Se le Intelligenze artificiali (Ia) dovessero essere addestrate con la narrativa contemporanea l’Ia diventerebbe stupida. La notizia che la Penguin abbia annunciato l’inserimento, nella pagina del copyright di tutti i suoi libri, una clausola che espressamente vieta l’utilizzo dei loro testi per l’addestramento delle Ia è una delle notizie più importanti degli ultimi decenni, se ancora il pensiero e la scrittura hanno importanza, cosa della quale dubito già da un po’. Probabilmente hanno ragione coloro che sostengono che l’umanesimo, per come lo abbiamo conosciuto, stia volgendo al termine. Però è un segno, o quantomeno un emergere netto della punta di un iceberg che riguarda il futuro del pensiero; non dell’uomo, che spesso, oramai, vive e ragiona come un’intelligenza artificiale binaria economica, da partita doppia: l’antieconomia – leggete Geminello Alvi e le sue Seduzioni economiche di Faust – è oramai scomparsa da qualunque ragionamento. La narrativa e la letteratura - continua a pensarle come due prodotti diversi, anche se mi rendo conto la cosa non abbia più senso al giorno d’oggi - hanno perso da qualche decennio il loro “oggetto”, la famosa “cosa” come si diceva un tempo. Si continuano a pubblicare per inerzia i De Lillo, i Pynchon, ma come si pubblicava McCarthy, ossia fino alla morte. Ma, come avete potuto constatare non è che gli ultimi due libri di Cormac abbiano aperto chissà quale dibattito o abbia avuto chissà quale riscontro notevole di vendite. Sono la risacca della marea di un tempo: una schiuma che fa bollicine e nulla più prima di sparire. Ovviamente intendo per il “mondo”, non per il lettore, preso come singola persona nella sua complessità: ma è proprio la complessità che va scomparendo. Da qualche decennio l’editoria insegue il mondo, al posto di intervenire su esso. La differenza tra la narrativa di consumo e la Letteratura va scomparendo. Anzi, a essere del tutto sincero, la Letteratura contemporanea, con il suo effetto Dunning-Kruger (cercatevelo su Google o chiedete a ChatGpt), mi sembra inferiore alla narrativa d’intrattenimento. Io, al momento, riesco a leggere soltanto romanzi di avventura, o, se voglio leggere qualcosa di veramente “letterario”, mi rivolgo alla fantascienza e ai romanzi distopici – che l’editoria contemporanea inserisca questi ultimi nella cosiddetta young-adult fiction dà la misura della sua stolidità. Soltanto che, questa “lettaratura” “di genere”, in alcuni casi altissima, nasconde la sua verità, il suo “messaggio”, in una frase, in una virgola. Nasconde la “chiave” di lettura in un anfratto, come si faceva con i tesori. Questo dà a questo genere di testo una struttura che gli impedisce, in qualche maniera, di diventare best-seller, li pone su un altro livello.
Faccio un esempio pratico: se voglio spassarmela mi leggo Clive Cusserl, o questo meraviglioso autore spagnolo, bestsellerista da milioni di copie, che si autopubblica su Amazon: Fernando Gamboa. Ma se voglio ciò che una volta cercavo nella “letteratura” mi leggo William Gibson, che non vende quanto Clive Cusserl o similari. La narrativa bestsellerista è facile da scrivere, ha una struttura ricorrente, ha personaggi ricorrenti, con tic ricorrenti, ha storie identiche nelle quali cambiano soltanto le ambientazioni, che tra i vari autori sono anche ricorrenti. Scrivendoli, gli autori, si comportano come le Ia e sono questi tipo di romanzi che l’Ia scriverebbe in due minuti e di qualità altissima. Questo è il timore delle case editrici, e io non vedo l’ora che l’Ia, per così dire, gli sfili la sedia delle “vendite” da sotto il sedere. Mi conforta il fatto che, comportandosi questi autori come automi, saranno senz’altro superati nella scrittura dalle intelligenze artificiali. Anzi: più che confortarmi mi fa sganasciare dalle risate. Attenzione: non è che il nostro romanzo “impegnato” sia da meno: l’interno borghese con conflitto emotivo e impegno politico l’Ia te ne scrive dieci con la tastiera sinistra mentre con la destra ti scrive un Dan Brown. (Quest’ultimo è, diciamo, un esempio “interno”, della narrativa impegnata italiana il mondo se ne fotte e giustamente). Insomma, se è vero, come è vero, che l’editoria contemporanea ha distrutto la “Letteratura” contemporanea (oramai non è neanche più vero il detto “pubblico cose che vendono così poi posso pubblicare gli autori veri”), viva l’Ia! E l’annuncio della Penguin non è altro, come detto, che l’apparire all’orizzonte della punta dell’Iceberg contro il quale il Titanic dell’editoria… beh, sapete come finisce la storia. Anche perché: come faranno gli editori o i loro autori a capire se l’Ia si sta addestrando sui loro testi? Chi lavora nel mondo delle IA non ha smesso ancora di rotolarsi a terra dalle risate dopo l’annuncio della casa editrice. Per quanto riguarda gli “autori veri”, beh, se ne fottono.