Pietro Turano, attore e attivista dei diritti lgbtqia+ e vicepresidente di Arcigay Roma, in un post Instagram ha rivelato il suo intenso rapporto con il mondo dello sport, partendo da un racconto intimo e personale per poi passare all'analisi di un fatto di attualità che ha scosso l'opinione pubblica, ossia la polemica sull'identità ses*uale di Imane Khelif, la pugile algerina medaglia d’oro alle Olimpiadi di Parigi 2024, che ha di recente comunicato di aver sporto denuncia per cyberbullismo aggravato. Probabilmente proprio la battaglia di giustizia, dignità e onore di Khelif (come scrive in una nota il suo legale), ha portato Turano a condividere con i suoi followers una storia d’amore, fatica e accettazione che lo riguarda personalmente. Turano definisce il taekwondo e lo Sporting Prati (dove aveva cominciato ad allenarsi con sua sorella all’età di quattro anni) rispettivamente “il mio sport” e “quello è il luogo in cui sono cresciuto prima di qualsiasi altro”. Ma come mai l'attore ha deciso a un certo punto di abbandonarlo? “Il motivo l'ho capito solo molti anni dopo e ne ho avuto conferma in questi giorni, commosso di fronte ai 'colpi di coda' dello 'scorpione' irlandese Jack Wooley”. Ha poi continuato: “È che il vero motivo per cui ho smesso di allenarmi è stato la vergogna. Non ho smesso solo subito dopo la cintura nera e la prima gara, ma anche subito dopo aver fatto coming out: mentre cominciavo a presentarmi al mondo per quello che ero, mi sottraevo al mondo che già mi aveva conosciuto“.
Sempre nel suo lungo post Instagram: “Dopo il coming out mi sono improvvisamente vergognato di stare negli stessi spogliatoi in cui ero stato ogni giorno nei dieci anni precedenti, senza nemmeno bisogno che fosse qualcun altro a farmi provare vergogna. Mi sono sentito in colpa senza che nessuno mi facesse sentire in colpa. (...) Alla vergogna, alla paura, all'idea che certe cose non siano per noi, che è meglio lasciar perdere piuttosto che doverci sbattere la testa. Per sottrarmi al pericolo di soffrire mi sono ferito da solo; attraverso la pratica della negazione mi sono sottratto ai miei desideri, con la paura che non mi potessero appartenere. L'ho fatto senza nemmeno accorgermene. Quando pensiamo all'omotransfob*a nello sport, nella scuola, nel lavoro, nella famiglia, in ogni dimensione sociale in cui ci manifestiamo, dobbiamo pensare che dietro ogni gesto violento ce ne sono almeno un altro milione invisibili e persino meccanici, subiti o autoindotti, di annichilimento. Dietro ogni Imane Khelif ci sono infinite storie di identità e corpi che non conosciamo né riconosciamo minimamente”.
Pietro Turano ha poi cercato di scavare ancora più a fondo dentro se stesso con uno sguardo sempre ben riposto sui fatti che abitano l'attualità. Partendo dalla sua storia personale e l'ammirazione per Jack Wooley, il taekwondoka irlandese che fece coing out a diciassette anni (per la propria bises*ualità, alcuni atleti avversari lo avrebbero addirittura discriminato, rifiutandosi di stringergli la mano), l'attore e attivista ha restituito al lettore la complessità che si cela dietro le cose, gli esseri umani e ricordato anche a chi non si era mai posto prima il problema, quanto è importante in un contesto sportivo sentirsi rappresentati e liberi.
Dietro ogni Jack Wooley ci sono infiniti coming out negati, rinunce, autosabotaggi. Per questo mi ha commosso vedere combattere nel mio sport un campione del mondo dichiarato: dietro questo minuscolo simbolo ci sono tantissimi nuovi me che non hanno abbandonato le proprie palestre, che si sono potuti immaginare campioni almeno per il tempo che quel sogno meritava di durare. Io ho creduto di non potermici immaginare e non mi ci sono immaginato, tutto qua. Per questo, se tutto è politico, l’omotransfob*a non è solo l’omotransfob*a e lo sport non è solo sport (...).
Con parole audaci e una grande sensibilità, l'attore ha ricordato al suo pubblico (che recepisce il suo messaggio con un enorme peso sul petto e trasporto emotivo) che lo sport non è solo uno sport, ma anche lotta per i diritti, politica e molto altro ancora. Sottolineando inoltre quanto sia straordinaria, giusta e profondamente politica la notizia che la pugile d'oro Imane Khelif, dopo aver trionfato alle Olimpiadi di Parigi 2024, abbia scelto di denunciare formalmente chi ha condotto una campagna d'odio contro di lei. Insomma, il 2024 e i fatti Parigi sembrano aver segnato profondamente l'attore che ha concluso così il suo messaggio: “Per me invece è l'anno in cui ho promesso a me stesso di ricominciare taekwondo, perché se devo prendere calci, anche se non ho mai smesso di combattere, che sia almeno per una medaglia. Pure di cartone”.