La sorpresa della settimana ce l’ha riservata Lazza. Il suo nuovo e atteso album Locura arriverà il 20 settembre, mentre nella notte tra giovedì e venerdì è uscito il primo singolo estratto, Zeri in più (Locura), con un featuring che nessuno si aspettava: Laura Pausini. È bastato l’annuncio a far scatenare i social, perché in effetti si tratta di un’accoppiata particolarmente esplosiva: la regina della musica leggera tradizionale, famosa in tutto il mondo per il suo attaccamento filologico alla canzone melodica italiana, e il re delle classifiche attuali, che ha dimostrato a più riprese che il rap è un genere musicale tridimensionale e ricco di sfumature. Nella mente di molti fan accaniti, Pausini e Lazza sono alternativi, non complementari: o ascolti l’una o ascolti l’altro, non hanno senso di esistere nella stessa traccia. Ma anche molti artisti, sia della scena pop che della scena rap, vedono il loro binomio con scetticismo, almeno sulla carta. Da dove viene tutta questa diffidenza? E soprattutto, ha ancora senso, nell’anno del Signore 2024?
Partiamo dall’oggetto del contendere, ovvero dalla traccia in questione. Zeri in più (Locura) è un pezzo solidissimo, che volutamente richiama atmosfere molto diverse da quelle abitualmente cavalcate da Laura Pausini, che non definiremmo nostrane, però: il brano campionato, che serve poi da struttura portante per il cantato, è Una Locura dello spagnolo José Luis Perales Morillas. Già nelle prime ore dall'uscita del pezzo, molti commentatori hanno azzardato paragoni con pezzi italianissimi come Se bruciasse la città di Massimo Ranieri o tutt’al più Dicitencello vuje di Roberto Murolo. Questo ci fa capire che i fan del rap italiano spesso sono abituati a pensare per schemi e hanno dimenticato il gusto per il sampling dei loro “antenati” – leggi: i rapper e i produttori degli anni Ottanta e Novanta – che passavano settimane a scavare in una scatolone di vecchi vinili alla ricerca del campione giusto per il loro brano. Allo stesso tempo, quando l’uscita del brano è stata preannunciata, sempre tra i fan, si era diffusa la convinzione che si sarebbe trattato di un classico pezzo d’amore con ritornello pop melodico. Ma anche in questo caso, lo stereotipo è stato ben presto smentito, perché si tratta di un cosiddetto banger, ovvero un pezzo che pesta fortissimo, creato ad hoc per rimanere impresso per la sua forza e non certo per la sua delicatezza. È un bene che Lazza e il suo team abbiano voluto ricordare a tutti le regole di questo meraviglioso gioco chiamato "hip hop".
In difesa del pubblico, però, c’è da dire che negli anni siamo stati abituati a non rimanere spiazzati da questo tipo di featuring. Inizialmente, le contaminazioni tra la musica leggera italiana e il rap di casa nostra avevano infatti uno scopo puramente funzionale: servivano ad aiutare i rapper a mettere un piede in radio o nelle manifestazioni tv come Festivalbar e Sanremo, ed erano fortemente consigliati dai discografici vecchia scuola, che la vedevano come l’unica via per arrivare al pubblico generalista. Oltretutto, va detto che non sempre il gotha del pop italiano è stato felice di doversi prestare a questo tipo di contributo: negli anni passati infatti si vociferava di parecchi cantanti poco entusiasti all’idea di dover collaborare con i rapper, considerati musicisti di serie B o personaggi fin troppo folkloristici. Questa, però, per fortuna era solo la situazione di partenza. C’è chi l’ha trasformata in un’occasione di dissacrante ironia, come Marracash e Gué, che nella loro ormai leggendaria Cantante italiana (da Santeria, del 2016) si prendono gioco dell’abitudine di convocare cantanti in voga a caso per fare una comparsata nel proprio disco. E poi c’è chi ha cambiato le carte in tavola, come Gemitaiz e MadMan, che ne La scatola nera (dall’omonimo album del 2019) ospitano Giorgia e la fanno allontanare decisamente dalla sua comfort zone, traghettando la sua voce cristallina su atmosfere black e sussurrate, dando vita a un pezzo magistrale.
Nel frattempo sono passati gli anni, è cambiato il contesto, il numero di streaming è diventato la discriminante principale per approdare ai vertici delle classifiche e la situazione si è ribaltata: ora sono i cantanti di musica leggera italiana ad avere bisogno dei rapper/produttori hip hop per ottenere il favore del pubblico generalista, e i loro discografici a suggerire collaborazioni che possano “svecchiarli”. Sia chiaro, non tutti sono saltati sul carro del vincitore: alcuni hanno sempre amato e stimato il rap e non ne hanno mai fatto mistero, mentre altri hanno preferito mantenere fede alla propria identità artistica, senza aprirsi obbligatoriamente a nuove contaminazioni. Così sembrava avere fatto anche Laura Pausini fino a qualche tempo fa, dichiarandosi molto scettica sull’uso dell’auto-tune (per usare un eufemismo) e rifiutando duetti con artisti dai messaggi violenti e machisti (Lazza non è né maschilista né violento, ma è un rapper, e adotta lo stesso lessico esplicito e "sopra le righe" dei colleghi). Sarebbe interessante capire cosa le ha fatto cambiare idea, e sarà altrettanto interessante vedere come reagirà il suo pubblico a questo apparente cambio di rotta. Non si tratta per forza di mancanza di coerenza, anzi: non tutti gli artisti hip hop sono uguali, e se anche avesse nutrito dei dubbi sulla categoria in generale, Lazza è uno di quelli che può davvero sfatare lo stereotipo del rapper musicalmente ignorante e sempre uguale a se stesso. La cosa più importante, però, restano i fatti: finché escono tracce di grande qualità e valore artistico, tutto è concesso. E sicuramente Zeri in più (Locura) appartiene di diritto a questa categoria, quindi bravi tutti.