Che dietro il personaggio social di Felicia Kingsley, alias Serena Artioli, ci fosse un grande investimento della Newton Compton già si sapeva, ma la denuncia che arriva da parte di un gruppo di loro autrici (che hanno espressamente chiesto di mantenere l’anonimato) ha dell'incredibile. Tra minacce di pesanti risarcimenti e una collaborazione con il quotidiano La Repubblica che avrebbe inasprito i rapporti con Nadia Fusini, presidentessa della Italian Virginia Woolf Society, un'autrice ci ha confessato la propria esperienza in una delle case editrici più importanti del panorama italiano: "Partendo dal presupposto che sono sempre stata una self-publisher, già al momento della firma del mio primo contratto editoriale con Newton avevo notato delle discrepanze. Per legge, la tiratura minima deve sempre aggirarsi intorno alle mille copie, mentre nel mio contratto avevano a stento fissato la metà. Nonostante questo, inizialmente sembrava andare tutto bene. Poi le cose sono cambiate. Quando ho iniziato a manifestare il mio disappunto verso alcune dinamiche riproposte dalla casa editrice, mi sono dovuta 'scontrare' con la stessa Kingsley, che mi ha bloccata sui social solo per le critiche da me rivolte alla casa editrice e che lei doveva aver percepito come una sorta di lesa maestà, dato che Felicia è stata la principale fonte di guadagno della Newton".

Non è un mistero che Felicia Kingsley sia stata trasformata da Newton Compton nella sua autrice di punta: un investimento costante, costruito a colpi di marketing e visibilità social, che ha fatto di lei un marchio commerciale prima ancora che un'autrice letteraria. Ma a colpire, nelle testimonianze raccolte, è il risentimento verso il sistema creato intorno a lei: l’autrice che abbiamo intervistato sottolinea come la Kingsley non sia solo un fenomeno editoriale, bensì il punto di riferimento attorno a cui l’intera politica della casa editrice sembra essersi piegata. Un meccanismo che, inevitabilmente, ha lasciato dietro di sé frustrazione e un senso diffuso di disparità tra chi veniva spinto e chi, invece, veniva lasciato indietro. "Dopo essermi lamentata e aver nominato la Kingsley, mi è stato detto che non potevo mettermi a paragone con una scrittrice del suo calibro. Secondo me, in Newton, si è instaurato un meccanismo per cui alcuni autori sono sacrificabili, mentre tutte le risorse vengono concentrate sulla Kingsley. Eppure, lei ha trattato temi che, se fossero stati affrontati da un autore uomo, avrebbero sollevato indignazione. Invece, le sue pagelle sul sesso degli ex vengono considerate geniali solo perché ritenuta glamour sui social. D'altro canto, le altre autrici che non si prestano a queste dinamiche vengono spinte molto meno".

Parole, le sue, avvalorate anche dalle dichiarazioni di altre autrici (che hanno sempre preferito rimanere anonime) in casa Newton: "È giusto che anch'io racconti la mia esperienza. Dopo aver terminato il mio romanzo, già annunciato dalla casa editrice, mi è stato detto che un’autrice straniera aveva pubblicato un libro sullo stesso tema. Ho poi scoperto che non si trattava di un titolo tradotto, ma di una rivisitazione. Mi è apparso chiaro che, stanchi di aspettare il mio manoscritto, avessero commissionato l’opera a un’altra autrice, bruciandomi così il parco lettori. Ho comunque portato avanti il progetto, pur rendendomi conto che non mi trovavo a mio agio in quell’ambiente. È normale che una casa editrice investa le proprie risorse in modo mirato, ma in Newton la sproporzione era troppo evidente: gli investimenti dedicati agli eventi di Kingsley erano enormi, mentre noi altre non ricevevamo nulla di simile. Quando mi hanno rimproverata al telefono perché non avevo sponsorizzato abbastanza un evento, ho risposto che non ero una promoter ma un’autrice. Da quel momento il clima di tensione è cresciuto. Ho chiesto una ristampa del mio primo romanzo, che aveva esaurito le copie disponibili, ma mi è stata negata". A questo punto, l'autrice racconta anche di come abbia deciso di affidarsi a un'agente con l'obiettivo di tutelarsi: "Nel frattempo, Newton era diventata sempre più tranchant. Pensare che a una mia collega hanno imposto di scrivere solo su un determinato tema, rifiutando qualsiasi altra proposta. Io, invece, sono stata 'punita' attraverso il mio secondo romanzo. Nonostante avessi ancora tre anni di contratto, grazie alla mia agente e ad alcuni appigli legali sono riuscita a svincolarmi. Per anni mi hanno detto che se avessi parlato avrei rischiato una penale da 20mila euro per diffamazione, nel tentativo di spaventarmi. La situazione era diventata minacciosa, tanto che con il mio avvocato eravamo pronti ad avviare un processo. Solo allora hanno inviato una liberatoria per permettermi di uscire”. L’autrice sostiene anche che, sempre in quel periodo, Newton avesse pubblicato un libro da Wattpad che si era rivelato essere nient’altro che un plagio. Nonostante la casa editrice ne fosse a conoscenza, però, pare che nessuno in redazione sia intervenuto subito. “C'è da dire che la Newton ha costruito il proprio potere anche grazie alle relazioni personali del direttore Raffaello Avanzini, che hanno portato a fruttuose collaborazioni con La Repubblica. Felicia Kingsley, ad esempio, ha firmato una prefazione su Virginia Woolf senza avere competenze specifiche, e la stessa Nadia Fusini - massima esperta italiana di Woolf - si è ritrovata le sue note di traduzione critica pubblicate nell’edizione speciale di Repubblica senza consenso. Ecco come lavora Newton: non rispetta i diritti editoriali, non rispetta la dignità degli autori, esercita pressioni psicologiche". Noi di MOW abbiamo anche contattato la dottoressa Fusini, mettendola al corrente delle dichiarazioni di questo gruppo di autrici Newton. Nel ricordare lo spiacevole evento avvenuto su Repubblica nel novembre del 2024, quando furono pubblicate alcune delle sue note senza che le fosse riconosciuto il merito autoriale, la Fusini ci ha risposto con un secco: "Ho deciso di non comprare più Repubblica". Una replica che, anche se stringata, mette in mostra quanto, molto spesso, il sistema che regola i rapporti tra autori e case editrici possa essere giungla di omissioni e soprusi.
