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Ma perché Giorgia Meloni ha lasciato la Campania al centrosinistra e Fico? Mentre Elly Schlein esulta senza motivo, noi guardiamo dentro al Teatro San Carlo e prevediamo le elezioni del 2030

  • di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

  • Foto: Ansa

25 novembre 2025

Ma perché Giorgia Meloni ha lasciato la Campania al centrosinistra e Fico? Mentre Elly Schlein esulta senza motivo, noi guardiamo dentro al Teatro San Carlo e prevediamo le elezioni del 2030
Non è una profezia, ma un’ipotesi che parte dalla nostra inchiesta sul San Carlo e se legata alla strategia dell’egemonia culturale del governo può dirci qualcosa sulle elezioni del 2030 e sul perché Giorgia Meloni abbia lasciato al centrosinistra la Campania

Foto: Ansa

di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

Elly Schlein: “Uniti si stravince”. Proviamo a quantificare “stravincere”: + 8% rispetto alle scorse regionali. Complessivamente. Cioè, nelle tre regioni, Campania, Puglia e Veneto (in due delle quali la coalizione ha vinto), non migliorano la loro performance neanche del 10%. Ora, invece, proviamo a dare un’idea di cosa intenda Elly Schlein per “stravincere” se confrontiamo i suoi risultati con quelli del diretto avversario politico, e cioè Fratelli d’Italia: il partito di Giorgia Meloni, complessivamente, cioè nella regione in cui il centrodestra ha vinto e nelle due in cui ha perso, ha migliorato i suoi consensi in termini assoluti  del 46% rispetto al 2020. Per fortuna, mentre i giornali sono ancora lì a contare con le dita, Luca Marattin pubblica i dati del Ministero degli Interni e schematizza bene la situazione italiana. Se aggiungete a questo lo schemino a colori prodotto dal Foglio che mostra come in dieci anni la sinistra abbia perso dodici regioni, avete un’idea di cosa Elly Schlein intenda per “stravincere”: perdere. 

Ora, visto che in politica al comico segue il ridicolo, dovremmo anche ricordare a Elly Schlein che le due vittorie non dimostrano nulla, neanche che l’unione faccia la forza. Campania e Puglia sono da dieci anni del centrosinistra e probabilmente conserveranno ancora per un po’ questo questa condizione, divenuta quasi cronica. La domanda che deve farsi, semmai, è in cosa può migliorare. E niente meglio della Campania, il pontentato di De Luca, può servire per capire quale sia il vero stato di salute della sinistra Italia. In Campania, infatti, dove Fico vince, il Pd insieme alle liste civiche peggiora la sua performance e in termini di voti assoluti scende del 9,2%. Questo, tradotto, significa che la gente che ha voglia di votare, rispetto al 2020, preferisce non votare Pd e liste civiche. A poco sono serviti i comizi sulle sedie di plastica se una regione notoriamente rossa, un mezzo centro sociale a cielo aperto, crede che il Pd a guida italosvizzera abbia poco, se non niente, da offrire rispetto al Pd del 2020.  

Roberto Fico
Roberto Fico Ansa

Migliori sono le performance della destra, e non è una questione di tifo: Fratelli d’Italia segna +7% di voti assoluti rispetto a cinque anni prima, Forza Italia un +77%. Il Movimento 5 Stelle, ovunque in caduta libera, subisce la delusione di chi li ha sempre votati credendoli una forza antagonista e dunque allergica alle alleanza con i partiti istituzionali (in Campania il M5S fa -21,6%). I problemi sono tanti, tra cui la crisi d’identità del centrosinistra campano, che non sa più se dar retta all’ex governatore De Luca, che ora piazza il figlio nella segreteria regionale del partito, o alla schiera di sinistri dietro a Fico, primo fra tutti il “Prof” Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli. Il secondo problema è che, chiunque si scelga di seguire, la sinistra sta vivendo in casa una crisi non solo familiare ma anche strutturale che viene poco raccontata a livello nazionale e che invece sta portando allo smantellamento di un sistema ibrido fatto di piaceri, amichettismo e familismo amorale (cosa che ci siamo abituati ad associare solamente alla destra, meloniana e non). 

Giorgia Meloni
Giorgia Meloni Ansa

Non solo il “sistema Sorrento”, dove l’amministrazione è finita sotto indagine per gare d’appalti molto strane, ma anche per il “sistema San Carlo” (e, come vi abbiamo spiegato, il possibile collegamento tra questi due sistemi, che hanno in comune le strane concessioni affidate alla società Kidea Srl). Sistema di cui si sta parlando sempre meno e non a caso, visto che il nuovo Sovrintendente non solo sta facendo piazza pulita, ma ha chiarito fin dall’inizio che il San Carlo non sarà più il parco giochi di Manfredi&Co. Sì, perché mentre tutti guardano alle elezioni e ai risultati, in pochi si chiedono perché Giorgia Meloni abbia sostanzialmente lasciato perdere la Campania. Fratelli d’Italia, in Campania, ha già vinto, così come Forza Italia. Il più papabile dei candidati a sindaco di Napoli è un uomo retto che fa contento tutto lo spettro meloniano e antimeloniano e forse pure una parte della sinistra: l’ex magistrato Catello Maresca, che da mesi si è dedicato allo scandalo San Carlo, non solo depositando esposti, ma sfruttando l’onda lunga della rabbia locale scatenata dai nostri articoli (mai citati ovviamente) per creare contenuti virali sui social. 

Fuori dal San Carlo c’è dunque un uomo di destra che inizia a fare cucù e, visti i risultati regionali, potrà giocarsela davvero, se lo vorrà, alle prossime comunali. Dentro al San Carlo, il più antico teatro lirico d’Europa e una delle fondazioni più importanti d’Italia, invece, l’uomo la destra ce l’ha già ed è semplicemente il più potente di tutti: Fulvio Macciardi, il sovrintendente appunto, da cui ci si aspetta il pugno di ferro contro la vecchia amministrazione controversa che noi abbiamo scoperchiato, fino al punto da spingere la Procura di Napoli a indagare. Conquistata la casamatta del potere (cioè la fortezza culturale) e in previsione di conquistare la città più importante, sarà solo questione di tempo e la destra potrà sgretolare il consenso che la sinistra, a quel punto, avrà provato a consolidare in quindici anni (2015-2030).

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