Il vino unisce e divide. Si discute al ristorante sulla bottiglia con cui accompagnare le portate, si sceglie cercando di non spendere un capitale, e quando il tasso alcolico comincia a essere alto ci si lascia andare. Si fa festa, si è più disinibiti e i pensieri diventano un flusso di coscienza, a volte anche un vomito (di parole). MondoDivino, album di Tonino Carotone e Giulio Wilson tra sacro e profano, ci porta con leggerezza, ma non solo, a fare delle riflessioni sul mondo attraverso il vino, che ci vuole schiavi della tecnologia e incollati agli smartphone. Incontriamo Giulio e Tonino alla Buttiga, in Martesana, e la nostra intervista parte sì dall’album, ma arriva a toccare diversi temi, dallo champagne di Davide Lacerenza agli aneddoti, dalla musica al buon vino. Tonino e Giulio sono due facce della stessa medaglia: uno spirito libero, l’altro più pragmatico. Hanno stretto un’amicizia che con la musica supera le logiche di mercato (a cui raccontano di non aver mai pensato), fatta di momenti dove si ride, si balla, si riflette e, ovviamente, si beve. Insieme incarnano il sacro e il profano di questo MondoDivino, che sa di festa e di libertà conquistata a suon di musica e disobbedienza.

Com'è nata questa collaborazione?
Tonino Carotone: Tra vino e pensieri. Ci siamo conosciuti in una cantina a Bergamo e abbiamo parlato delle idee che avevamo, di condividere e collaborare sulla nostra musica.
Giulio Wilson: Tutto questo bevendo e mangiando bene, che è importante. Ci siamo conosciuti davanti a un buon vino della Valtellina, e quel giorno Tonino aveva bisogno di smaltire un po', ma nonostante questo ha uno stile di vita molto diverso dal mio. Lui è un bohémien.
Beh anche perché poi il vino è centrale nel vostro disco, MondoDivino.
TC: La cultura del vino, e non solo, mi piace molto e mi sembra davvero interessante costruirci attorno un disco.
GW: Poi usiamo il vino come metafora, al di là che io lo produco, ho una cantina dove abbiamo registrato il disco, è utilizzato come forma di resistenza verso un mondo che ci vorrebbe ubriachi di tecnologia. Noi preferiamo essere ubriachi veramente di una sostanza che accomuna l'uomo da secoli. E il vino è inclusivo se ci pensi.
In che senso?
GW: Si beve in compagnia, si stappa per brindare, ma è anche una forma di evasione dalla maschera che portiamo tutti i giorni. È un amplificatore di emozioni, ti disinibisce e ti tira fuori qualcosa dell'inconscio. Ci sono canzoni di questo disco che sono state scritte da qualcosa dentro Tonino, anche bevendo. Quando c'è una festa sarebbe triste senza la bibita (ride, ndr.)
TC: Poi io sono cresciuto a Pamplona, che è una città conosciuta per le feste e il vino. Ci sono passati personaggi come Hemingway e Orwell. E c'è sempre stata una cultura importante del vino, in modo positivo.
GW: Questo disco è leggero e scanzonato, ma ha anche dei momenti profondi e di riflessione, quindi col vino si sposa bene. Poi diciamoci la verità: quando si beve si canta meglio.

Avete un aneddoto di vita vissuto durante la creazione del disco?
TC: Lui ha un agriturismo, eravamo in piscina e una ragazza tedesca mi fa "c'è Pavarotti che sta prendendo le sigarette".
GW: Specifichiamo chi è Pavarotti.
TC: Pavarotti, ma anche Mina, sono due maiali dell'agriturismo. Io ho preso un coltello e l'ho rincorso.
Siamo a Milano, città dei locali, della movida e della bella vita. Si è parlato dello champagne di Davide Lacerenza, cosa ne pensate?
GW: La differenza tra noi è che se tu guardi le mie unghie sono sporche. La mia vita è fatta di lavoro, nessuno della mia famiglia faceva vino, Tonino è un ragazzo di strada che non è nato nel lusso e si permette di fare lo champagne. Proveniamo da un'estrazione sociale che sa cos'è la povertà. Ci siamo fatti un cu*o grande così nella vita. Non faccio vino per marketing.
Avete fatto un disco perché vi piace stare insieme e non per logiche di mercato.
TC: Io a queste cose non ci penso mai. Sono sempre stato indipendente e le mie muse non arrivano pensando a fare musica commerciale.
GW: A tutti e due piace l'artigianalità, che non per forza deve accontentare la massa.
TC: Quando ho scritto "Me cago en el amor" pensavo che non sarebbe piaciuta a nessuno. Mi vergognavo quasi a farla sentire, era molto personale, ma non ho cambiato nulla ed è andata bene.

Nel titolo c'è sacro e profano. Per voi cos'è effettivamente questo mondo divino?
GW: In un mondo difficile, per citare Tonino, ci sono anche delle sfaccettature belle, è un brindisi positivo a un mondo da proteggere e che ci fa stare bene, fuori dalle alienazioni. Anche nei concerti cerchiamo di creare un'atmosfera che unisce le canzoni e faccia entrare il pubblico nel nostro mondo, dove un po' si ride, si pensa, si balla e si beve.
Cosa vi piace del suonare e cantare insieme?
GW: Sai che l'erba del vicino è sempre più verde, no? Io sono precisino, lui è più vissuto, istintivo, se sbaglia se ne frega, mentre io mi rovino il concerto. Vedo in lui quello che io non sono e mi stimola.
TC: Per me è un sacrificio (ride, ndr.). Mi sono dovuto svegliare presto la mattina per registrare e ho dovuto usare il metronomo. Per me non è facile.
GW: In un mondo fatto di perbenismo e regole Tonino per me incarna la disobbedienza, e mi attrae.
Tonino sei d'accordo?
TC: Eh io sono stato un anno in galera. Mi ha marcato la vita, sono stato punito da piccolo e da grande, perché la società punisce i ribelli, ma questo mi fa essere ancora più ribelle. Mi ha fatto soffrire tanto, ma sono stato libero e ho potuto fare tutto quello che volevo.
Adesso vi dico dei nomi di personaggi famosi e mi dite che alcolico gli offrireste. Donald Trump?
TC: Qualcosa di amaro, o qualcosa di troppo dolce, come un liquore alla mela.
Matteo Salvini.
GC: Un po' di aceto, che un po' di acidità a cena non guasta.
Giorgia Meloni.
TC: Un bel liquore al melone.
Lucio Corsi
GC: Mi piace molto, lui è di Grossetto quindi gli darei il nostro vino.
Fedez.
GC: Cafonaccio che non sei altro. Scherzo, ma non può bere vino. Un bell'angelo azzurro, da discoteca.
TC: Vino con la Coca Cola (ride, ndr)
Matteo Renzi.
GC: L'assenzione o una bella genziana.
Giuseppe Cruciani.
GC: Un Cynar, l'amaro al carciofo perché più di quello non riesce a bere.

