”, che non vedevano l’ora di cominciare la stagione dei premi con il solito melange “esotico-esoterico” della Hfpa. Ho usato il termine esoterico appositamente, visto che secondo la Treccani esotico vuol dire: straniero, forestiero, stravagante, strano, bizzarro, curioso, originale, insolito. Caratteristiche che descrivono perfettamente quel piccolo manipolo di giornalisti che per anni e anni ha controllato le nomination e gli umori di tutta Hollywood nel periodo pre Oscar. Nato nel 1943 sotto il segno “l’unione fa la forza”, per meglio organizzare e distribuire le notizie del settore entertainment nei rispettivi paesi, era diventato invece, da anni a questa parte, polo di critiche e di accuse, sia da parte di giornalisti che di attori (Tom Cruise ha restituito i premi vinti) e di lavoratori del settore - famosa la polemica #noinclusion #nodiversity di qualche anno fa con zero nomine rilevanti per film, attori e registi neri, scandalo scoppiato grazie ad un tweet di Ava DuVernay: “Nella Hfpa non ci sono membri che rappresentano la comunità nera, anzi è prassi comune, non solo di quest’anno. Tra gli snobbati con zero nomine film come Da 5 Bloods, Malcolm & Marie e I May Destroy You. Mentre la serie Emily in Paris ha ottenuto due nomine dopo che 30 membri della Hfpa sono stati invitati a passare un weekend al Peninsula di Parigi, hotel a 5 stelle con stanze a partire da 1,400 dollari a notte”.
Se questo scandalo toccava la parte creativa e critica (e/o la mancanza) dell’organizzazione, il colpo definitivo alla botte Hfpa veniva dato da motivazioni che esulavano da una coscienza sociale e scelta di film e attori, ma che toccano da vicino metodologie e pratiche lavorative da cartello mafioso per un’organizzazione che, auto-definendosi no-profit, riusciva a far guadagnare a tutti i suoi 87 membri centinaia di migliaia di dollari in salari annuali, provenienti da - cifre e dati La e New York Time Magazine - trasmissioni di diritti televisivi, ma anche da (conflitto di interesse) sponsorizzazioni studio, Pr, apparizione pubbliche di vip, partecipazione pagate a festival, vendita di postazioni red carpets al miglior offerente, per non parlare poi di viaggi, hotel e regali forniti loro dai vari studios e produttori, che hanno tutto l’interesse di usare i Golden Globe, ed eventuali nomine, come biglietto di presentazione per i successivi Oscar. Dopo tutti questi scandali e accuse (non ultima una minaccia di controllo fiscale I.R.S. per tutti i membri) e lo statement scritto di una coalizione di 102 aziende pubblicitarie che hanno promesso di non lavorare più con l'Hfpa fino a quando questa non prenderà provvedimenti a favore dell’equità. L’Hollywood Foreign Press viene sciolta e pregata di adeguarsi allo status “vigente” di normalità col risultato di un fuggi fuggi cerca cerca generale per reclutare altri 250 giornalisti veri sparsi per il mondo (anche in Italia) che l’avrebbero portata a standard soddisfacenti per l'intera comunità. Qualche mese dopo, secondo un comunicato stampa, la nuova ripartizione dell'Hfpa è ora 25% latini, 14% asiatici, 10% neri, 9% mediorientali e 42% bianchi, con “almeno” il 17% che si auto-identifica come parte della comunità Lgbtqia+ con nuovi membri residenti italiani, finnici, africani, egiziani e mesopotamici. Non voglio nemmeno addentrarmi in questi due anni del cambiamento di status da non-profit a profit; alle clausole di buy out di tanti giornalisti (offerti 75mila all’anno per 4 anni) e di altri accorgimenti legali-salariali per non perdere quello status symbol ottenuto grazie al “duro lavoro” di promoter. Ma non è questo il punto. Il punto è che i Golden Globe sono la più grande truffa perpetrata ai danni di giornali, critici e giornalisti del ventunesimo secolo proprio sotto gli occhi di tutti, con la complicità di tutti, con i risultati che avete visto e in cui ci si beatifica grazie alla passione per il cinema che ci contraddistingue e che ci fa “tifare” passionevolmente per un film o l’altro (pseudo gomitate e richiami al var inclusi). Con una messa in scena di uno show tv presentato da un Mc - Master of Cerimony - sconosciuto (dopo il rifiuto di decine di vip come Chris Rock, Ali Wong, tina Fey, Will Arnett, Sean Hayes e anche Jason Bateman), che (camuffandosi) vuole convincervi (giornali e publicist) del valore dei suoi giudizi. Ed è questo che voglio sottolineare: la triste realtà che i Golden Globe sono morti, devono morire, li dobbiamo uccidere noi, ne va della nostra integrità professionale proprio e soprattutto perché il marchio non più controllato da professionisti del settore (hahahah) è ora definitivamente in mano a privati, preda di co-proprietà di un miliardario e di una società di media, tra le cui proprietà ci sono compagnie tv e riviste specializzate come Variety, The Hollywood Reporter e Deadline che non a caso beneficiano della pubblicità (a livello promozionale-industriale) legata ai premi.
Ecco il perché del titolo, la ragione dell’articolo. Ecco la truffa perpetrata con l’unico scopo di recuperare le decine e decine di milioni di dollari che la trasmissione televisiva portava nelle tasche sia dell’Hfpa che di Todd Bohely/Penske e chi per altro manipolava i burattini dietro le quinte. Altro che giudizi e critiche professionali cinematografiche. E lo dico forte dei vincitori (tutti meritevoli al 100%) elencati senza sorpresa alcuna, in rapida successione, uno dopo l’altro: nero, asiatica, altro nero, due asiatici, Robert Downey Jr., icona di potere; donazione di 5milioni a studente/regista nero e donna asiatica; ancora serie tv asiatica, presentatori messicani; nomina Lgbtq, Best Comedian a Ricky Gervais, l’unico che li ha sempre odiati; best director e spero finalmente in Greta Gerwig, una donna. No, Nolan invece, la donna l’hanno premiata con il blockbuster 150milion movie. Il peggio della serata? La cosa più insopportabile? La casualità degli attori stessi (alcuni non si sono presentati), dei loro publicist, agenti oltre che i titoli dei giornali che urlano e stampano ai quattro venti “15 nomine a Bibi e 3 nomine a Bibò; Maestro, l’unico film in cui il naso di Bradley Cooper è più grosso del pene di Barry Keoghan alla fine di Saltburn”; oppure ancora “Barbie il film femminista pieno di ‘tette’” (l’ha detto il presentatore, non io), che ben sapendo tutto quello che ho scritto sopra, si sono vestiti, e si sono presentati per partecipar e ritirare i fucking premi. No shame. This is Hollywood. È proprio vero quello che cantavano i Queen: “The Show must go on”.