L’altro giorno ero su “X”, lo so, certe perversioni sarebbe bene tenersele per sé, ma Threads ha già stancato e da qualche parte tocca andare per stare aggiornati su quel che gira sui social. L’altro giorno ero su X e a un certo punto mi è capitato sottomano un video, su X ancora si chiamano video, credo, non reel. C’è questo tizio sovrappeso che assomiglia molto a John Goodman (forse è John Goodman, vallo a sapere) che balla non troppo sobrio vestito molto elegante. È in un contesto vagamente campestre, ma in quello che sembra un banchetto di nozze o una cosa del genere, anche chi appare intorno a lui è elegante. Sullo sfondo si vede una botte con su una decorazione di spighe di grano, e alle spalle un capanno di quelli agricoli. Il tipo che balla, il bicchiere di champagne in una mano, una di quelle stelle che sparano scintille nell’altra, è decisamente soddisfatto. La tipa che gli danza di fronte, anche lei con evidenti problemi di linea, pure. A un certo punto, il video dura poco, molto meno del tempo che avete impiegato ad arrivare fin qui, una scintilla finisce nella decorazione di spighe e il tutto prende immediatamente fuoco, facendo una bella fiammata. Due secondi e sopra la botte c’è un piccolo incendio. La tipa sovrappeso e anche un’altra signora, elegante e sovrappeso, forse è un raduno di obesi, corrono impaurite. Il tipo, John Goodman, continuando a ballare si avvicina alla botte, prende a manate la fiamma, alta quasi mezzo metro, finché non la fa cadere a terra, poi, incurante di quel che gli potrebbe capitare, in questo l’abuso di alcolici in genere è d’aiuto, ci assesta sopra qualche pedata, finché il tutto non si spegne, questo mentre gli altri ancora corrono cercando una soluzione. Lui, John Goodman, continua a ballare, come niente fosse. Fine del video. Ecco, se non avessi premesso che ho visto questo video su X, o anche se voi foste o siate tra quanti non credono a quello che scrivo, pensando che io ricorra un po’ troppo spesso alla fantasia, ecco, se quel che vi ho raccontato fosse quindi oggetto della vostra fiducia nel racconto non tanto nei confronti di chi lo ha raccontato, quanto della trama, ci sono ottime probabilità che il tutto sarebbe passato per mero frutto della fantasia. Un ciccione ubriaco che spegna l’inizio di un incendio a mani nude, continuando a ballare è buona come scena di un film, non come qualcosa di reale.
Io l’ho vista, e non sembrava la scena di un film, quanto piuttosto un video di un banchetto di nozze in uno di quegli stati degli Usa che si trovano molto lontani dagli oceani, nei quali Donald Trump andrà a prendere un fottio di voti e dove la gente gira con il pick-up con le corna di bufalo attaccate sul davanti, una mazza da baseball e un fucile dentro la cabina e spesso capita di chiedere informazioni nella sola casa sperduta nella campagna dove però in realtà vive un vecchio tizio che si scopre essere un serial killer. Questa, so che potrebbe non sembrare così, ma è una premessa. Quella che, fossimo in una puntata dei Simpson, sarebbe la piccola frazione di secondi antecedente alla sigla, quando poi Bart scrive sulla lavagna una frase da filastrocca che comunque, come la scena iniziale, apparentemente poco ha a che fare con quel che accadrà nella puntata, in genere qualcosa che molti anni dopo si dimostrerà profetica. Parliamo dei social. E di come i social, ormai, siano diventati a tutti gli effetti il mezzo di informazione più seguito, quindi anche quello ritenuto più veritiero. Questo in virtù del fatto che, in un’epoca di traffico e flussi, quindi di click, spesso se non sempre il giornalismo ormai è dai social che prende le notizie, quasi mai verificabili e quindi verificate, generando il medesimo meccanismo per cui le radio stanno morendo per colpa di Spotify e affini e quindi, per salvarsi, non fa che replicare le modalità di Spotify e affini, accelerando la propria fine. Sui social, proprio nelle ore in cui, giustamente, si dibatteva del caso di Sant’Angelo Lodigiano, forse troppo spesso usando il medesimo linguaggio e atteggiamento verbale che si intendeva stigmatizzare (e non certo per simulazione volontaria), andando cioè a linciare coloro ai quali si imputava di aver dato via a un linciaggio, leggi alla voce gogna mediatica, linciaggio o gogna mediatica per altro ancora più cruenta perché arrivata a breve giro da una esaltazione quasi enfatica, spesso praticata dalle medesime persone nei medesimi social. Ecco, sui social, proprio in quelle ore lì, e mentre quasi tutti convenivano che il solo frutto di questo dibattito, solo frutto commestibile, sarebbe una sorta di “fermiamoci tutti”, quel fare un passo indietro o quantomeno una sosta che in qualche modo possano permettere una ripartenza più lucida, conclusione quasi unanime che però ha visto Fedez sbroccare per l’ennesima volta contro gli hater senza volto, mettendo alla gogna mediatica, parole sue, tale Wazza, la cui faccia (stando a Fedez “faccia da caz*o”) è stata esposta a pubblico ludibrio sugli schermi de Il muschio selvaggio, erroneamente creduta per la faccia di tale Davidone.
Ecco, sui social, proprio in quelle ore lì, è impazzata una notizia curiosa riguardante Stephen Hawking. Stephen Hawking, per chi non lo sapesse, è stato uno cosmologo e fisico di grande genio, famoso per quella che qui, in due parole, non essendo io il tizio col ciuffo che anima la pagina La Fisica che ci Piace, riassumerò nella teoria dei buchi neri, qualcosa che in sostanza ci ha spiegato come l’universo tutto deriva da un punto infinitesimale che si è espanso, teoria parte di un set di altre teorie immagino altrettanto geniali, famoso anche per il suo essere stato colpito in giovane età dalla malattia degenerativa del motoneurone, qualcosa di simile alla Sla, la sclerosi laterale amiotrofica, malattia che negli anni lo ha costretto alla sedia a rotelle e assumere una postura accartocciata, portata avanti sempre con grande ironia, nelle apparizioni pubbliche, a riprova che la mente sana può anche non abitare in un corpo sano, ditelo a quelli fissati con le corse mattutine. La notizia curiosa è legata alla pubblicazione dei documenti del caso Epstein, l’imprenditore americano accusato e incriminato per traffico di minori e abusi sessuali, tra le altre cose, morto suicida nel 2019. Personaggio oscuro, anche la sua morte, siamo nell’epoca dei social, è stata oggetto di parecchie letture paracomplottiste, e nel dire questo ho in parte spoilerato la natura della notizia curiosa che riguarda Hawking (pazienza) che in qualche modo era legata a un gran numero di personaggi famosi, la documentazione in questione sta mettendo in imbarazzo una buona parte del jet-set statunitense. Veniamo però a Stephen Hawking. La notizia che per qualche ora è circolata, ma che alla fine è stata ritenuta una fake, è che anche Hawking facesse parte della cricca di amici o sedicenti tali di Epstein che erano usi far visita alla cosiddetta “isola dei piaceri”, so che detta così sembra una cosa alla Fantasilandia, con tanto di Tatoo lì a fare gli onori di casa, questa è una citazione che vedrete ha il suo perché, ma così è stato chiamato questo luogo dove potenti di varia natura si ritrovavano per soddisfare i propri vizi di natura sessuale, spesso con minori, e sempre poi oggetto di ricatti. Quindi sì, Stephen Hawking, lì sulla sua sedia a rotelle elettrificata, sarebbe andato più volte all’Isola dei piaceri, per soddisfare una sua ossessione, quella di vedere nani nudi risolvere equazioni matematiche mentre stavano sopra un tavolo, essendo nani la lavagna sarebbe stata altrimenti troppo alta per loro. Il fatto che io abbia detto nani e non nane non tradirebbe una natura omosessuale da parte del nostro, ma nelle varie voci circolate a volte si parlava esplicitamente di nane, altre di nani, e immagino che in questo l’inglese abbia contribuito all’ambiguità del caso.
La scena, detta così, fa ridere. Come fanno ridere le battute ben riuscite di Ricky Gervais o Dave Chapelle, o qualsiasi situazione sulla carta suscettibile di sdegno ma in tutti i casi divertente. Perché un fisico superstar, costretto da una malattia a vivere una condizione di evidente disagio, la sedia a rotelle, il fisico che col tempo si accartoccia sempre più, rendendo qualsiasi movimento impossibile, che si sollazzi guardando dei nani nudi già farebbe ridere. Poi il fatto che i nani nudi non stiano facendo sesso tra loro, ma siano lì a risolvere equazioni matematiche sopra un tavolo, per ovviare all’altezza altrimenti inarrivabile della lavagna rende il tutto paradossale. Assurdo. Surreale. Ma credibile. O meglio, creduto. Perché la notizia, a parte la comicità intrinseca della scena raccontata, è circolata parecchio, data quasi sempre per buona. Ci si è riso su, anche perché nel mentre Stephen Hawking è morto, le sue teorie assolutamente no, e perché comunque si parlava sì di nani, ma non di minori, come invece in altri documenti emersi dal caso Epstein. Ridere di un malato grave, seppur geniale, che si eccita guardando persone affette di nanismo che sono in qualche modo costrette a fare qualcosa di buffo e umiliante non sarebbe esattamente oggetto di divertimento. Ma siccome la cosa è paradossale, automaticamente lo diventa. Come il tipo che cade e, senza rompersi il femore, fa un capitombolo particolarmente vistoso. Ma non è di cosa ridiamo o non ridiamo che vorrei parlare, sto già in realtà parlando da tempo, quanto piuttosto di come certe notizie, false, anche palesemente false, possano diventare notizie, quindi fatti dati per assodati, senza che il dubbio abbia la meglio su chi quella notizia la diffonde. Volendo, tanto per allargare il cerchio, si potrebbe parlare del perché certe notizie acquistino più rilevanza di altre, dal momento che i documenti del caso Epstein traboccano di vizi di personaggi famosi, spesso al centro di narrazioni che sfociano nell’illegale, non è il caso dell’aneddoto in questione, a volte anche nel crimine, mentre altre non saltano in evidenza. Certo, Hawking è Hawking, e un gruppo di nani nudi che risolve equazioni matematiche in piedi sopra un tavolo pure non scherza, quanto a iconicità, ma di fatto le logiche e i meccanismi dei social viaggiano su altri binari, la viralità e quella forma di distorsione della notizia originaria che è tipica del gioco “il telefono senza fili”. Se non siete nati nel Novecento, e non siete nati abbastanza lontani dalla fine del Novecento non saprete di che parlo, ma è in sostanza una sorta di esemplificazione del concetto di passaparola, nello specifico di passaparola distorto, per cui un bambino doveva sussurrare all’orecchio di un altro bambino una parola, che poi avrebbe sussurrato, sempre sottovoce, quel che aveva capito all’orecchio di un altro bambino, e così via, finché la parola non sarebbe tornata al primo bambino, che la avrebbe pronunciata a voce alta, dicendo anche quale era la parola detta inizialmente, mai la stessa arrivata alla fine. Pensate qualcosa del genere, e pensatelo in grande, con migliaia o milioni di bambini che si parlano all’orecchio.
Manca la verifica, e spesso anche la verificabilità, ma manca anche la possibilità di verificare, perché i social sono veloci, frammentari e fugaci e perché chi dovrebbe verificare non ha tempo e modo di farlo, anche se giornalista, troppo spesso pagato talmente poco da dover lavorare velocemente su più articoli. Pensiamo a quante volte ci capita di leggere notizie vecchie date per nuove, penso a quante volte sia stato dato per morto negli anni Ravi Shankar, per altro già morto a suo tempo a novantadue anni, e quante volte capiti di vedere sui quotidiani che a accompagnare una notizia su un personaggio sia la foto di un imitatore di quel personaggio, spesso saltato fuori da Tale e Quale Show. Uno si indigna, perché la stampa, signora mia, ma poi realizza che la stampa online è gratis, che quindi si rientra nel loop della velocità, della frammentarietà, del flusso, e forse, mi ricollego a quanto dicevo riguardo alla richiesta di Andrea Laffranchi di avere più tempo per lavorare con la giusta calma e attenzione alle pagelle di Sanremo, che comunque non è che siano una attenta lettura della documentazione del caso Epstein, quanto piuttosto un gioco di chi in teoria si dovrebbe occupare di musica o spettacolo, per qualche giorno a mettersi nei panni del professore che mette i voti ai cantanti. Nel lamentarmi della sua richiesta di avere più tempo, l’ufficio stampa Rai aveva proposto un embargo delle pagelle fino alle 16:30, lui ha preteso in barba al fatto che fossimo tanti, di arrivare alle 18. Ho usato un linguaggio gergale, poco educato, simulando proprio la modalità dei social. Ripensandoci ora, a bocce ferme, capisco di essere stato, appunto, frettoloso, e anche ingeneroso. Sarà mica un caso che lui è caposervizio del Corriere della Sera, io un critico musicale freelance. Lui sa come dovrebbe funzionare davvero il giornalismo, io neanche sono iscritto all’albo e parlo di dita infilate nel culo. La carta, del resto, pretende di suo più tempo, e quindi più attenzione, la gente paga soldi veri e si trova davanti i giornalisti veri, non noi pennivendoli che operiamo sul web, spesso mangiando i marginali confini tra articoli e post. Difficilmente avrebbe mai preso per vera una faccenda come i nani di Hawking, un caposervizio del Corriere della Sera, questa è roba da internet. È invece roba da cartaceo, ottenuto andando in edicola e pagando in euro all’edicolante, pubblicare la foto di una imitatrice di Annalisa a corredo delle proprie pagelle, come ha appunto fatto Andrea Laffranchi sul Corriere della Sera, manco a dire che non stava a lui controllare, è il caposervizio delle pagine di spettacolo, mica uno che scrive in remoto. La prossima volta, in effetti, sarebbe meglio prendersi più tempo, o impiegare quel tempo a scrivere invece che a occuparsi di ciccioni che spengono incendi a mani nude, o di geniali fisici in sedie a rotelle che si eccitano a vedere nani nudi a risolvere equazioni matematiche alla lavagna, in piedi sopra i tavoli.