Nella terza stagione di Emily in Paris avevamo lasciato la responsabile marketing di Savoir, Emily Cooper (Lily Collins) a spasso per Parigi indecisa sul da farsi con il sexy dirimpettaio Gabriel. Vi ricordate il matrimonio mancato tra Gabriel e Camille? Ecco. La promessa sposa aveva svelato proprio davanti all’altare che il suo fidanzato era da sempre innamorato della sua amica americana. Panico generale. La quarta stagione riparte da qui, con la protagonista che cerca di capire cosa vuole, si fa raccontare i mille casini in cui la sua amica Mindy si è cacciata, deve gestire la rabbia del suo (ex?) fidanzato Alfie e soprattutto, gli affari dell’azienda. Senza troppi spoiler possiamo dirvi che Emily dovrà compiere la scelta che procrastina da almeno tre stagioni, ossia “Gabriel o non Gabriel?”. Noi speriamo che Cooper si decida in fretta, visto che la serie si è persa in buchi di trama e continue incongruenze (Emily indossa abiti e accessori da migliaia di dollari ma ritiene di non navigare nell'oro e, ancora, guarda caso tutti le parlano in inglese nonostante lei sia l'unica straniera) ed è ricorsa anche a pubblicità urlate ai quattro venti (la piattaforma di moda di lusso second hand Vestiaire Collective al centro del quarto episodio, per l'occasione del lancio della stagione, ha persino creato una selezione shopping dedicata alla serie). Perché ormai la storia d’amore tira e molla tra Gabriel ed Emily ha stufato ed evidentemente anche chi l'ha pensata non sa più come portarla avanti. Del resto, ammetiamolo, cosa ne sarà di Savoir non ci interessa e la vita privata di Camille non ci ha mai appassionato. L’unica cosa che conta, o per meglio dire, contava, era sapere come sarebbe andata a finire tra l’americana e il francese. Ma dopo questa quarta stagione, francamente, ci è passata anche la voglia di scoprirlo. E questo è un bel problema, visto che una serie, in teoria, dovrebbe basarsi proprio sulla suspence, la costruzione dell'attesa, far sì che lo spettatore sul divano frema dalla voglia di saperne di più sulla storia che sta vedendo sul piccolo schermo.
C'era una volta un mondo in cui muovevano i primi passi serie come Glee, New Girl, Friends e tante altre capaci di combinare leggerezza, intrattenimento e profondità. Queste erano in grado di offrire al pubblico un'esperienza ricca e appagante, capace di andare oltre il semplice svago, come quello che si prova scorrendo distrattamente i video su TikTok o osservando alcuni nuovi prodotti, tutti simili tra loro, che cercano di emergere nel caos delle piattaforme. Era bello lasciarsi trasportare dalla convinzione che, tra una puntata e l'altra di Boris o Scrubs, o in uno scambio di battute demenziali tra i protagonisti, ci fosse una precisa visione del mondo e un'idea di fondo che guidava tutto. Con la stessa abilità di chi sa farti compagnia nelle serate in cui non hai voglia di parlare, tra battute e intrecci più o meno riusciti, queste serie riuscivano (e riescono tuttora) a lasciarti qualcosa, senza mai distrarti facendoti pensare a cosa manca in frigo o se valga la pena spendere il proprio stipendio per comprare la borsa sfoggiata dall'ennesima influencer su Instagram, come invece accade quando si vedono delle serie come Emily in Paris.