Credo che un artista come Vincent Gallo lavori a un livello primitivo: ci espone a noi stessi, alle nostre falsità, ai costrutti sociali che usiamo come maschere, al terrore e al dolore. Forse lo sto sovra-interpretando ed è diventato, al giro dei 60 anni, il rompicazzo misogino, snob e destrorso che è sempre stato (ricordate il suo sostegno a Donald Trump? Ecco). Ma, diciamolo, quanti artisti rompicazzo, misogini, snob, destrorsi e affascinanti sono rimasti oggi? Due? Il che, naturalmente, non risolve la questione sul tavolo: Vincent Gallo spinge le persone al limite per fare arte? Oppure con la scusa dell’arte usa e abusa psicologicamente dei compagni di lavoro? Chi e cosa siamo disposti a sacrificare in nome dell’arte? È una domanda che ogni tanto faccio ad amici e colleghi, sia che si tratti di Maria Schneider o del bellissimo Björn Andrésen (Tadzio di Morte a Venezia) passando per la giovanissima Brooke Shields in Pretty Baby. Siamo noi fan, pubblico e critici tanto diversi da Luchino Visconti o Vincent Gallo? Se ripenso a quando, dopo il fiasco di Venezia, nel 2010, Gallo è andato via col suo film sottobraccio e non l’ha più mostrato a nessuno (inutile mandargli mail, vi risponderà di no) mi fa molta tenerezza. Non ne nascono più di enfant prodige e lui di certo non è più enfant. Promises written in water, così si chiamava il film, che venne massacrato alla Mostra del Cinema e lì, come un Andrej Rublev minore decise di darsi al silenzio artistico. Tre film girati da attore (uno fu La leggenda di Kaspar Hauser) e ora in post-produzione The Policemen per la regia di Jordan Getner (già produttore del Buffalo ’66): nel cast James Franco (uno dei sopravvissuti del #metoo) e il redivivo Gallo nel ruolo dell’Original Night Stalker (l’altro era Richard Ramirez) ovvero Joseph James DeAngelo, il Golden state killer che stuprò e uccise donne e coppie senza soluzione di continuità dagli anni Settanta e arrestato solo nel 2018. Secondo Rolling Stone e Indiewire tre attrici hanno esposto denuncia al Sag (Screen Actors Guild) per il comportamento “molesto” (commenti sessualmente espliciti) di Gallo durante le audizioni. Comportamento che non sarebbe stato mediato neanche dal regista Gartner e da nessuno della produzione. Alle tre donne, che oggi hanno paura di ripercussioni professionali, era stato chiesto da Vincent Gallo di abbandonare ogni pretesa di recitazione per vivere -quasi- in prima persona la violenza psicologica delle vittime dello stalker. Non sentendosi tutelate dal contratto come dalla sceneggiatura, le tre non erano disposte a seguire il realismo portato all’estremo e preteso da Gallo. Insomma, l’idea dell’ex modello stava a metà strada tra l’improvvisazione di Marlon Brando in Ultimo tango a Parigi e una ricostruzione true crime.
“If I say to suck my dick or I will kill you, I want you, you the person, not you the character, not you the actor, but you, to truly believe you will die if you don’t do as I say (…) You won’t actually suck my dick, but you do not have the power, I have all the power. You have no control, I am in complete control”. Questa, a quanto pare, è una delle tante esternazioni di Gallo; che non fosse simpatizzante del MeToo o con un carattere affabile si sapeva da tempo, da quando riuscì a litigare con Roger Ebert allo show di Howard Stern definendo Christina Ricci (co-protagonista nel suo primo film da regista) grassoccia e con problemi di alcolismo. Vincent sente nel politicamente corretto delle pastoie insopportabili. Sono consapevole che dargli il beneficio del dubbio mi faccia passare, agli occhi delle femministe da Instagram, come una serva del patriarcato, ma se difendere l’arte significa mettere da parte i deboli di cuore o i perbenisti, ben venga. Eppure, ho il sospetto che se devi affidarti al cinema verità (o pseudo tale) per ottenere dei risultati a livello di recitazione, forse è meglio darsi agli snuff movie o al torture porn. Torture porn citato, secondo le accuse, da Gallo stesso che avrebbe voluto instaurare un clima di violenza e sudditanza psicologica con le attrici: perché se il killer si eccitava e alimentava del terrore delle vittime, quel terrore sul set deve essere reale. Così come ha messo in chiaro di non poter lavorare con attrici permalose, pronte a fermare la lavorazione del film sentendosi umiliate per questo gesto o quella parola. Insomma, cercava attori senza limiti (gli conveniva ripiegare sull’A.I.) che dessero il totale consenso all’improvvisazione fisica e verbale: dai finti stupri, alle tirate dai capelli o al venire legati a un tavolo.
Mentre al Sag continuano le indagini da una parte, dall’altra si rassicurano i media: un membro stesso del sindacato ha assicurato che tutta la lavorazione di The Policeman si è svolta secondo i limiti legali. Per quanto la Hollywood Commission rassicuri che oggi molta più gente è consapevole di cosa siano i comportamenti scorretti sul set, al contempo i lavoratori dell’industria dell’intrattenimento non vedono dei reali cambiamenti rispetto ad anni fa, e la maggior parte delle molestie avviene nel cinema indipendente. È interessante notare che, tutto sommato, lo stesso modus operandi (visto che ha interpretato un serial killer) Vincent Gallo l’ha applicato a Chloe Sevigny in The Brown Bunny con la bella scena di fellatio non simulata. All’epoca la star di Kids venne presentata come fidanzata del regista, cosa smentita anni dopo dai due (Gallo lo fece sempre nel programma di Howard Stern) e di cui Chloe Sevigny non ne conserva un ricordo traumatico. Insomma, Vincent Gallo, il musicista, l’attore, il modello, l’ex teppista di strada è tornato e non è cambiato: non ama gli altri membri della razza umana e fa di modo e maniera che chiunque, al suo cospetto, voglia uscire dalla stanza. Ma se la razza umana è quella che scrive mail con gli asterischi per non far discriminazione di genere, allora la reazione uguale e contraria di Vincent Gallo a questo clima fasullo che manco in un film di Frank Capra, è quello di vivere la propria mitologia personale e infernale alla faccia nostra.