Prima e meglio di altri, Pablo Escobar aveva capito che il calcio non serviva solamente a riciclare denaro, ma a ripulire la propria immagine offrendo al popolo una dimostrazione della propria bontà. Né un banale circo fatto di gladiatori né sportwashing. L’azione del re dei narcos è molto più profonda e sottile. Costruendo un campo dava speranza, opportunità di lavoro. Contro chi, invece, la povera gente non l’ha mai considerata. Narcoball. Amore morte e calcio nella Colombia di Escobar di David Arrowsmith, uscito per 66thand2nd, parte dalle origini del criminale più famoso della storia, nato nel bel mezzo della Violencia, cresciuto nell’ambizione, forgiato nella guerra continua con la legge. Per anni è uno degli uomini più ricchi del mondo, arrivando a movimentare fino all’80% della cocaina mondiale. Il calcio, però, oltre a un valore politico (Escobar puntava a diventare presidente) era per Pablo una questione di cuore: voleva far vincere la Copa Libertadores al suo Atletico Nacional, di cui è prima tifoso e poi finanziatore. Nel 1989 riesce nell’impresa, i Verdolagas battono dopo sedici calci di rigore i paraguayani dell’Olimpia. Durante i festeggiamenti a Medellìn, sottolinea Arrowsmith, muoiono venti persone. In porta c’è René Higuita, in difesa Andres Escobar (ucciso anni dopo in seguito alla fallimentare campagna mondiale dei cafeteros a Usa 94), in mediana El Pibe Valderrama. Una generazione leggendaria, scheletro della Colombia migliore di sempre che ben figurò a Italia 90. Pablo è uno degli artefici, insieme ai narcos del Cartello de Cali, dell’epoca d’oro del calcio colombiano.
Arrowsmith traccia la tangente della vita di Escobar: prima è Pablo, poi El Patron e infine narcoterrorista. Nel mezzo imprese calcistiche, come la sfida dell’Atletico Nacional al Milan degli olandesi in Coppa Intercontinentale, e strategie del terrore in patria: minaccia arbitri, invia sicari sedicenni a sparare nel petto a chi voleva estradarlo negli Stati Uniti (“meglio una tomba in Colombia che un carcere in Usa”) e mette taglie sulla testa dei poliziotti (il “Plan Pistola”), interpretando al meglio il paradosso di ogni malavita: chi è davvero tutore delle necessità della gente? In quell’inter-mondo, grazie al carisma e alla coca, Escobar divenne Don Pablo. Plama, plomo y fùtbol: i capisaldi di un impero.