Le Olimpiadi di Parigi 2024 vanno avanti, eppure tutto sembra essersi fermato a un caso: quello delle due (o dei due) pugili Imane Khelif e Lin Yu-Ting, che tra mille polemiche, più di natura medica che sportiva, adesso lotteranno nelle rispettive finali di categoria (66 kg e 57 kg) nel torneo di boxe femminile dei giochi olimpici. Il caos, più che il caso, è scoppiato in occasione dell’incontro dell’algerina (Khelif) contro l’azzurra Angela Carini, e ancora oggi, a giorni di distanza da quel discusso match, e nonostante tutte le dichiarazioni del Comitato olimpico, non è stata fatta del tutto chiarezza sulle due atlete, che erano state escluse dai mondiali di boxe 2023. Insomma, quali sono i loro reali cromosomi? E quali i livelli di testosterone? Possono realmente competere con le altre donne oppure no? E poi, cos’è la questione dell’intersex? Beh, a questo punto ci prova Vittorio Feltri ha mettere in chiaro alcuni punti, rispondendo a un lettore de Il Giornale nella sua rubrica La stanza di Feltri. A scrivere al giornalista è il dott. Pasquale Graziano, clinico medico da oltre quarant’anni, secondo cui “il presunto intersesso […] non esiste. I cromosomi Xx sono femminili, gli Xy – scrive – sono maschili”. E soprattutto, conclude così la lettera a Feltri, “non esistono quaranta sessi, ma quaranta differenti malformazioni sessuali congenite” e punta il dito verso le nuove ideologie che “partono da una conclusione alla quale si vuole arrivare manipolando poi le conoscenze per legittimare quella conclusione, avvalendosi non di studi scientifici ma di pareri di presunti esperti che calano le cose dall’alto di una piramide […] – insomma – come nel gioco delle tre carte, cambio una parolina e cambio la realtà”. La risposta del giornalista, dunque, cerca di fare chiarezza, ma sempre in stile feltriniano…
Anche Feltri, che tiene a evidenziare di non essere medico né tantomeno genetista, è convinto che “l’intersesso non esista, che sia una invenzione puramente ideologica, l’ennesima schizofrenia di una cultura di sinistra che intende annullare ogni identità, inclusa quella sessuale, in nome di una libertà distorta”. Il giornalista, in poche parole, si tratta di “un delirio volto a giustificare una stortura”, ovvero quella che “su un ring un individuo biologicamente maschile prenda a botte un individuo biologicamente femminile […] nonostante la disparità tra i due soggetti”. Inoltre Feltri, che ammette di essere “cresciuto credendo che i generi fossero due”, trova “preoccupante che coloro i quali denunciano tale ingiustizia […] vengano tacciati di essere complottisti, filoputiniani, fascisti e chi più ne ha più ne metta”. L’invito del lettore era di tornare alla scienza, “quella vera che è razionale e non dogmatica”, invito accolto dal giornalista: “La circostanza che soltanto una delle due parti disponga del cromosoma maschile, che conferisce una forza di gran lunga superiore, rende la gara indiscutibilmente iniqua e – afferma – non esiste al mondo alcun esperto che possa persuadermi del contrario”. Nel suo articolo-risposta Feltri se la prende anche con i media, rei di celebrare Khelif come un simbolo di “femminismo ed emancipazione della donna, emblema della liberazione della donna dal giogo i un maschilismo che imperversa in Occidente così come nel mondo arabo. Ma davvero le donne – chiede –, per essere considerate emancipate, devono possedere un corredo genetico maschile?”. In questa analisi della realtà, nella visione del giornalista, sembrerebbero esserci i “segni di quella cultura che ha mascolinizzato la femmina, virilizzandola e svilendola nel tentativo di metterla sullo stesso piano dei maschi […] rinunciando, non senza pentimento, ai loro caratteri fondamentali”. Eppure, sottolinea, “questa società ha bisogno delle donne e le donne sono vincenti quando valorizzano quelle peculiarità che le rendono uniche e preziose”. E infine, come sarebbe una finale con le due pugili intersex a confronto? “Finalmente – conclude Feltri – assisteremmo a uno scontro bilanciato nell’abito della boxe femminile, che dovremmo forse chiamare adesso ‘boxe intersessuale’”.