Mentre gli addetti ai lavori erano concentrati sul confronto tra gli ascolti de La Ruota della Fortuna e quelli di Affari Tuoi, il vero dato di cui tenere conto era un altro. Lo ha diffuso lo Studio Frasi, società specializzata nelle analisi dei contenuti e dei pubblici dei media e depositaria di un data base che raccoglie gli ascolti dei programmi televisivi rilevati da Auditel dal 1986, anno della fondazione dello Studio. Ebbene il dato è il seguente: confrontando la settimana dal 15 al 21 settembre 2024 con l'omologa del 2025, cioè quella che andava dal 14 al 20 settembre, gli ascolti tv sono scesi del 7,7%. In valori assoluti, rispetto allo scorso anno, all'appello mancherebbero 1,6 milioni di telespettatori. Numeri da sottrarre a quelli già esigui della platea televisiva, per cui un 20% di share in prima serata è qualcosa per cui stappare spumante.
Va meglio ai telegiornali? No, dato che per loro la perdita è “solo” del 7%, 1,3milioni di telespettatori. Eppure di motivi per guardarli ce ne sarebbero, con i venti di guerra che soffiano sempre più prepotenti in Europa e il genocidio -ora certificato dalle Nazioni Unite- in corso a Gaza.

Una crisi, questa della tv, che non si può spiegare solo con “è stato il web”. A partire proprio dai telegiornali, ormai divenuti contenitori senza identità, dove i servizi si riducono a un alternarsi di dichiarazioni dei politici. Risultato? Il telespettatore saprà benissimo cosa ha detto tizio o caio in merito alla questione di turno, molto meno in cosa consista davvero la questione. Non che si tratti di una deriva recente, ma con Mediaset storicamente a destra e la Rai che si è valsa il soprannome di “TeleMeloni”, l'appiattimento è percepito in maniera ancora più netta.
Situazione diversa per l'intrattenimento? Basta guardare i programmi in onda: a Mediaset come in Rai, i titoli forti hanno ormai quasi tutti un numero di anni a due cifre. E quando si prova a portare qualcosa di nuovo, solitamente il tentativo fallisce: perché il format è sbiadito, perché di fondo i volti sono sempre gli stessi, perché manca la novità che riesca a colpire l'attenzione. Insomma, l' “x factor” dei programmi tv.
Il pubblico che resiste è quello che della tv ha fatto un'abitudine: età media 58 anni per Mediaset e 64 anni quello Rai, sempre secondo i dati dello Studio Frasi. Pubblico che, anche se ha già spento la tv al 7%, costituisce ancora lo zoccolo duro della platea.
Al contrario, un pubblico giovane che non è affezionato al mezzo, va attirato: obiettivo che richiede sperimentazione sia di conduttori che format, storie, coinvolgimento. Un lavoro che, invece, i programmi già rodati possono in parte risparmiarsi, andando avanti con il pilota automatico. Si dà il caso però, che il pubblico giovane sia notoriamente quello più pregiato per gli spot pubblicitari: vale a Mediaset, tv commerciale, ma vale anche per la Rai che oltre al canone, si basa anch'essa sulle inserzioni pubblicitarie.

Quando ci si riesce, un pubblico che si sintonizza, o che recupera in streaming, c'è. Uno su tutti? Il Festival di Sanremo, passato dagli anni in cui era percepito come evento tradizionale, e snobbato, a diventare una sorta di settimana laica in anni più recenti. Nell'edizione 2025, la prima serata è riuscita ad attirare l'83% tra i 15-24enni e il 70% dei 25-34enni. La stessa Ruota della Fortuna va molto bene tra i giovani: nella prima puntata del 14 luglio ad esempio, ha registrato il 31,9% di share tra i ragazzi della fascia 15-19 anni e 28,9% tra le donne 20-24 anni.
Due esempi di programmi che sono tutt'altro che nuovi, eppure attualizzati grazie a un ripensamento generale che ha coinvolto social, meccanismo, dinamiche. Due esempi che però, nel panorama generale, sembrano più un'eccezione che un obiettivo: non potrebbe essere altrimenti, senza un ricambio generazionale, sia in video che autorale.
Marshall Mc Luhan sosteneva che il mezzo fosse il messaggio: nella tv italiana il messaggio è chiaro, navigare a vista.
