Maschio bianco etero & cattolico è il nuovo saggio del caporedattore della rivista Il Timone e collaboratore del quotidiano La Verità, Giuliano Guzzo. Il giornalista e sociologo spiega nella suo ultimo libro edito proprio da Il Timone come l’essere “maschio, bianco, eterosessuale e cattolico” oggi rappresenti, per una certa narrazione, “l’apoteosi del peggio”, la “sintesi di tutte le mancanze, il crocevia d’ogni abbrutimento”. Nell’epoca dell’avanzata della donna, spiega Guzzo, “nel tempo multietnico, arcobaleno e fieramente laico, incarno tutto quello che è da evitare: il patriarcato, l’intolleranza, la chiusura mentale. Nelle mie vene scorre la memoria del colonialismo, il mio sguardo irradia razzismo”. “Pensate stia esagerando?” si chiede con una buona dose di sarcasmo Guzzo. “Ma guardatevi un attimo attorno, suvvia. Sono, anzi siamo sotto processo a prescindere”.
Con il tragico omicidio di Giulia Cecchettin l'uomo - in quanto tale - è tornato sul banco degli imputati. Nell'introduzione del suo nuovo libro scrive di essere “maschio, bianco, eterosessuale e cattolico. Sono pericoloso”. Ma è davvero in atto un processo contro il sesso maschile?
Mi pare evidente. Anche prima di questo orrendo delitto – basti vedere i commenti nel caso di Giulia Tramontano, uccisa come si ricorderà insieme al figlio che portava in grembo – già aleggiava l’idea, purtroppo rilanciata ampiamente in queste ore, secondo cui gli uomini sarebbero tutti “un po’ colpevoli” e tutti “un po’ responsabili”. Ma c’è di peggio, dato che ormai siamo passati al pentitismo maschile di uomini che in pratica quasi si vergognano di esistere. Oggi, infatti, vediamo perfino community e pagine social dove si legge: “Tu, uomo, sei Filippo Turetta”; e ci sono giovani maschi che si accodano a tutto ciò – voglio sperare lo facciano per far colpo sulle ragazze, in quel caso quasi li perdonerei - dichiarandosi “colpevoli”, e non solo. Il cantante Piero Pelù ha detto: “Mi vergogno di essere uomo”. Lo scrittore Paolo Giordano ha invece scritto che “la possibilità della sopraffazione è il segreto meglio custodito dagli uomini”. Un altro scrittore, Francesco Piccolo, ha scritto: “La fragilità ci rende spaventosi, noi maschi; tanto quanto ci rende spaventosi la violenza; soltanto nei maschi queste due caratteristiche sono legate”. Trovo tutto questo surreale e preoccupante.
L'uomo è violento per natura? E la donna?
Ogni essere umano, nel corso della sua vita, è esposto al rischio di diventare violento o di fare violenza. Ci sono evidentemente tutta una serie di fattori che possono favorire simili atteggiamenti – una famiglia assente o disgregata alle spalle, degli abusi subiti in giovane età, l’esser cresciuti in contesti degradati, il consumo di droghe e alcool, dei disagi psichici latenti, ecc. – ma è insito in ciascuno di noi il rischio di diventare violenti, questo è vero. Ciò però non significa che l’uomo sia “violento per natura”. Solo, quando agisce violenza, in ragione della sua maggiore forza fisica, è più letale – ma questo vale anche nei confronti di altri uomini, naturalmente. La violenza però non è solo fisica, bensì anche psicologica. E di letteratura criminologica, nel mio libro ne cito parecchia, è chiara nel dirci che sulla violenza psicologica la donna non ha nulla da invidiare all’uomo; e comunque ci sono anche casi di donne violente fisicamente e assassine sin da giovani. Il delitto di Novi Ligure, che vide un’adolescente complice nel sanguinario massacro di madre e fratellino, mi pare un caso molto eloquente, o no?
Si dice che è necessario contrastare il “patriarcato” e che tutti gli uomini devono fare mea culpa. Da dove nasce secondo lei questo senso di colpa “collettivo”?
Nasce dal collasso della ragione. Oggi il problema non è il “patriarcato”, ma il “vigliaccato”. L’uomo che agisce violenza e arriva a uccidere – magari tentando poi pure la fuga – non è affatto uno forte, bensì un debole. Un vigliacco, appunto. L’uomo veramente virile è quello coraggioso, che non solo non attacca la vita ma dà la propria per quella altrui. Prendersela con “il patriarcato” – senza peraltro notare come i Paesi europei dove le violenze sulle donne sono maggiori sono quelli dalla parità di genere più elevata, come evidenziato anche dal sociologo progressista Luca Ricolfi – significa condurre una battaglia ideologica, che nulla ha a che vedere con il contrasto alla violenza sulle donne.
Però occorre ammettere che esiste un problema di discriminazione verso il genere femminile, no?
Assolutamente sì. Pensiamo alle giovani mamme che vengono licenziate o non vengono assunte in quanto madri; pensiamo alle gestanti in gravidanza difficile o indesiderata: se abortiscono l’intervento abortivo è a carico dello Stato e gratis, ma se quello stesso figlio decidono di tenerlo hanno dalle istituzioni aiuti ridicoli, piccole mance. E dell’aborto selettivo vogliamo parlarne? Bambine cui viene impedito di nascere solo in quanto bambine. Nel mondo mancano all’appello milioni e milioni di bambine mai nate. Ancora, pensiamo all’enorme violenza dell’utero in affitto, un mercato criminale fatto sulla pelle anzitutto delle donne. Altro che discriminate: tante donne oggi sono umiliate e sfruttate, ma è molto più comodo fissarsi sulla guerra contro il patriarcato.
L'uomo bianco, secondo una certa narrazione, è anche intrinsecamente razzista. Pensiamo agli slogan di Black Lives Matter. È così?
Questa è una falsità totale. Come la violenza non ha genere – e non lo dico io, lo dicono fior di criminologhe donne, che peraltro nel mio libro cito ampiamente – il razzismo non ha etnia. Anzi, ultimamente si fa largo, proprio nell’Occidente dei “nuovi diritti”, un pregiudizio spaventoso contro l’uomo bianco, al quale si addossano colpe storiche anche a costo di stravolgere la storia.
Ultimamente non va nemmeno troppo di moda definirsi “cattolici”. Nel tuo libro spieghi che essere cattolico non è sinonimo di oscurantista.
Al contrario, dobbiamo al Cattolicesimo, alla cultura cristiana e alla stessa Chiesa il meglio della civiltà occidentale: l’invenzione del concetto di persona umana, l’affermazione dei diritti dei bambini e delle donne, la nascita della scienza moderna, degli ospedali… e potrei continuare a lungo. Gli stessi secoli del Medioevo, in realtà, non furono affatto bui come li si racconta. Per dirla con Franco Cardini, dire “medievale” per insultare, oggi, “più che un’offesa è una dichiarazione di analfabetismo”.