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Intervista a Celo, il producer che tutti dovrebbero conoscere: “I tormentoni? Non ripagano, serve una storia da raccontare”. Rkomi? “Autore incredibile”. E su Alfa, Ernia, Olly e Jvli e la skill che vorrebbe “rubare” a Mace…

  • di Benedetta Minoliti Benedetta Minoliti

  • Foto: Ufficio stampa

21 giugno 2025

Intervista a Celo, il producer che tutti dovrebbero conoscere: “I tormentoni? Non ripagano, serve una storia da raccontare”. Rkomi? “Autore incredibile”. E su Alfa, Ernia, Olly e Jvli e la skill che vorrebbe “rubare” a Mace…
Dalle feste tra amici alle collaborazioni con artisti come Ernia, Alfa e Rkomi, Celo è il producer che tutti dovrebbero conoscere. I suoi punti di forza? Visione, coraggio e zero formule preconfenzione…

Foto: Ufficio stampa

di Benedetta Minoliti Benedetta Minoliti

Negli ultimi anni i produttori sono diventati, nel panorama musicale italiano, quasi più centrali degli artisti stessi. Nella corsa ad accapparsi il producer migliore, quello che tutti vogliono, siamo riusciti soprattutto ad accorgerci che il produttore non è semplicemente una figura accessoria, ma ha moltissimo peso nella riuscita di un singolo brano o di un album. Pietro Celona, in arte Celo, ha una visione chiara di cosa significa fare il producer oggi. Spinto da grande curiosità fin da adolescente, oggi può contare nel suo palmares collaborazioni di tutto rispetto con artisti come Ernia, Alfa e Rkomi. Nomi grandi per un giovane producer con una visione, che non ama le formule predefinite. Per lui non esiste “la ricetta vincente” e produrre significa creare un rapporto, intercettare l’anima dell’artista e guidarla con coraggio. E in un’estate piena, come tante altre, di canzoni tutte uguali, Celo rilancia: “Le persone oggi cercano una storia”. E in un’industria affollata e veloce, il suo approccio è ciò che può distinguerlo davvero.

Celo Pietro Celona
Celo (Pietro Celona) Ufficio stampa

Come sei arrivato a fare il produttore?

È stato un percorso lungo. Inizialmente era un hobby, quando avevo 14 anni facevo il dj alle feste degli amici nei locali. Mi è venuta la curiosità di esplorare la musica elettronica, per anni l’ho fatto al pomeriggio al posto di studiare (ride, ndr.). L’hobby poi è diventato sempre più ingombrante e ho iniziato a togliermi le prime soddisfazioni con le produzione. Non ho mai avuto un background musicale canonico, ho sempre basato tutto sulla mia curiosità e i miei ascolti.

E poi?

Ho fatto la Sae, poi ho lavorato per un anno in uno studio di doppiaggio, ma la passione per la musica c’è sempre stata. Piano piano ho conosciuto sempre più artisti, a espandere i giri e c’è stata la parte di gavetta, che è stata lunga, ma sono arrivato a farlo full time e posso dire di fare un lavoro che mi piace, mi stimola e mi gratifica.

C’è qualcuno che ti ha ispirato?

I miei stimoli sono sempre cambiati col tempo. Sono partito con la musica elettronica e chi mi ha cambiato veramente il modo di pensare è stato Calvin Harris. Quando avevo 14 anni lui era nel pieno della sua esplosione e mi piaceva il suo modo di portare l’elettronica in un modo fruibile verso tutti. È stato tra i cardini della mia vita. Penso anche ai Phoenix, che mi hanno aperto un mondo sulla parte dell’indie rock, la riscoperta del vintage sempre in modo largo.

Oggi, invece?

Sono molto affascinato da Dan Nigro, un produttore americano e una sorta di scouter che ha portato in America progetti come Olivia Rodrigo e Chapel Roan, che ha cresciuto e sviluppato. Questa figura mi stuzzica parecchio. In Italia sono sempre stato molto fan di Frah Quintale, da piccolo anche di Coez. In questo momento specifico però ho tanti riferimenti del passato.

Per esempio?

Pino Daniele, De Gregori, che sono sempre stati parte dei miei ascolti e in questo particolare periodo li ascolto quotidianamente.

Mace non è uno scouter ma se pensi a Blanco o Centomilacarie, ha fatto un lavoro “simile” per certi versi a quello di Dan Nigro. Hanno trovato una dimensione più mainstream, se vogliamo, insieme a lui.

Ciò che ammiro veramente di Mace è il coraggio nelle scelte che fa. Ha sempre messo la faccia nei suoi album e il suo più grande talento è quello di mettersi in gioco e fare non la scelta più semplice, ma quella che per ciò che vuole davvero comunicare è più giusta. E l’hanno sempre ripagato, perché dal punto di vista artistico tantissimi con lui hanno fatto il salto. Anche lo stesso Marco Castello, che chi è nella musica conosce tantissimo ed è un artista incredibile, nessuno ha avuto il coraggio di metterlo nel mainstream come ha fatto lui. Se c’è una skill che vorrei rubare a Mace, oltre chiaramente al suo talento smisurato, è il coraggio, perché ha sempre fatto scelte non convenzionali ma che sono sempre risultate vincenti e appaganti. 

È un po’ il sogno di ogni produttore.

Sì, ma mi vengono in mente anche Olly e Jvli, che sono due amici. Hanno fatto un percorso veramente insieme ed è una delle cose più belle che possa succedere a un produttore che lavora a stretto contatto con un artista, puntando sul progetto a lungo termine e non semplicemente sul brano che deve uscire la settimana dopo. 

Pensa anche a Charlie Charles e Sfera Ebbasta.

Certo, poi quando si creano interazioni così spontanee tra un artista e un produttore all’inizio, secondo me, è tutto molto stimolante, ma poi bisogna cercare di non ripetersi. È questa la vera difficoltà: quando un binomio funziona davvero, reinventarsi è molto difficile, perché gli addendi sono sempre gli stessi e devi cercare di far cambiare il risultato. 

Il primo riconoscimento importante lo hai ottenuto con la co-produzione di Bella fregatura di Ernia, poi c’è il lavoro che hai fatto con Alfa e quello dell'ultimo album di Rkomi, dove hai curato alcune produzioni ma anche la parte autoriale. Sono generi, artisti e ruoli diversi.

La bravura di un produttore sta nel cercare di capire e interpretare le persone con cui lavora. Quando è nato il brano con Ernia mi stavo sentendo con Sixpm e il mio ruolo è stato più legato all’arrangiamento e alla produzione del brano. Con Alfa il rapporto è diverso, ma c’è da fare una considerazione alla base.

Quale?

C’è stato un grosso passaggio temporale tra questi due lavori. Sono cresciuto, ho cambiato il mio modo di vedere la figura del produttore in studio. Con Alfa stiamo facendo un percorso più legato a una visione complessiva, cercando di dare una direzione al progetto. 

E per quanto riguarda Rkomi?

Mirko è un autore incredibile, molto viscerale, quindi abbiamo fatto un lavoro molto legato alle strumentali, dove lui ha voluto sperimentare tantissimo. C’è stato un lavoro enorme prima di arrivare ai brani e con Andrea Bonomo abbiamo cercato di esplorare dei mondi che avrebbero potuto ispirare Mirko e dargli degli spunti. In questo caso il ruolo dell’autore non serve a sostituire l’artista, ma aiutarlo a pensare e a stimolarlo. Per me è questo il ruolo, in generale, dell’autore moderno, specialmente in un momento in cui il cantautorato è costantemente sotto pressione dal punto di vista della scrittura della musica, essendo tutto molto veloce. L'autore deve stimolare, non sovrastare. 

Gli autori, più di tutti, sanno che soprattutto in estate si incorre nel rischio di scrivere brani tutti uguali. Cos'è che rende un brano estivo davvero una hit?

È una bellissima domanda e risponderti con trentacinque gradi mi fa entrare nel mood (ride, ndr). Secondo me non esiste una ricetta collaudata, perché un brano può essere sentito per un artista quanto anonimo per un altro. La vera sfida è trovare l'interprete giusto e sui brani estivi il discorso è molto cambiato nel corso del tempo.

Cioè?

È vero che ci sono artisti che tendono a ripetersi, perché hanno trovato una "ricetta" che funziona, ma secondo me le scelte riflettono molto il momento storico musicale in cui ci si trova. La musica oggi è molto più comunicativa, anche a livello pop. I brani che rimangono davvero hanno un'anima e adesso le persone ricercano proprio questo tipo di sensazione. Poi chiaro, le canzoni estive devono comunicare anche un senso di leggerezza, perché è un periodo in cui ci liberiamo di tutti gli stress, stacchiamo e vogliamo trovare un po' di evasione anche nella musica. Cambia tutto, di anno in anno, ma quello che vedo è che oggi le persone ricercano un messaggio nelle canzoni e un senso di poesia. Il tormentone non ripaga, serve una storia da raccontare.

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