Non sono quello che sono di Edoardo Leo arriva sul piccolo schermo. Il suo Otello in romanesco. In una sorta di Romanzo Criminale shakespeariano, Leo guarda l'opera del drammaturgo e la spoglia, la rilegge, la traduce, la ripensa. Forse l'ha fatto in una stanza con poca luce, forse con tanti libri e parole sparse sulla scrivania a cui ispirarsi. O magari non è andata proprio così, ma ci piace pensarlo. Perché guardando il film in sala qualche mese fa abbiamo potuto sentire sulla nostra pelle un legame speciale tra il regista e attore protagonista e la storia. È come se Leo avesse accarezzato l’opera, insieme ai suoi versi, ai personaggi, alle caratteristiche e ai ritratti ruvidi e dolorosi di quei maledetti uomini che un tempo la popolavano, per poi scegliere oggi di farcela riscoprire, come fosse la prima volta. Intrecci in Shakespeare che hanno l'odore della morte e in cui l'amore forse non ha mai davvero trovato spazio. E così restano in Non sono quello che sono.


Siamo a inizio degli anni Duemila. C’è una losca organizzazione criminale che si occupa di traffico di droga che vive sul litorale romano. Iago (Edoardo Leo) cova del rancore verso Otello (Jawad Moraqib) per avergli negato una promozione andata invece al più giovane Michele (Matteo Olivetti). Con l'aiuto di Roderigo (Michael Schermi), e ingannando persino la sua stessa moglie, Iago elabora un piano per far sì che il boss diventi geloso della ragazza che ha appena sposato, Desdemona (Ambrosia Caldarelli), a causa di un presunto tradimento proprio con Michele. Non sono quello che sono è un film che dovrebbe essere visto nelle scuole, nelle case e restare impresso nelle menti affinché ci si difenda ogni giorno dalla gelosia. Le si impedisca di entrare dentro di noi e di impossessarsi anche solo per un istante della nostra testa. Il cinema, lo abbiamo ripetuto in più occasioni, non ha nessun compito, se non quello di farsi guardare attraverso. Ma quando un titolo tutto italiano come Non sono quello che sono riesce, con una certa fedeltà, a trasmettere oggi, nel 2025, lo sguardo di una donna sola di fronte al male del mondo, sbattendo in faccia alla nostra società violenta e confusa una realtà così cruda, allora il suo valore è innegabile e va precisato.


A casa, davanti alla tv, guardate Desdemona negli occhi. E poi, stampatevi il suo volto corroso dalle lacrime per una sofferenza mai imposta ma solamente subita. Fissiamoci Desdemona nella mente come se avessimo davanti a noi, al posto di quell'anima ferita, il nostro più grande amore al mondo. A cui non faremo mai del male. Anche se ci tradisse, anche se scappasse, anche se si rivelasse una persona diversa da quel che avevamo sempre pensato che fosse. E così impedire alla malattia della gelosia di avvicinarsi al nostro amore (che altrimenti non potrà mai più definirsi tale) per poter gridare, fieramente, 'di essere quello che siamo'.
