Nella speranza che questo possa risollevare minimamente il ritmo del programma, Masterchef prova a calare un asso e ospite del cooking show sarà Rasmus Munk, lo chef danese considerato tra i più rivoluzionari delle nuove. La speranza è che basti, ma in caso contrario toccherà a Hélène Darroze a portare un po’ di energia negli studi, in occasione dell’ultimo Skill Test della stagione. Ma chi sono i due chef invitati da Antonino Cannavacciuolo, Bruno Barbieri e Giorgio Locatelli?
![I giudici di Masterchef](https://crm-img.stcrm.it/images/42444568/2000x/20240228-164601756-1263.jpg)
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Chi è Rasmus Munk?
Rasmus Munk, classe 1991, è l’enfant prodige della cucina nordica, il cui nome è ormai sinonimo di avanguardia culinaria. A soli 30 anni è già uno degli chef più influenti al mondo, con due stelle Michelin guadagnate grazie al suo iconico ristorante, l’Alchemist, situato a Copenaghen. Ma attenzione: chiamarlo “ristorante” potrebbe essere riduttivo, perché l’Alchemist è un’esperienza totale, un luogo in cui la gastronomia si fonde con arte, teatro, scienza e impegno sociale. Non a caso, il suo locale è stato inserito all’ottavo posto nella classifica dei World’s 50 Best Restaurants, una posizione che conferma il suo status di innovatore assoluto. La cucina di Rasmus Munk non è per stomaci deboli. I suoi piatti sono intensi, saporiti e studiati al millimetro, ma sempre pensati per suscitare una reazione. La filosofia dell’Alchemist si basa su un concetto chiave: “Holistic Cuisine”, ovvero una cucina olistica che stimola tutti i sensi e invita a riflettere su temi universali, come il cambiamento climatico, i diritti umani e la sostenibilità. Immaginate di entrare in una sala dove il soffitto è un planetario che simula l’universo, e dove ogni piatto racconta una storia.
![Rasmus Munk a Masterchef](https://crm-img.stcrm.it/images/42444589/2000x/20250213-133225762-6021.jpg)
Alcune sue creazioni sono veri manifesti: il “Tongue Kiss”, una lingua di agnello servita per sensibilizzare sul tabù delle carni meno nobili. Le “Fake Plastic Fish”, piccole gelatine che richiamano i pesci intrappolati nella plastica, un modo per denunciare l’inquinamento marino. Oppure il “Blood Diamond”, un dessert che simula un diamante immerso nel sangue, simbolo delle sofferenze legate alla loro estrazione. Ogni boccone è un pensiero, ogni piatto un’idea che ti resta addosso, un po’ come una mostra d’arte che non riesci a smettere di ripensare. Rasmus Munk non teme le polemiche, anzi, le abbraccia. Ha dichiarato più volte che la cucina non dovrebbe solo piacere, ma anche sfidare chi la vive. Alcune sue scelte hanno fatto discutere, come il piatto ispirato ai rifugiati, o il focus su ingredienti che rompono i confini delle nostre comfort zone gastronomiche.
![Hélène Darroze](https://crm-img.stcrm.it/images/42444590/2000x/20250213-133301494-4838.jpg)
Chi è Hélène Darroze?
Originaria delle Landes, nel sud-ovest della Francia, Hélène Darroze proviene da una famiglia di ristoratori. Ma non è arrivata al successo per semplice eredità: è il risultato di anni di lavoro duro, di un palato impeccabile e di un talento innato per raccontare storie attraverso i suoi piatti. Nonostante una laurea in economia (per la serie: poteva fare tutto, ma ha scelto la cucina), è entrata presto nelle cucine del mitico Alain Ducasse. È lì che ha affinato il suo stile, trasformando le sue radici francesi in una base per una cucina ricercata, ma sempre emozionante. Oggi, Hélène Darroze può vantare 3 stelle Michelin al The Connaught di Londra, 2 stelle al Marsan di Parigi e 1 stella alla Villa La Coste in Provenza. Un bottino stellare che l’ha consacrata tra le chef più premiate al mondo. Cosa rende unica la cucina di Hélène Darroze? Il cuore.
Per lei, ogni piatto è una storia da raccontare, e gli ingredienti sono i personaggi principali. Predilige materie prime locali, spesso ricercate direttamente dai produttori, e ama giocare con i sapori in un equilibrio tra semplicità e raffinatezza. Ma non lasciatevi ingannare dal suo lato poetico: dietro a ogni sua creazione c’è una precisione quasi chirurgica. La sua cucina è il perfetto mix tra tecnica impeccabile e un approccio sensibile e umano, che rende ogni assaggio un’esperienza autentica. Parliamo di un vero e proprio pezzo da novanta, una donna che ha saputo affermarsi in un mondo – quello dell’alta cucina – ancora spesso dominato dagli uomini. Con determinazione e grazia, ha dimostrato che la passione non ha genere e che il talento, quando c’è, brilla più di qualsiasi pregiudizio.
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