Tanti eventi e confusi: Folle d'amore, il biopic di Rai 1 sulla vita di Alda Merini, lo hanno salvato le sue interpreti. Rosa Diletta Rossi e Laura Morante infatti, hanno bilanciato con il mestiere una sceneggiatura che correva troppo veloce: una vita intensa condensata in due ore di durata, pubblicità compresa. Col risultato che di questa vita di poesia e dolore, molti snodi cruciali sono rimasti appena accennati: uno su tutti, la genitorialità di Alda Merini. En passant, la voce narrante ci ha parlato per esempio di una storia d' amore con Quasimodo, di un concepimento durante un rientro a casa dal manicomio. Poi abbiamo visto una Merini ormai invecchiata, spiegare che le figlie erano state date in affidamento. Con buona pace dello show, don't tell delle scuole di scrittura, su Rai 1 era tutto un dire più che mostrare. Del resto, noi in Italia abbiamo le regole di Boris: “O dimo”, e ci tocca ancora considerarle paradigma di riferimento.
Alda Merini è nata ragazzina ribelle, è fiorita donna irriverente. L'esordio come autrice a soli 15 anni, nonostante la madre la ostacolasse: poi l’amore per la vita e la sua macchina da scrivere. Le sigarette, tante sigarette; la scrittura febbrile che è condanna per chi non vuole sottostare al “feticismo delle pentole” e, allo stesso tempo, appiglio di salvezza per la paziente ricoverata in manicomio. Arriva l'incontro con “madama Follia”: il ricovero, mentre nello stanzone del manicomio le pazienti avanzano come zombie. Alda come le altre: anime in pena in un purgatorio che le trasforma in reiette, fino all'incontro con un medico che la spinge a scrivere di nuovo. Proprio la parte in manicomio è la più riuscita, con la rappresentazione delle torture subite dalle pazienti: il viso di Rosa Diletta Rossi si scava, la postura cambia, la voce prende nuovi colori.
Laddove la sceneggiatura latita, le interpreti riequilibrano il prodotto finale con la recitazione. Laura Morante è la Merini dell'età adulta e sembrerebbe un cerchio che si chiude, essendo Laura la nipote di un'altra scrittrice, Elsa Morante. Ora, l'interpretazione restituisce alla Merini lo spessore che merita, ma a un patto: fingere di non aver mai visto la vera Merini. Compito impegnativo, dato che le sue apparizioni in tv sono state numerose, e proprio in quelle età la cui rappresentazione è stata affidata all'attrice. Se si sospende il giudizio, senza tenere a mente il riferimento reale, la Merini di Laura Morante è credibile. Altrimenti della poetessa ritroviamo ben poco: né la somiglianza, né l'accento, né la fisicità o i movimenti. Viene subito in mente l'intervista della Morante in promozione a Domenica In: entrata nel progetto già in corsa, non ha avuto il tempo materiale di prepararsi, non sapeva da che parte prenderla e il regista Roberto Faenza, le ha spiegato che lui non voleva un'imitazione ma un'interpretazione. Insomma, e qua torniamo a Boris, “a c...o di cane”. Per fortuna alla Morante riesce dignitosamente. Alla fine comunque, in quanto a biopic è andata meglio ad Alda Merini che a Margherita Hack. Volendo riassumere il tutto, Folle d'amore ricorda certi insegnanti ai colloqui con i genitori: il ragazzo è intelligente, ma potrebbe fare di più.