Il sistema del tax credit e, più in generale, i criteri di finanziamento al cinema necessitano di una revisione. L’intelligenza artificiale e la competizione delle piattaforme sono fattori che impongono il ripensamento delle modalità di investimento pubblico. Sono stati alcuni tra i critici più importanti d’Italia a dirlo a MOW, come Gianni Canova o Piera Detassis. Migliore comunicazione, sostegno al marketing e minore attenzione alle produzioni: questi i punti fondamentali. Ora, il sottosegretario alla cultura Gianmarco Mazzi ha criticato alcune direzioni di finanziamenti precedentemente stabiliti: “Questo sistema di finanziamento sostiene anche produzioni come le serie su piattaforme come Netflix, incluso quelle su Rocco Siffredi (Supersex nda)”. Poi, la puntualizzazione: “È rispettabilissimo Siffredi, ma è lecito chiedersi se sia giusto che il sistema di finanziamento italiano supporti una serie su Rocco Siffredi prodotta da Netflix anziché produzioni su icone come Sofia Loren, Roberto Benigni o Raffaella Carrà”. Insomma, di tutti gli investimenti mal gestiti, dei finanziamenti a film flop al botteghino (come Te l’avevo detto di Ginevra Elkann), l’avversario è il tema di una serie di cui, da giorni, non si fa altro che discutere. Ancora il sottosegretario Mazzi nell’intervista a Rtl 102.5: “Sono un appassionato del settore e credo nell’importanza di sostenere il buon cinema. È fondamentale concentrare le risorse su progetti meritevoli, come dimostra il grande successo di opere come quella di Paola Cortellesi. Non dobbiamo finanziare un sistema che favorisce solo i soliti noti, senza benefici reali per il settore”. Al di là del fatto che Paola Cortellesi possa essere considerata esterna al circolo dei “soliti noti” (elemento che, di per sé, non intacca il suo valore come artista), il suo film, C’è ancora domani, non venne sostenuto da finanziamenti statali: l’allora ministero di Dario Franceschini, infatti, negò il sostegno all’esordio da regista di Cortellesi. Il box office, poi, ha smentito la poca fiducia nel valore artistico dell’opera (che, tra l’altro, è arrivata anche in Francia, dove sta già riscuotendo ottimi risultati). Certi parametri di valutazione sull’effettiva qualità dei film e delle serie, forse, sono da rivedere. E questo vale anche per Supersex.
Intendiamoci, anche tra i critici ci sono opinioni contrastanti su Supersex e non per tutti la serie raggiunge i suoi obiettivi. Si è notata, infatti, una certa esagerazione nell’introspezione, una sceneggiatura che in alcuni punti è debole e, talvolta, uno slancio filosofico ingiustificato (noi ne abbiamo scritto qui). Ci sta, quindi, pensare a Supersex come un prodotto rivedibile. Ma, appunto, per la sua estetica, e non per il suo tema. Nonostante l’accorgimento di Mazzi (“è rispettabilissimo Siffredi”), sembra che l'argomento proprio non gli vada giù. Meglio Benigni, Sophia Loren o Raffaella Carrà. A prescindere. Nello stesso intervento a Rtl, poi, Mazzi ha parlato della violenza nei testi delle canzoni trap: “Ci chiediamo come mai questi testi vengano editati e pubblicati da importanti case discografiche, che spesso sono multinazionali e all’interno delle quali vige una cultura del rispetto delle donne e dell’uguaglianza sul lavoro. Come possono queste case discografiche trasgredire il loro stesso codice etico pubblicando testi così violenti?”. La correlazione tra violenza nella musica e violenza “reale”, però, non è affatto scontata. Pare che il sottosegretario preferisca temi leggeri, buoni e giusti. Curioso, dato che appena possono gli esponenti del governo se la prendono con il polically correct. Sorge, quindi, una domanda: perché, quindi, puntare su un cinema (o un’arte) educativa, rinunciando a una storia italiana come quella di Rocco Siffredi?