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Langone sul caso Ferragni-Balocco: “Chi comprava i suoi dolci già non pensava con la propria testa”. E consiglia le alternative “colte” a pandori e panettoni industriali

  • di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

20 dicembre 2023

Langone sul caso Ferragni-Balocco: “Chi comprava i suoi dolci già non pensava con la propria testa”. E consiglia le alternative “colte” a pandori e panettoni industriali
Camillo Langone sposta l’attenzione dallo scandalo Ferragni-Balocco al quello dei consumatori di dolci natalizi industriali. Un problema di gusto, quindi gravissimo in un Paese che vanta ricette locali oscurate da pubblicità e influencer: “Chi comprava questo tipo di dolci già non pensava con la propria testa”. Ecco le alternative virtuose che non troverete nei supermercati

di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

C’è un aspetto del caso Ferragni-Balocco di cui nessuno parla. Nessuno tranne Camillo Langone, in grado di trovare anche nella notizia più mondana il controcanto raffinato, un motivo di denuncia realmente sociale, che ha a che fare con il gusto, con la cultura gastronomica e con una parola che ormai sembra aver perso qualsiasi connotazione positiva: tradizione. Come diceva Pier Paolo Pasolini, “chi si scandalizza è sempre banale; ma, aggiungo, è anche sempre male informato”. Quindi, messo da parte lo stupore per la multa e le reazioni a catena del tutto prevedibili, possiamo parlare di qualcos’altro: ovviamente dei consumatori. Come nota Langone nella preghiera pubblicata su Il Foglio, “panettoni, pandori, uova di cioccolato sono i dolci del gregarismo consumistico: piccole produzioni in origine locali e artigianali poi esplose a livello globale grazie ai mass media e a una certa facilità produttiva. Chi comprava questo tipo di dolci, a meno che non fosse milanese (per il panettone) o veronese (per il pandoro), già non pensava con la propria testa. Era dunque una vittima designata degli influencer”. Sembra qualcosa di totalmente trascurabile, ma non è così. Per evitare lo scandalo bastava evitare l’influenza degli influencer, cioè evitare di darla vinta al cattivo gusto. Secondo Langone: “Era prevedibile lo scandalo, era evitabile la delusione. Bastava comprare dolci davvero tipici, davvero territoriali. E si può sempre cominciare”.

Camillo Langone
Camillo Langone

Di quali dolci si tratta? Dei grandi esclusi dal mercato di massa, mentre panettoni e pandori industriali fanno ormai parte dell’economia di scala dell’Italia prenatalizia. Eccoli, allora: “Dolci come le cartellate baresi (Natale) o il casatiello napoletano, con le uova vere e intere (Pasqua), sono di ambito talmente circoscritto e di lavorazione talmente complicata che nessuna industria ha interesse a produrre, nessuna influencer ha interesse a promuovere. Fate beneficenza a voi stessi: cercateli, comprateli, mangiateli e poi fatemi gli auguri”. La preghiera gastronomica di Langone si estende oltre, per stile e citazioni notevoli di ricette notevoli, la pura polemica di cronaca. Al bisticcio si compensa con un’invettiva artusiana, italica, sì, da conservatore, la cui solitudine etterna dura, evidentemente anche a tavola. Ma a Natale è lecito sperare, poiché la speranza – al contrario delle mode orientaliste che vorrebbero negarle lo status di virtù – è anche una componente cristiana, di quel cristianesimo paolino che oggi viene continuamente contraffatto, ma resta lì: “Spe salvi factum sumus”, nella speranza siamo stati salvati. Che poi è l’inizio dell’enciclica di un papa ancora meno popolare, agli occhi dell’industria dei nuovi paganesimi, delle ricette consigliate da Langone.

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