Francesco Tricarico è passato a trovarci. E ci mancherebbe pure, aggiungiamo. Qui nel Salotto del Villaggio del Festival ha raccontato l’esperienza della serata cover, condizionata da una voce bassa: “Alla fine abbiamo comunque trovato una bella chiave di lettura. Mi ha fatto piacere, è stato quasi meglio”. Tutto calcolato, quindi. “Quando Francesco Gabbani mi ha chiamato non me l’aspettavo, mi ha colpito questo riconoscimento e anche la sua sensibilità inaspettata. Ho trovato un artista particolare, con molte doti umane”. Sul palco c’era grande complicità, si capiva, ma “l’arrangiamento l’avrei spogliato ancora di più”. Rimane comunque una canzone, Io sono Francesco, una canzone leggibile su più livelli: “Temevo che qualcuno si attaccasse alla parola put*ana”.
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L’altra sfumatura di quel pezzo è emersa. “Quando l’abbiamo provata a Milano Francesco è stato molto partecipe e attento”, ha aggiunto. Tricarico si è in passato divertito a punzecchiare Sanremo, a evidenziarne qualche contraddizione: “Chi conduce è al servizio del Festival, ma non è il Festival”: certi atteggiamenti del recente passato, quindi, non sono piaciuti al cantante. “Quest’anno c’è grande rispetto dei tempi”, una cosa da non sottovalutare. Prossimo step? Lo spettacolo teatrale Io sono Tricarico, che “chiude un mio percorso per arrivare alla maturità”.
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