Quando stai per premere play su un album su cui hai grandi (grandissime) aspettative, l’ultima cosa che ti aspetti è di rimanere deluso. Così ti distacchi, cerchi di essere oggettivo, di “dimenticare”, o mettere in secondo piano, la storia dell’artista che stai per ascoltare. Ma con Neffa è stato praticamente impossibile. Non possiamo pensare di nascondere la sua storia, l’importanza che ha avuto per il rap italiano e che peso abbiamo ancora oggi il suo lavoro per tantissimi colleghi del mondo della musica. Come non possiamo scordarci che Neffa è partito dal punk harcore (con i Negazione, negli anni ‘80), arrivando al successo col rap nel 1994 con SxM, con Deda e Dj Gruff (in due parole: Sangue Misto) e nel 1996 con Neffa e i messaggeri della Dopa (con Aspettando il sole a fare da apripista al disco). Negli anni duemila ha stravolto ancora tutto, con La mia signorina, un brano dedicato alla marijuna scambiato per brano d’amore. E proprio su questa canzone Neffa ha raccontato in una recente intervista a Marta Blumi Tripodi del Corriere della Sera: “ero fissato con gli esercizi di stile e i messaggi impliciti, ma nessuno capì il sottotesto. Neanche i miei fan, che mi massacrarono, convinti fosse una banale canzoncina su una ragazza. Così svelai il mistero, anche se per anni mi sono divertito a confermare e poi negare che parlasse di cannabis, a seconda del contesto”. Ecco, bastano questi “pochi” punti, che comunque non ricostruiscono interamente la sua storia, per rendersi conto di quante vite abbia vissuto Neffa dall’inizio della sua carriera a oggi. Il punto però è un altro: dopo AmarAmmore, disco interamente in napoletano uscito nel 2021, Neffa ha pubblicato il suo nuovo album, Canerandagio - Parte 1 anticipato da Littlefunkyintro e Canerandagio con Izi. Perché specifichiamo l’uscita di questi due singoli ad anticipare il progetto? Un motivo c’è: sono le tracce migliori del disco. Un bene? Non esattamente.

Nel comunicato si legge “un lavoro che descrive e racconta chi è Neffa oggi”. Se è così, non abbiamo capito chi è lui oggi. Sicuramente questo album stupisce perché non c’è nessuna delle sue storie. Vuole essere un nuovo capitolo, ma è fumoso e “meno interessante” dei precedenti. Certo, ci sono anche dei lati positivi in questo progetto. Neffa sa lavorare per immagini. Quello che ti racconta nei suoi testi lo vedi scorrere perfettamente nella testa, come se fossi seduto nella sala di un cinema e stessi guardando un film in pianosequenza, di quelli che ti spaccano il cervello tante sono le immagini che ti vedi scorrere davanti agli occhi. Neffa è interessante anche per questo ed è proprio per questo che ti aspetti tanto, ma rimani quasi deluso. Lo ascolti e al quinto brano ti sembra tutto uguale. E da un artista che ha fatto davvero di tutto ci si aspetta che lo faccia, non che proponga un disco impersonale.
Un aspetto da non sottovalutare, positivo e negativo allo stesso tempo, è quello dei featuring. Canerandagio - Parte 1 è composto da 10 tracce e, escludendo l’intro, sono tutte collaborazioni (per la precisione 14). Da Guè a Fabri Fibra, da Ele A a Noyz Narcos, c’è un po’ di tutto: le voci femminili, il rap più crudo e quello più conscious, la quota old school e il pop. Ma a parte qualche eccezione, nessuno brilla particolarmente. L’unico a ribadire che (quasi) qualunque featuring faccia riesce a essere incisivo è Guè. E infatti Cuoreapezzi è una delle tracce riuscite di questo album, dove il guercio poteva decidere di “essere fero o essere piuma” e in questo caso è stato entrambe: “ho visto la morte in faccia ma non era un crush testing / pensavo a cosa avrei lasciato a parte i miei testi / una bimba ha bisogno di un buon padre, io mi devo salvare prima che il tempo scade”. Un Guè così lo si vorrebbe sentire più spesso, più riflessivo e meno cazzone (come, ad esempio, in Need U 2Nite con Massimo Pericolo, dall’album Madreperla). Inaspettato, invece, Hype (nuoveindagini), brano con Fabri Fibra e Myss Keta. In una lunga intervista a Rolling Stone, Neffa ha spiegato a proposito della Myss: “È stato fondamentale un mio passaggio a Milano. Ho visto la sua produttività, la sua violenza, una città dove tutto è molto figo ma dove se respiri muori. E allora ho scritto quel ritornello. E ho pensato: se devo scrivere un ritornello su delle forma di nulla che diventano reali non devo chiamare un francescano che fa la predica e dice che l’hype è qualcosa di brutto, ma Myss Keta, un progetto che è nato come critica a tutto questo. Lei è un personaggio fantastico”. Scelta azzeccata, perché c’è quel funkettino in cui riconosciamo davvero Neffa, Fabri Fibra che rappa come solo lui sa fare (bene, che altro dire), e Myss Keta nel ritornello che sfotte ancora una volta la Milano da bere, tra marketing e crimini “mentre scattano nuove indagini”. Della big city capitale della moda e del design si è già detto tanto, ma non è mai troppo, ed è sempre triste ascoltare come venga dipinta Milano, una città ricoperta d’oro ma lugubre, in cui aleggia più un sentore di morte che di vita. Tornando alle collaborazioni, quella meno riuscita è nella traccia che chiude l’album, Tuttelestelle. La presenza di Ele A, che porta come sempre la sua attitudine old school (e noi l’abbiamo vista rappare anche con Neffa a Milano l’anno scorso al Mi Ami, esperienza quasi mistica data la bellezza), alza sicuramente il livello, che viene poi abbassato da Francesca Michielin. Sia chiaro: non è che lei di per sé sia una cattiva cantante, ma si sarebbe potuta fare una scelta “commerciale” di altro tipo. Una Levante, per esempio, cantautrice più musicalmente matura. Arrivati alla fine di queste dieci tracce di Canerandagio - Parte 1 l’idea che ci facciamo è che il “guaglione” è tornato sulla traccia, ma non è stato incisivo come ci saremmo aspettati. E in un periodo in cui ogni disco che esce è “l’album dell’anno” dobbiamo prenderci la responsabilità di dire che qualcosa non ci convince fino in fondo. E questo progetto rimane così, sospeso a metà, tra l’aspettativa di rimanere stupefatti dal ritorno di Neffa e la delusione per un nuovo capitolo insipido, di quelli che ti fanno lasciare i libri a metà, per poi riporli su uno scaffale a prendere polvere e dimenticartene. Probabilmente per sempre.
