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Saltburn, Parasite, Triangle of Sadness, The White Lotus: ma perché i ricchi ci stanno sul caz*o?

  • di Ilaria Ferretti Ilaria Ferretti

14 gennaio 2024

Saltburn, Parasite, Triangle of Sadness, The White Lotus: ma perché i ricchi ci stanno sul caz*o?
Sempre più spesso al cinema ci sono film che mettono al centro il difficile rapporto tra noi e i ricchi. Saltburn, Parasite, Triangle of Sadness, The White Lotus sono solo alcuni di questi. Ce lo ricorda anche il grande critico ed esperto di moda e costume, Antonio Mancinelli, con un suo interessante post Instagram. Ma i registi, anziché limitarsi a condannare quel mondo luccicante, hanno preferito porre l’attenzione sull’impatto che questo ha su di noi. Ammettiamolo, chi non vorrebbe vivere le proprie giornate scegliendo che tipo di Cartier indossare o che macchinone esibire in pubblico? E se noi non possiamo essere come loro, cosa succede? Che ci stanno automaticamente tutti sul ca*zo,.e questi film ne sono la prova (sì, ci sono spoiler)

di Ilaria Ferretti Ilaria Ferretti

Parasite, The White Lotus, The Menu, The Palace, Triangle of Sadness e ora Saltburn. Ma cosa sta succedendo ai registi di mezzo mondo negli ultimi tre anni? Hanno tutti voglia di fare a cazzotti con i ricconi? Il discorso in realtà è un po’ più complesso di quanto sembra. Un secolo fa Antonio Gramsci nelle sue Lettere scriveva: “La Rivoluzione Francese ha abbattuto molti privilegi, ha sollevato molti oppressi; ma non ha fatto che sostituire una classe ad un’altra nel dominio. Però ha lasciato un grande ammaestramento: che i privilegi e le differenze sociali, essendo prodotto della società e non della natura, possono essere sorpassate”. Ma come si possono sorpassare quelle differenze sociali? Quali sono le nuovi classi dominanti? Forse quella vecchia febbre legata alla lotta di classe, all’abbattimento di una élite di privilegi e privilegiati oggi è cambiata, come è cambiata la nostra percezione di loro. Siamo sempre con i cellulari in mano, ce li portiamo dietro persino in bagno come fossero dei guinzagli e noi, forse, a parti inverse, i loro cani, ammiriamo questi ricchi dagli schermi, li vediamo felici e sorridenti mentre spacchettano regali da parte delle aziende o del “papi” e abitano in dimore lussuose, tutto questo mentre noi, ancora in bagno con il cellulare in mano, facciamo swipe fra un contenuto e l’altro direttamente dalla nostra più o meno umile dimora. Siamo più vicini. Ma cosa proviamo? C’è dell’ammirazione? Invidia? Rabbia? Non dimentichiamoci che, lo scorso anno, è diventata virale anche l’estetica “Old Money” che suggeriva alla Generazione Z, come assicurarsi una manicure perfetta per apparire come una giovane aspirante sciura anche senza un euro in tasca, o all'indimenticabile Mtv Cribs che quando eravamo piccoli ci mostrava delle case che ancora oggi faticheremmo persino a sognare. Tutto molto bello. Ma dato che non potremmo mai essere come loro, tanto vale che soffrano.

The Menu
The Menu

Ruben Östlund ha fatto esattamente questo con il suo film Triangle of Sadness ("triangolo della tristezza" sono le rughe che si formano tra le sopracciglia a causa delle preoccupazioni o della nostra accentuata concentrazione) inscenando un naufragio di una nave da crociera dove modelli, influencer anziani guerrafondai, comunisti con il Rolex cercano di trascorrere una vacanza ricca di ogni comfort. Peccato che il passaggio da una nave a cinque stelle a un’isola sperduta sia breve. Proprio in questo luogo abbandonato da Dio è dove avviene il vero svelamento, questi ricchi oramai decontestualizzati, impossibilitati a esercitare la loro condizione economica e sociale, sono costretti come nel Naufragio con Spettatore di Lucrezio a vedere nel mare la scia delle cose perse (e costosissime), rivelandosi nudi e inutili più dei loro oggetti. Ma se i più importanti influencer del mondo d’un tratto perdessero i follower cosa farebbero?(Pandori o non pandori). Sarebbe da chiedersi anche cosa potrebbe succedere se qualcuno di estraneo decidesse di addentrarsi in questo mondo fatto di pochi eletti, per provare a farne parte... Questi due film, a modo loro, ci hanno risposto. Spoiler, non va mai a finire bene.

Triangle of Sadness
Triangle of Sadness

Saltburn, oltre a Barry Keoghan come mamma l'ha fatto

Saltburn, tutti ne parlano e tutti ne vogliono. Non solo di Jacob Elordi. Oliver (Barry Keoghan) vive e studia a Oxford, è un ragazzo apparentemente sfortunato e un po’ nerd, mentre Felix, è uno studente bello come il sole, ricco, che piace a chiunque (specie alle ragazze). Felix dopo aver ascoltato i racconti strappalacrime di Oliver (che a differenza dei protagonisti di tutti gli altri film proviene da una classe media) decide di invitarlo nella sua tenuta lussuosa. Ben presto però, una serie di eventi terrificanti travolgerà la sua stessa famiglia… Saltburn riesce perfettamente nella costruzione di un’atmosfera softporn con dei dialoghi non particolarmente memorabili, specie nella prima parte, il ritmo é strozzato e il risultato é che il film della durata di due ore, nella prima parte risultati un po' fiacco. Si continua la visione solo con la maliziosa idea che a breve si "quagli" o la spiacevole sensazione che qualcuno faccia del male al bel visino di Elordi. Entrambe supposizioni corrette. Spoiler alert. E sarà Oliver a provarci con la sorella di Felix, Elspetth (Alison Oliver) e poi con il cugino Farleigh (Archie Madekwe) ma anche a macchiarsi di plurimi omicidi. Ma è il modo in cui il ragazzo si rapporta all'atto sessuale che fa riflettere. Di Elspetth succhia il sangue mestruale, di Felix invece il suo liquido seminale rimasto nella vasca da bagno dopo esserci andato dentro con la sua mano amica. Tutto questo scenario mostra Oliver nella sua interezza, lui è come un vampiro esattamente come aveva detto a Elspetth. Non stava scherzando, dai liquidi dei ragazzi facoltosi voleva asportare l'essenza delle loro anime, ricche. Infatti nella scena finale del film, dopo aver fatto fuori tutta la famiglia, Oliver balla allegramente per i corridoi del palazzo, tutto nudo come mamma l'ha fatto. È felice, perché ora sa di essere come loro e al loro posto, ha quel sangue blu che aveva sempre sognato. 

Jacob Elordi in Saltburn
Jacob Elordi in Saltburn

Parasite, il parassita sudcoreano

Parasite di Bong Joon-ho è stato il film rivelazione del 2019, vincitore del Festival di Cannes e Oscar al miglior film. Ki woo viene da una famiglia povera ma molto unita. Un giorno un suo amico gli chiede di sostituirlo come tutore del figlio di un ricco imprenditore, Ki woo accetta e riesce a procurare un lavoro prima alla sorella, poi anche al padre e alla madre. In questo film che ha dato decisamente la spinta a tutti gli altri che hanno voluto indagare questo tema (compreso Saltburn), ci fa vedere cosa succede quando la disparità sociale è così forte da soppiantare ogni altra cosa, anche il pudore, anche gli affetti sicuri, andando oltre persino se stessi. Già il titolo dice tutto. Parasite vuol dire parassita. Lo stesso parassita delle commedie di Plauto, quel personaggio che ha la capacità di essere invadente e insaziabile allo stesso tempo. Pensiamo ad Artotrogo nel Miles Gloriosus, che pur di ottenere il permesso di partecipare a banchetti luculliani e feste cerimoniose è disposto a tutto, anche a elogiare il suo padrone, Pirgopolinice, di imprese e vittorie mai compiute. E così succede nel film di Bog Joon-ho, la famiglia di Ki woo cerca di nutrirsi il più possibile da questi ricchi abitanti della villa prendendoli per il sedere. Peccato che tutto quell'apparente gioco vincente e malato si rivela inutile. Il finale del film sembra suggerire che nonostante tutte le sofferenze e il sangue versato, il piano per tentare di rovesciare le cose, per cambiare le sorti delle persone è irrealizzabile, le distinzioni nella società sudcoreana e umana in generale sono immutabili. 

Cho Yeo-jeong in Parasite
Cho Yeo-jeong in Parasite

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