Nanni Moretti probabilmente il regista più divisivo della storia del cinema italiano a settant’anni compiuti ha deciso di darsi al teatro. Per il suo esordio sul palcoscenico ha scelto due opere di Natalia Ginzburg, Dialogo e Fragola e Panna. Moretti ha uno stile che può piacere o non piacere, ma è innegabile la sua influenza e il segno dei suoi film rimasto impresso come un marchio nel cinema mondiale. In Niente trucchi da quattro soldi, lo scrittore Raymond Carver diceva di avere una serie di ossessioni a cui ha sempre tentato di dare voce: le relazioni fra uomini e donne, il motivo per cui spesso perdiamo le cose a cui teniamo di più, il cattivo uso delle nostre risorse interiori e “ciò che la gente riesce a fare per risollevarsi quando è finita a terra”. Il peso di chiamarsi Nanni Moretti si intravede anche nelle sue fissazioni sempre espresse nei suoi film. Il rapporto edipico che non vuole risolvere, quelle riunioni di autocoscienza, la sessualità espansa e sudaticcia, lo scetticismo nei confronti di quello che stava diventando la Sinistra, la Chiesa (ma cos’è la fede?). Ma chi era Nanni Moretti prima di diventare Nanni Moretti? Me lo sono chiesta spesso chi fosse lui, prima ancora che le sue frasi diventassero case dove ci siamo rifugiati, chiudendoci dentro e buttando la chiave in giardino, solo perché le sue espressioni sono “comode” e riescono a spiegare i problemi che abbiamo meglio di quanto mai potremmo fare noi, senza sforzi. Ecco, io ora l'ho conosciuto. Perché a teatro, Moretti è tornato ragazzo. Usando un'altra voce, quella della Ginzburg. Il cast, Moretti se l’è scelto bene: Valerio Binasco, Daria Deflorian, Alessia Giuliani, Arianna Pozzoli, Giorgia Senesi. Sono riusciti a restituire quel lessico semplice, familiare come il titolo del romanzo più celebre della scrittrice e a farsi scudo e spazio tra le ipocrisie e i pregiudizi del vecchio Michele Apicella tra Dialogo e Fragola e Panna.
Il regista fa una scelta precisa nella rappresentazione e decide di invertire i testi incominciando con l'opera che cronologicamente è stata realizzata più tardi dalla Ginzburg, Dialogo, per poi passare alla più datata Fragola e panna. Da una dimensione più intima si passa ad una più caotica, da una conversazione a due ci si ritrova in una tavola di discorsi con ben cinque personaggi, la camera da letto diventa nel secondo atto unico una grande sala con una porta che affaccia sul mondo esterno che però sia in Dialogo che in Fragola e panna è sempre intimidatorio. Prima la pioggia e poi la neve. In Dialogo, nella prima scena (sono tutte a cura di Sergio Tramonti) c’è una coppia sdraiata sul letto, un nido d’odio e risentimento più che d’amore. È mattina presto e Francesco (Valerio Binasco) non dà pace né a sua moglie né alle lenzuola che muove in continuazione come se sotto le coperte ci fosse una risposta alle domande e alle lamentele che lo spingono ogni giorno a infastidire la donna. Marta (Alessia Giuliani) a un certo punto però, gli confessa di avere una storia con Michele, l’amico di Francesco, (probabilmente l’unico che aveva a Roma) e pure di aver già pianificato tutto il loro futuro insieme. Ecco che lui le risponde: “Ma la moglie di Michele, Elena è più bella, più brava di te e non ha mica le gambe storte”. Dialogo è divertente, nevrotico, dinamico. Gli spettatori per poco più di quaranta minuti possono abitare quello spazio di verità, in una casa sbagliata dove vivono due persone che non si sa perché si sono sposate. Ma non è la solita e boriosa mortificazione della condizione della femmina del focolare, Nanni Moretti ma ancor prima di lui la visionaria Ginzburg fa un passo in più e ci racconta quel tentato riscatto di una madre e di una moglie che studia la sua via di fuga, la pensa, la racconta e poi se la vede sgretolare fra le mani. Ma fa ridere. E questo non è mai scontato. Fragola e Panna invece…
In Fragola e Panna, la Ginzburg mette in bocca al personaggio di Barbara (una bravissima Arianna Pozzoli) tutta la disperazione e la paura di vivere che forse è pure più forte di quella di morire. Barbara con una valigia mezza rotta va a casa del proprio amante fingendo di essere sua cugina. La serva Tosca (Daria Deflorian) che è una chiacchierona in cerca di compagnia, le crede (tanto per lei è più importante vomitar addosso agli altri le parole inespresse e silenziate perché in casa a parte lei non c'è mai nessuno). Ad accoglierla però c’è la moglie di Cesare, Flaminia (ancora Giuliani) che sa tutto di loro due. Barbara vorrebbe dei soldi o un posto dove dormire perché teme che a casa sua, il suo compagno, possa farle del male ma Flaminia prende il portafoglio e senza pensarci due volte le dà i primi spicci che trova e delega sua sorella per occuparsi della ragazzina (Giorgia Senesi). “Però vede, non è solo una questione di soldi. Se vado ora a sedermi al caffè, come dice lei, o me ne vado in un albergo, ho paura che a poco a poco mi venga la disperazione. Ho paura che mi venga voglia di morire. Perché mi metto a pensare alla mia vita, e dove andrà a finire la mia vita, dove andrò domani, come farò. Mi metto anche a pensare al male che ho fatto, e ho rimorso, però non so neanch'io come potevo fare diversamente, e mi viene una gran pena”. (Ginzburg, Fragola e Panna, 1966) Flaminia fa finta che non gliene freghi niente. Né di lei, né di lui, né di se stessa. Di come sta, di cosa hanno fatto loro, i due amanti, in quei mesi in cui lei in salotto lo vedeva arrivare dalla finestra e lo pensava solo. Donne che si confrontano nell’attesa non di Godot ma di un povero deficiente (interpretato sempre da Binasco) che semplicemente non ha cura degli altri. Cesare ha usato Barbara fino allo sfinimento e poi l'ha buttata via, ha appeso la sua relazione a una sedia, e se l'è dimenticata.