Già lo sappiamo che in auto girano le palle più facilmente che in altri contesti e che la road rage è una cosa seria. Se poi alla guida ci mettiamo Salmo che rumina su ‘sti tempi grami di musica liquida che paga poco, il rischio bestemmia è dietro l’angolo. E infatti, a sigillare un post di Instagram particolarmente amaro e frustrato, Salmo ci piazza il “porco d*o” che non t’aspetti (forse al momento in cui scriviamo la storia sarà già stata tolta, ma si sa mai). Il rapper si sfoga così: “Già la musica è quasi completamente gratis, perché dovete sapere che le piattaforme di streaming ci pagano un caz*o, ci pagano pochissimo, e vabbè. Però non posso neanche postare su internet – per fare un po’ di pubblicità alle canzoni che ho fatto – per più di 29 secondi. Non si sa il perché, se fai un post di 30 secondi te lo buttano giù. Neanche se ti mettono in white list, e anche lì non ti lasciano più di 29 secondi. Devi stare attento a quello che dici nelle canzoni, alle foto che posti, ai video che fai. Ma allora l’arte è da buttare, non c’è più libera espressione. E allora io vorrei solo dire questo: “Ma porco d*o!”.
Un altro duro sfogo qualche giorno dopo le parole di Ghemon, che nell’ambiente hanno acceso più di una polemica: “L'industria musicale attuale promuove un modo di pensare ed agire inquinato dal culto dei numeri e dei sold out che sta determinando più danni di quelli che il pubblico può vedere. Risultati che nascondono un mondo di bugie e false aspettative in cui, purtroppo a rimetterci, sono un sacco di ragazzi”. Un’altra porzione di scomoda verità sul Sistema versione 2024. Se Ghemon ha quindi riaperto l’annoso dibattito sul ruolo delle major rispetto ai numeri, ai risultati, ai dati che l’artista produce e che da lui vengono pretesi piuttosto in fretta, Salmo si alza come un drone sul panorama descritto da Ghemon e scorge altro ancora. Un regime dello streaming che soffoca, blocca, limita. Prassi ancora più odiose se calate in un contesto in cui il diktat, però, è sempre lo stesso: fare numeri.