Mio figlio Maximus ha talento per la musica. Sia chiaro, io sul talento non scherzo. A casa mia è sempre stato un argomento “sacro” e mai nessuno ha incoraggiato il talento dell’altro senza pensare che potesse condurre al successo, nel senso che se ce la potevi fare bene, ma se non era per te ti beccavi un bel “ti consiglio di lasciar perdere”. E io me lo sono sentita dire spesso “lascia perdere” da mio padre e da mia madre, ma anche “non demordere” perché questo potrebbe essere giusto per te. In casa Gemma erano cinici, spietati, sinceri, e così sono io. Cinica, spietata ma incoraggiante e positiva laddove vedo talento. Sul talento non si scherza. Su altro sì. Il talento è un argomento serissimo, e i soldi pure. A casa mia si producevano successi e mio padre era una specie di slot machine: non c’era tempo per mentire, incoraggiare, attendere. Tutto era sincero e immediato, come in una fabbrica dove si produceva ricchezza e si versava tantissimo sudore. Vedere tante persone famose e altre che lo sarebbero diventate mi ha insegnato a riconoscere immediatamente la specialità, a capire chi ce l’avrebbe fatta e chi no, e a imparare da talenti come Sergio Leone e molti altri che hanno fatto la storia del cinema e la mia storia personale di infanzia e adolescenza. Per questo dico che si può scherzare pure sull’amore, forse, ma sul talento no. Il talento è una manifestazione di una spiritualità rara e profonda. E se dico che Maximus ha talento per la musica è vero. Me ne frego completamente che si tratti di mio figlio. Non faccio sconti a nessuno perché nessuno, appunto, li ha mai fatti a me.

Ascolto una sua canzone: ha composto il beat da solo con un computer che vale poco e scritto il testo in inglese. Resto un po’ stupita, continuo a chiedergli incredula: “Ma sei tu?”. E lui: “Sì mamma, sono io”. Ed io ancora: “Ma veramente sei tu?”. E lui, spazientito: “Ma sì mamma, ovvio che sono io”. Inizio a inviare questo pezzo alle persone che conosco. Una mia amica (ricca) mi dice che devo assolutamente mandarlo al Berklee College of Music, che dovrebbe stare a Boston e, come tutti i college americani, costa una fortuna. Al momento non posso assolutamente permettermi neanche di valutare questa possibilità: è già tanto che riesco a pagare il mutuo del loft di mio padre, salvato dalla vendita (lui non avrebbe mai voluto che si vendesse), dove attualmente io e mio figlio viviamo. Per prendermelo ho dovuto liquidare mia sorella Giuliana, che si è accontentata di una cifra simbolica, e la seconda moglie di mio padre (più arroccata ai soldi e alle cifre non simboliche). Non posso permettermi questi snobismi chic, che non è detto tra l’altro che portino al successo: bisogna trovare un modo meno costoso per mettersi in gioco. Va trovata un’altra idea. Mi viene in mente lo studio vicino Padova dove registra ogni tanto anche il rapper Baby Touché, a cui ho fatto una video-intervista per la mia rubrica “Dalla parte del cattivo” su MOW. Dopo questa intervista tutti i fondatori e i producer di questo studio sono diventati miei amici. Hanno creato una vera e propria factory creativa, dove, oltre alla musica, fanno esposizioni d’arte, girano video dei loro artisti, scattano foto e organizzano eventi. Un punto di riferimento per i ragazzi che amano fare musica e per gli artisti locali, che altrimenti non avrebbero grandi possibilità di esprimere il loro talento. Pur non avendo certo il budget della factory che fondò Lapo Elkann, se la cavano alla grande. Ognuno di loro lavora pur di poter mantenere vivo questo studio e per far sì che i ragazzi la cui alternativa sarebbe “la strada” abbiano un punto di riferimento dove esprimere la loro rabbia, i loro sogni e le loro poesie metropolitane. E studiano quasi tutti, mentre alcuni di loro si sono già laureati.

La factory è composta principalmente da Nawfal, manager e direttore artistico; Mask, artista; Giala, produttore; e Dolores, stylist che è diventata da due anni la mia stylist personale. Abbiamo creato outfit davvero incredibili vagando per negozi vintage e non solo in diverse città del mondo, e quest’estate ha lavorato con me per la campagna di gioielli di Tarina Tarantino, facendosi valere pure a Los Angeles. E credetemi: non è facile, nella città dello stile street per eccellenza, distinguersi e farsi riempire di complimenti da addetti ai lavori più che esperti. Altra figura importante dello studio è Veronica, la fotografa ufficiale, davvero bravissima. Ed io sono molto severa sulle foto: ho lavorato con Toni Thorimbert, Priscilla Benedetti, Angelo Guttadauro, Roberto Rocco e altri fotografi importanti, che ringrazio per aver colto diverse parti di me. Sono severa e spietata sul tema foto e difficilmente accetto di farle con chi non ha già un nome consolidato perché rischio di non essere soddisfatta del lavoro e di non riconoscermi. Le poche foto che mi ha fatto questa talentuosa ragazza sono davvero bellissime: in un attimo coglie la parte più onesta e autentica di te, rendendoti bella. Altri produttori parte integrante del gruppo sono Mana (il biondo), Dead Boy, italo-brasiliano, e Griot, italo-senegalese. Ognuno di loro ha il suo stile, tutti sono creativi e “spaccano”: hanno la forza e il coraggio di inseguire un’ambizione, nonostante le difficoltà, e hanno anche, per quello che può contare, tutta la mia stima e il mio rispetto. Tifo per ognuno di loro come fossero fratelli e sorelle. Tifo per i miei bro’, per dirla come la direbbero loro. Mando a tutti alcuni lavori di Maximus e mi dicono che è forte, che lo devo assolutamente portare in studio, che “lo vogliono” là. Non me lo faccio dire due volte perché io non perdo mai tempo e prenoto due biglietti del treno per Padova. Affitto anche un inquietante appartamento piccolissimo dove poter dormire per quattro notti, a Este, vicino allo studio. Costa cinquanta euro a notte e va bene così: si va a lavorare, a produrre, e qui il budget è ristretto ma la voglia di esprimere se stessi e di fare arte non ha limiti, non richiede permessi né ricchezze e comodità. Noi non ci fermiamo di fronte a nulla. Io e mio figlio siamo survival, combattenti in prima linea, duri e puri, senza paura.

Partiamo la mattina presto e arriviamo in tre ore e mezza di treno a Padova. Viene a prenderci alla stazione Dolores, la quale mi consiglia di togliermi il Rolex di mio padre che porto sempre al polso, visto che Padova non è al momento una passeggiata di salute ma una città dove molti sono giustamente incazzati con la vita per un dislivello sociale e un brutto atteggiamento razzista che si respira, ahimè, in quasi tutto il Veneto, ricco e provinciale, fatto di velata ignoranza e disgusto per il “diverso”: visione che non fa certo onore all’Italia né a nessun paese del mondo che la pensi allo stesso modo. La mescolanza razziale è stimolo, scambio di culture e arricchimento, ma molti, anche nella nostra attuale politica, non la pensano così e alimentano questa paura nei confronti di altre razze o religioni attraverso programmi televisivi che mirano a far leva sull’ignoranza del popolo, che può così essere dominato e soprattutto derubato legalmente. Spiego a Doris che il mio problema con la rabbia, dovuto a vari drammi che ho passato nella vita, fa sì che nessuno possa derubarmi di nulla perché all’occorrenza combatto e meno pure; ma mi tolgo comunque il Rolex e il mito di Tony Montana sempre pronto a fare la guerra, cercando di evitare problemi, di restare umile rispetto alle mie capacità di entrare in conflitto con chi è più incazzato di me. Doris ci accompagna nel Bed and breakfast che ci ospiterà: un inquietante luogo shabby chic che sembra la casa delle bambole. Una volta dentro, fantastichiamo sul fatto che il proprietario potrebbe essere un serial killer, in quanto la casa è ornata ovunque da cuori, oggetti terribili di cattivo gusto e un’atmosfera carina a tutti i costi, strapiena di ornamenti inutili che fanno pensare alla follia. Una location perfetta per un film horror. Io sono stanca ma Maximus non sembra volersi riposare: vuole andare in studio il prima possibile. Posiamo i nostri bagagli, una rinfrescata al volo e siamo pronti per questa nuova avventura. Io mi tolgo le scarpe da ginnastica, sostituendole con stivali altissimi di Yves Saint Laurent perché i tacchi mi portano bene, mi danno fiducia e mi fanno sentire viva, oltre ad obbligarmi a essere concentrata, altrimenti cado. Ho bisogno di sentirmi scomoda per restare sveglia e produttiva: la comodità non produce quasi mai il meglio di me. C’è poco da stare comodi in questa vita: meglio sempre dover superare piccole prove che tanto arriverebbero comunque. Con o senza tacchi. Arriviamo in studio: è la seconda volta che vengo qui e non posso fare a meno di notare quanto sia migliorato l’arredamento. Doris mi spiega che, con un budget limitato, hanno cercato di rendere questo luogo accattivante trovando mobili di seconda mano qua e là su Internet. Una parete è completamente dipinta con un disegno bellissimo, nero su bianco, fatto da uno degli artisti che frequenta lo studio. Un disegnatore e tatuatore molto bravo che si chiama Andrea Nicolato, in arte Nix 11. Il budget non conta poi così tanto: contano le capacità artistiche e anche un certo gusto. Puoi avere tanti soldi ma non capire comunque un cazzo né di arte né di eleganza.

In studio si fa musica. Il producer Giala non dorme da tre giorni, sta sempre in studio: la sua dedizione è totale ed io sono già da tempo una sua fan. Perché penso che abbia una marcia in più, che sia nato per la musica. Ed io non mi sbaglio quasi mai su chi ha una marcia in più. Lui stesso (come tutti i geni) sembra non rendersi conto del peso che ha in questa vita. Maximus è incantato. Vaga dallo studio al salotto con un atteggiamento da uomo che sa, fiero, felice, forzatamente sicuro ma vivo, presente, come se avesse finalmente trovato una casa. Qualcuno simile a lui, un’idea di “famiglia”. Diventa immediatamente amico di tutti e tutti sembrano amarlo. Io, nel frattempo, parlo con il tatuatore e artista Andrea perché voglio tatuarmi una geisha giapponese ai lati del busto. Poi mi lamento del fatto che il mio prossimo regista con cui lavorerò mi ha chiesto di imparare lo yoga e, sorpresa… Andrea è un esperto di yoga e mi invia su WhatsApp una serie di link ed audiolibri pronti per essere ascoltati, che sostiene possano darmi tutta la parte “teorica” dello yoga, in modo che io possa capire questa disciplina in modo più profondo. Link che si riveleranno, nei giorni successivi, utilissimi per farmi entrare in questa visione, cultura e stato mentale.

Maximus, nel frattempo, fa scena muta: ascolta gli altri e basta, ma non sembra pronto a registrare. Non lo sarà per tutto il giorno. Tornati nell’orrendo Bed and breakfast, ospitiamo Misha, mio ex pseudo-fidanzato conosciuto in studio un’altra volta in cui avevo registrato io (un tentativo di un pezzo non particolarmente riuscito). Lo sollecito a incitare Maximus a buttarsi, essendo anche Misha un artista valido dello studio. Lui mi rassicura e mi dice: tranquilla, “piano piano”. Il giorno dopo Maximus “spacca”. E se non conoscete il significato di “spacca”, aggiornatevi: ascoltate i vostri figli e siate moderni. Si butta ed è un cazzo di talento, nonostante abbia ovviamente molto da imparare: molto lo ha già imparato da solo. Ha il senso del sound, della musica, scrive cose interessanti, sa cantare ed anche “rappare” con una voce non banale, che non copia nessuno pur prendendo ispirazione da molti. Insomma, può imparare e nel frattempo si è fatto valere con gente che la musica la fa sul serio, non per scherzo. Gente che si sacrifica per stare là. Non figli di papà viziati con la pappa pronta e la vita pagata. Io, madre incredula che aveva già pensato di scappare alle terme di Abano perché tanto Maximus non si sarebbe espresso, mi sento un po’ una merda. Perché bisogna sempre credere nei sogni degli altri. Bisogna dare fiducia ai sogni dei nostri figli. Qualunque essi siano.

Lo studio, che ora porta il nome di “Manifesto”, nei giorni in cui siamo là sta organizzando una festa. Io odio le feste perché non ho quasi mai voglia di socializzare con nessuno. Inoltre, alle feste, non mi diverto. Quindi annuncio a tutti che devo tornare a Roma per lavoro e che io e Maximus non andremo alla festa. Aggiungo pure che alle feste vado solo se mi pagano e che non faccio favori nemmeno a loro. Sì, lo so: sono stronza. Il mio modo di sentirmi star ultimamente è dire sempre e solo no a tutto. Perché i no ho scoperto essere più importanti dei sì e perché, un po’, star lo sono veramente. Fatto sta che questa festa non mi avrà. Doris reagisce scrivendo un discorso di introduzione a "Manifesto" che loro stessi faranno, rileggendo man mano a voce alta un testo ben scritto e zero retorico. Le suggerisco di farlo lei al microfono, visto che lo sta scrivendo, perché è perfettamente in grado, oltre ad avere una bellissima presenza. Poi aggiungo: “Dai… è facile dire queste cose, se fossi venuta alla festa lo avrei fatto io”. Tutti mi osservano silenziosi, con un’aria punitiva, e Doris dice: “Eh… appunto”. Io spiego che può farlo lei, che non conta che ci sia io lì. Tutti rispondono: “Beh, insomma, un po’ importante invece sarebbe”. Maximus, serio, aggiunge con aria solenne come fosse Che Guevara: “Mamma, fallo per il popolo”. “Ecchecazzo”, rispondo, “se è così importante per voi io resto, per carità” (non ci tengo, tra l’altro, a scatenare ira e vendetta di mio figlio che è dello Scorpione). E poi sì, io per il popolo sono sempre pronta, soprattutto se è un popolo di gente che ha un messaggio interessante da trasmettere. In pochi secondi decido con Doris cosa devo indossare e le chiedo di scrivermi bene tutti i nomi da non dimenticare. Alla fine, presentare "Manifesto" è un piacere perché io credo in loro e sono onorata che loro abbiano capito me. Outfit di emergenza pronto, perché io porto sempre un outfit di emergenza: e sempre le scarpe da stripper, che indosserò con tuta Adidas gialla e verde comprata con Doris a Milano e bustino Dolce & Gabbana comprato scontato su Yoox.

La sera stessa Maximus non torna a dormire nella casa degli orrori, ma resta in studio a registrare con Giala fino alle sette del mattino. Mentre dorme distrutto fino al tardo pomeriggio, io mi preparo per la festa. Ci siamo nel frattempo trasferiti. Abbiamo prenotato un hotel vicinissimo alla location. Il party si svolgerà in una villa antica meravigliosa con tanto di piscina, luogo dove solitamente fanno matrimoni, ma stavolta ci sposeremo noi con tutto il trap del mondo. Sono organizzatissimi: hanno comprato alcol e ingaggiato un furgone che fa panini e roba fritta. Ma soprattutto durante la festa si esibiranno una serie di artisti veri, non fighetti da hit parade o leccaculo del potere; ragazzi di vita, come li chiamerebbe Pasolini ancora oggi. La festa si rivela una delle più fighe in cui io sia mai stata, e personalmente ne ho fatta di vita notturna in giro per il mondo! Non sto qui a ricordarvi che ho lavorato negli strip club di Los Angeles e frequentato case di Sergio Leone e Ennio Morricone. Sono stata fidanzata con Coolio di “Gangsta’s Paradise”, ho domato i leoni, fatto la puttana e vinto festival internazionali di cinema: insomma, ho visto cose che voi umani non potete nemmeno immaginare. Gli artisti che si esibiscono alla festa di "Manifesto" sono: AB ONE, MASK, PIURRI, NUIT, CRUCIO, SHMIGO, RIEN, PLUGGOH. Il pubblico presente canta i loro pezzi. Sono tutti già conosciuti nell’ambiente da chi ama questo genere di musica. E sono pazzeschi. Io sono in estasi.




La festa nasce per rendere concreto il format “Money Fast”, freestyle che hanno creato su Instagram, perché volevano unire le persone: non lasciare tutto digitale e impersonale, bensì dare l’opportunità alle persone di conoscersi, di ballare, di diventare un movimento “fisico” e non solo digitale. Questa festa dovrebbe essere itinerante in tutta Italia e dovrebbe essere sponsorizzata. Perché c’è bisogno che i cosiddetti “giovani”, tanto criticati, attraverso questi artisti, trovino il coraggio di credere nei propri sogni e di esprimere ciò che sono realmente, al di là delle convenzioni sociali, dell’educazione stessa e delle aspettative. Perché la vita, senza un sogno, senza una passione, è una vita che rischia di essere allo sbaraglio, e spesso la musica può rappresentare non solo una svolta ma anche una salvezza. Il trap e il rap nascono dalle strade del mondo, dagli ambienti più disagiati e meno fortunati, e spesso sono queste realtà a meritare di crescere e trionfare, perché parlano di vita vera, di amore e di rabbia. Sottovalutare e criticare questo tipo di musica significa mettere il bavaglio a un nuovo modo di fare poesia, sicuramente diretto, crudo, a tratti feroce, ma che non è altro che lo specchio di tempi fatti di ingiustizie e dislivelli sociali che non vanno accettati per forza ma combattuti. Ed è meglio sfogarsi facendo musica che usare altri modi illegali e meno nobili. Bisogna dare un’opportunità e un palco alla musica dal vivo, e bisogna farlo anche per quella musica “scomoda” che risveglia animi e coscienze, che rappresenta una ribellione costruttiva: sicuramente scomoda, ma mai gratuita. Ovviamente mio figlio Maximus è l’uomo più felice del mondo dopo questa festa. Lui, al contrario di me, conosceva già gli artisti ed era fan di tutti. Io sono felice di averli scoperti e poter scrivere di loro. Ne approfitto per ringraziare anche Matteo e Cesco, parti integranti della riuscita di questa serata. Anche loro agguerriti e instancabili come il resto della crew.


Maximus, sul viaggio di ritorno, prenota un treno super scontato in seconda classe pur di tornare in studio: mi dice che è pronto a dormire anche per terra, stavolta senza di me. Io non mi oppongo e sono ben felice che mio figlio abbia una passione; d’altronde suo padre Henry Harris, in arte South Side Slim, è un musicista di Los Angeles, un caldissimo chitarrista blues che ha suonato anche con Johnny Depp e Paul McCartney: la passione per la musica gliel’ha trasmessa lui. In un suo testo Eminem dice: “Non sono un granché come poeta, ma so che qualcuno, una volta, mi ha detto di cogliere l’attimo e non sprecarlo, perché non sai mai quando potrebbe essere tutto finito”. Ai vostri figli dovete insegnare a coglierlo, questo attimo, e a non rinunciare ai loro sogni, indipendentemente dai risultati o da quanto dovranno lottare. Non giudicate chi fa rap o trap, perché non sapete quello che ha passato e ha dovuto superare. D’altronde io capisco solo chi si ribella e prova a rendere questo mondo migliore, contestandolo e facendosi sentire. L’arte può rendere gli uomini liberi e, dove le parole falliscono, parla la musica: il mezzo con cui l’anima torna al cielo. Grazie a "Manifesto", io da oggi non odio più le feste: sono meno asociale e sempre più pronta a combattere, a valorizzare chi ha una storia di vita vera da raccontare. Mio figlio, Maximus, nel frattempo vive solo per tornare nel loro studio e continua a ringraziarmi per l’esperienza. Forse diventerà un grande rapper, forse no: non mi interessa. Certo è che niente accade se non è preceduto da un sogno. E c’è una sola cosa peggiore dei sogni svaniti: perdere la voglia di sognare. Io farò tutto quello che posso perché questa voglia non la perda mai. Io non l’ho mai persa e non l’hanno persa nemmeno quelli che hanno creato questa festa, e tutti gli artisti che si sono esibiti, che difficilmente chiuderanno la bocca perché sono nati per farsi sentire e non smetteranno mai di scrivere le loro poesie e di “spaccare” tutto.




