“Masterchef sta rovinando i giovani. Troppo terrorismo”. Con la consueta schiettezza, Igles Corelli, icona della ristorazione italiana, ha postato su Facebook il suo pensiero sul programma televisivo che più di ogni altro ha ridefinito l’immaginario collettivo sul mestiere del cuoco in tv. Corelli, che oltre a essere un mostro sacro della cucina è anche volto televisivo a sua volta, ma su Gambero Rosso, non è nuovo a critiche sul mondo del food entertainment. E a Repubblica spiega meglio cosa intendeva dire: “Se consideriamo Masterchef un format televisivo per far divertire la gente, è carino. Ma c’è un grosso ‘però’: il modo in cui viene rappresentata la figura dello chef non è in linea con il mondo reale della ristorazione. Vedere giudici che urlano, lanciano piatti, sono nervosi o trattano male i concorrenti dà un’immagine negativa. Lo chef, invece, deve essere una figura tranquilla, un punto di riferimento che mette a proprio agio chi lavora con lui”. In realtà questo ritratto sembra essere più vicino alle prime stagioni dello show, quando con Bastianich o altri il livello di rabbia percepita era decisamente più alto e spettacolarizzato. Per Corelli Masterchef avrebbe generato una distorsione, comunque, ben più preoccupante: “Nelle prime edizioni del programma, tutti volevano fare i cuochi perché pensavano che bastasse saper fare due piatti belli per diventare famosi. Invece la realtà è un’altra: la ristorazione è un mestiere duro e ricco di sacrifici”.
Lo chef rincara la dose, evidenziando un problema drammatico: la mancanza di giovani che vogliono intraprendere questo percorso. “Siamo davanti a una vera emergenza. Ho partecipato a convegni nelle scuole alberghiere: sempre meno ragazzi frequentano questi corsi. Masterchef ha creato l’illusione che la gavetta non serva, ma è proprio questo a spaventare i giovani. Si aspettano subito fama e successo, mentre la realtà è ben diversa”, spiega. Una situazione resa ancor più paradossale dalla continua mistificazione di questa professione. Per Corelli, la cucina televisiva non dovrebbe essere solo spettacolo, ma anche strumento di divulgazione: “Se vai in tv e racconti la cucina in modo corretto, puoi insegnare tecniche, far capire il valore delle materie prime. Ma se punti solo allo share, trasmetti un messaggio sbagliato. Non si deve far passare l’idea che basta partecipare a Masterchef per aprire un ristorante”. E aggiunge: “Molti programmi storici sono diventati puro show. Una sorta di ‘clown della ristorazione’ che danneggia chi, invece, vuole imparare davvero. Ai miei tempi si lavorava quindici ore in cucina, ma per fortuna quel ritmo non esiste più. Oggi è importante garantire un equilibrio tra lavoro e vita privata”.
Anche basta, poi, con quest’idea che lo chef sia tutto genio e sregolatezza: “La realtà dello chef non è quella di un creativo che si sveglia al mattino e inventa piatti mirabolanti. Non è nemmeno quell’inferno di turni massacranti che si vede in certi programmi. Oggi ci sono condizioni diverse, ma bisogna raccontare la verità di questo mestiere”. Cosa resta da fare allora? “Bisogna offrire una visione autentica del mestiere. Spiegare che ci vuole dedizione, studio e rispetto reciproco tra staff e titolare. Oggi molti si lamentano di non trovare personale, ma spesso non offrono opportunità di crescita o benessere”. Insomma, lontanissimi i tempi del Trigabolo, della brigata iconoclasta che trasformò la ristorazione in arte, e dove per altro Igles Corelli ha lavorato insieme a Bruno Barbieri, uno dei giudici che oggi critica. Resta una domanda: perché sia andato come ospite proprio al programma di cui oggi critica praticamente tutto.