L’opinione pubblica si indigna. Professionisti dell’indignazione. Guardano al Vate dai grandi numeri con la tuta di lana, oramai sold out, grigia e da cilicio, come alla più terribile delle ignominie. È una mancanza di decoro signora Ferragni, sembra mormorare un coro belante e a tratti di “digrignatori” (il neologismo si può inventare per occasioni molto speciali) perfezionati al catechismo delle buone maniere. In fondo non c’erano gli schifosi no vax su cui defecare ogni biasimo? Non c’era il signor Bassetti con le deliziose sopra arcate a nido di rondine a dilavare ogni dubbio scientifico? Non c’erano i buoni o i cattivi, una volta, nel bassorilievo delle coscienze di ognuno, accozzate nell’unico sommario cumulo di concime, o insomma sterco da gettare alle bestie e ai campi arati? E sapevamo da che parte stare sempre, con un like o una mostrina da hater sì, ma zelanti e consapevoli. Il benaltrismo come una poetica attraverso cui ruttare la trippa del giorno prima. Ora la comunità di catodisti (da tubo catodico, altro neologismo non verificabile nei dizionari, chiedo perdono) o di social-frequentatori fremono di issare vari ed eventuali scudi. E accidenti, hanno ragione. Quindi Chiara Ferragni non è così buona, brava e bella? Non è la fine di ogni certezza? Come non so Bassetti senza sopracciglia a ali di rondine o Bruno Vespa senza un libroide natalizio da propalare a reti unificate; un Fazio senza poltrona. Uno sfintere qualsiasi. Non si fa, per un pandoro, no, non si fa. C’è di mezzo una parola che purifica le idiozie e ci trasforma tutti in pastorelli del presepe: beneficenza. E invece non è vero. I soldini sono tutti per Chiara. E i poveri e i bambini e i “vattelaapesca”?
Quindi? Non era tutto vero? Sono ricchi e anche buoni, infatti sostengono molte cause. I poveri sono brutti di solito, sporchi e neri, e fanno arrabbiare la Meloni, perché sono dei parassiti, perché non ce la fanno, a guera è guera. Se sono sudisti fanno incazzare Salvini, che non è vero che beva Mojito in una spiaggia sarda davanti a una che si dimena con le tette sudate in una specie di terrore d’agosto. Che c’entra? Nulla. Perché avete ancora questa fissa di legare le vicende secondo logiche umane e non ferali, dare una spiegazione, o peggio un nome esatto alle cose? Persino le cose schifano quel nome, se ne vergognano. Anche perché a noi piace tantissimo avere un eroe su cui convenire tutte le parole e le azioni giuste, giustissime. Uno a cui un dramma inenarrabile ha dato la parola. E adesso siede con Fazio in Tv. E si parla di lui o dell’altra, che sforna slogan come le torte di mele di nonna papera. E se ci sono simboli esoterici insieme con le buone rivendicazioni, ci si indigna e si grida alla maldicenza, come per la Ferragni (“sono solo felpe! E non pentacoli!”); anche perché l’altra che sforna slogan e simboli esoterici, di cui non faremo il nome, ma è il caso di cronaca dell’anno, è una brava ragazza. Le brave ragazze. Ma a noi sembra un carosello, cerchiamo la dignità del dolore, la sua verità, non la troviamo. Ci sono però i medesimi “indignatori” (i neologismi si inventano per necessità) che assalgono le associazioni pro vita. Perché è l’emancipazione, è il progresso, signora mia. Trucidare feti è una figata snob e di sinistra, mentre fottere l’opinione pubblica, senza saperlo (ma davero davero?), e per uno schifo di pandoro che dopo due giorni è secco come le gambe di mi zia, ecco è esattamente un fatto disdicevole. Da non crederci, che manco i no vax. E quando le persone crepavano per le reazioni del magico siero, noi avevamo Bassetti o il superbo Burioni il cui cognome purtroppo e crudelmente sapete con che fa rima? Burioni dei miei… Bisogna fare rumore. Che non diventi un meteorismo globale. Promesso?