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Elegia Americana su Netflix, tratto dal film di Vance? Vi spieghiamo perché è un film di mer*a. Volete davvero capire il successo di Trump negli Usa? Ecco cosa dovete guardare

  • di Helena Velena Helena Velena

23 luglio 2024

Elegia Americana su Netflix, tratto dal film di Vance? Vi spieghiamo perché è un film di mer*a. Volete davvero capire il successo di Trump negli Usa? Ecco cosa dovete guardare
Tutti parlano di Elegia Americana, il film tratto dal libro J.D. Vance e che racconta la storia del candidato vicepresidente scelto da Donald Trump. Pochi hanno però il coraggio dire che quel titolo presente nel catalogo di Netflix è un’overdose di buonismo elettorale. È pieno di scene già viste e non spiega un bel niente degli Usa e dell’America Profonda. Siete fan del politically correct? Allora meglio che non leggiate questo articolo... In caso contrario, vi consigliamo alcuni film che vale davvero la pena guardare per capire perché Trump potrebbe essere il prossimo presidente Usa

di Helena Velena Helena Velena

Quindi grazie all’unzione di dio (rigorosamente minuscolo) della striscia di sangue sull’orecchio destro (sì, lo so: l’attentatore “stava” a destra, ma sembra che tutte le simbologie debbano essere davvero perfette), ormai è quasi certo che "Tramp" (posso scriverlo così, nel senso di tro*a, barbone, puzzone, mendicante?) vincerà le elezioni… Mica per merito, l’abbiamo capito, ma per “Perfetta Messianica Simbologia”, cioè PMS, Pre Menstrual Syndrome, che è ciò di cui “soffre” la democrazia americana in questo periodo. Isteria, facilità all’incaz*o, scarsa propensione a ragionare razionalmente, ma solo attraverso il “mal di pancia”… Sì, lo so: è un fenomeno fisiologico, della raggiunta maturità, quella della democrazia appunto. Non che "era meglio morire da piccoli con i peli nel cu*o a batuffoli/che morire da grandi soldati con il pelo del cu*o bruciati”, ma piuttosto che diventando adulti, invece che con la realpolitik, ci si scontra con la certezza drammatica che Babbo Natale non esiste. E allora si finisce, in minigonna con le amichette a mezzanotte alla Striscia, ma quella Pedonale del Pigneto, a scandire “Stop al genocidio” con le vocine come se si stesse cantando l’ultima canzone di Tananai, per poi sedersi a prendere un mojito al Tuba, ex libreria femminista intersezionale, ora baretto chic radical femminista ancora più intersezionale dove si odiano ufficialmente i maschi bianchi eterosessuali, che devono vergognarsi di essere tali, ma se non sono bianchi ma “nostri fratelli migranti” allora i tavolini sono tutti per loro e ci scappa pure lo spritz offerto.

Elegia americana
Una scena del film Elegia Americana
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Ora, in questa farsa che si ripete marxianamente in tragedia con il "Tramp 2", abbiamo scoperto chi sarà il suo vice. Uno “scrittore” che ha pubblicato un “successo editoriale annunciato” annunciato (la ripetizione non è un errore), un po’ come Elena Ferrante, da cui è stato tratto un film Netflix. E con buona pace sia dei Propal che dei fans di Moretti (Nanni, non l’ex capo delle Brigate Rosse), circa sovrapponibili, i fan, Netflix non fa cose di destra. Fa cose che vendono e funzionano e soddisfano i rispettivi target, sia che sia la versione cinematografica di un successo annunciato, altrettanto non politically correct, ma di destra, sia che si tratti di un dramma genderfluid ma di sinistra. Così mi vedo questo Elegia Americana, che già nella traduzione, grave problema della storia della cultura popolare italica mai terminata, dal tempo del Minculpop prima fascio, poi democristiano, poi Piddino e ora Meloniano, che fa tradurre gli Urania o i film tutti con nomi e titoli a prova di deficienti ottenni e mezzo, che è meglio che capiscano tutti di che si tratta, finendo poi a fare ridicoli strafalcioni e ammazzando grandi film con titoli idioti, ma di cui ora non parleremo, - ha un titolo davvero idiota. Perché l’elegia era quella hillbilly, che è un insulto peggiorativo, come buzzurro, coatto, borazzo… Diciamo “buzzurro”, bifolco, grezzone. Ci siamo? Elegia del buzzurro, non “americana”, anche se qualcuno insinuerà che al momento attuale i due termini sono sinonimi. Ma non siamo più ai tempi di Steinbeck, e Hillbilly Elegy non è The Grapes of Wrath, o meglio Furore, come il grandissimo D’annunzio anarco/azionista (non fascista) dell'Impresa Fiumana genialmente suggerì.

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Il film è presente nel catalogo di Netflix

Bene, sto film mi sta così sul caz*o che dopo averlo interrotto otto-nove volte, ho deciso di scrivere la recensione neanche arrivata a tre quarti. Non si tratta di un capolavoro, ma proprio per nulla. Non è neppure un’Elegia del White Trash, cioè la versione bianca dei Niggers, cioè del proletariato rurale americano, i Rednecks appunto, quelli che hanno il colletto abbronzato perché lavorano in maglietta tutto il giorno sotto il sole. Buzzurri, proletariato, o sottoproletariato di campagna, una categoria che Marx proponeva di ignorare completamente in quanto impossibili da essere educati alla Rivoluzione. E non perché siano il Rusco del Brusco, il Marcio della Ribellione Totale, ma perché sono appunto le mer*e (italiche) che con du’ spicci in più nella saccoccia generavano, nei decenni passati, la piccolo borghesia di Alberto Sordi. Non è la storia di una famiglia disagiata vista dagli occhi di un bravo bambino, un bravo ragazzo che vuole tirarsi giù le maniche e mettere una camicia per non abbronzarsi perché ha tutta la forza di volontà per farcela, a dispetto di una famiglia di mer*a, col padre assente e una madre tossica. Sembrerebbe, ma non è. E dato che l’America, ricordatelo sempre, è stata fondata e colonizzata da avanzi di galera, predicatori e italiani, oltre che la mafia abbiamo esportato là anche il "familismo amorale", che è poi il vero e unico tema di sto caz*o di film orrendo, o meglio un mega spot elettorale. “Ricordati che la famiglia è l’unica cosa che ha un caz*o di valore” gli dice la nonna, al nostro quasi sicuramente nuovo vicepresidente degli Stati Disuniti D’America governati da Tramp, con la sua faccina pacioccona da bravo ragazzo che poi, con la maglietta dei Def Leppard (il più scarso gruppo di tutta la storia dell’hard rock, insieme ai Thin Lizzy, ma non si può dire perché nel primo ci sono dei “disabili”, nel secondo un “mezzo neg*o”) finirà a fare la sua particina di teppistello adolescenziale, perché tutti siamo stati un po’ birichini da ragazzini, come Chico Forti da grande (Ps. In My Humble Opinion assassino, sia chiaro), e abbiamo fumato pure le canne, naturalmente senza aspirarle…

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Donald Trump insieme a J.D. Vance

Insomma, invece che una tragedia white trash, siamo in presenza della versione maschile di “io sono Giorgia”, solo che lui non è una mamma, ma un mammo sì, bravo cocco di famiglia, e il livello di ribellione in questo film è perfino superiore a quello di commedia con dialoghi buonisti pseudo intellettuali scespiriani per ottenni e mezzo di Fear of The Walking Dead. Un decaffeinato di mer*a, in pratica (“ciofeca” fa troppo boomer, ma capirai!). Quindi scopriamo che la mamma, “anche se è una tossica che fa di ero e succhia tutti i caz*i che le capitano a tiro”, è sempre la mamma, e la mamma non si tocca perché la famiglia è tutto. Che invece di essere apologia dei rapporti familiari è poi il principio fondante della mafia. La nonna comanda, e tutto va messo in gioco per il successo del figlio maschio (etero, timorato di dio e cocco di nonna) che dovrà diventare un capo ‘ndrina e poi un boss di livello internazionale, o meglio, in questo caso, il vicepresidente degli Estados Unidos, straight from Lucania, opps Ohio State. Sappiate inoltre che gli ultimi 10 minuti credo di averli visti in 5-6 frammenti, a denti stretti dalla noia e dall’emotional sickness per una storia così zuccherosa da essere più tossica delle Chinese Rocks della mamma…. Na roba da non reggere proprio, retorica, buonista, na' roba in sostanza, che la versione maschietta di “sono Giorgia, sono una mamma” fosse fatta in film sarebbe forse forse un poco più briosa… Ah per dire: il film è pieno di “parolacce” articolatamente creative, che così i bifolchi della classe media si divertono ad arrossire nel sentirle, questo è il livello… Quindi caro cocco di mamma e di nonna di mer*a (lo dice pure lui), bravo a scuola e scarrafone a nonna sua, se diventi vicepresidente sappi che mi devi rimborsare 4 anni di abbonamento a Netflix solo per aver sopportato fino alla fine, proprio fino alla fine, questa poltiglia pappolosa elettorale. Sei avvertito, a tuo rischio, e davvero pericolo di abbiocco nel tuo proprio vomito, che come ogni buon junkye anche di buon cinema sa, porta a crepare. Mi ha perfino rovinato i capolavori del cinema tossico come Requiem for a Dream, che adesso mi toccherà vedere 5 volte in binge watching intermezzato da Trainspotting e Drugstore Cowboy. J.D. Vance no more! Ma non è finita... 

Donald Trump
Riuscirà Donald Trump a farsi portavoce dell'America profonda?

Due ultime cose. Se volete vedere un vero film sui rednecks, gli hillbillies e la white trash americana, capendo perché questa gente non ha nessun potenziale rivoluzionario di sinistra se non l’esprimere valori indecentemente conservatori e reazionari, anche se si fa le pere e ascolta gli AC/DC e Ted Nugent, guardatevi Louisiana (The Other Side) di Roberto Minervini… Eroina, tradizione, tattoos, miseria, nulla valoriale, famiglie esplose, menti implose, trailer parks, fucili sui pickups, valori conservatori, rabbia rivoluzionaria fascista, e sotto sotto le vere basi del pensiero nazionalboscevico senza essere consapevolmente né nazista né bolscevico, ma solamente dei caz*oni, anche magari giustamente incaz*ati, dei buzzurri traditi, degli elettori quando serve e poi abbandonati a sé stessi nel post ’68 (e pure post Iraq, nel caso specifico americano) di un sogno non tanto americano ma di sinistra, davvero di ses*o, droga e rock’n roll finito nella mer*a senza un sistema valoriale sovversivo ma solo come prassi dello sballo sancito dal Turbo Consumismo Reale. E, seconda cosa, per quanto riguarda il rock'n roll, capirai perché è la musica dei boomers, dei conservatori, dei normaloidi e perfino dei fasci, in una terra in cui se i Grand Funk, la risposta e forse meglio americana ai Rolling Stones, erano cristiani, e Ted Nugent, ma anche Neil Young e i Ramones repubblicani, bè, a Salvini piace Vasco (non ricambiato) e tutto torna. D’altro canto gli amici losers che dovrebbero finire entro 5 anni in galera o coi food stamps, ascoltano Testament e soprattutto Voivod, e sarebbero quelli giusti da frequentare, soprattutto il polacco dolce, carino e genderfluid… Ma no, cocco di nonna preparatrice di futuri boss del malaffare della politica (e della politica del malaffare?) per essere perfetto deve essere anche iconico, e quindi vai di simboli, Metallica, solo il logo (sennò ne nasce una questione su quale periodo si preferisce, e allora si finisce nella politica), e Fender, per accontentare tutti i rednecks roccaroli. Detto questo, l’hai capita o no che la nonna che parla come uno scaricatore di porto in un villaggio il cui mare è a migliaia di miglia (siano in America) di distanza, insulta e aggredisce tutti però, sotto sotto, è buona ed è il suo mentore istruttore e capo clan, mentre il gigante buono pacioccone che ha messo la testa a posto, l’avesse mai spostata, per fare il futuro capo clan, pur partendo da Vice, sono in realtà Donald Trump e, bè, J.D. Vance? Bene, ricordalo, e pensaci a questa overdose elettorale di successo annunciato che obiettivi aveva, mentre intanto attenderai i risultati dei polls americani…

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