Non ha firmato l'appello del collettivo di Venice4Palestine, ma non ha problemi a parlare di genocidio a Gaza. Nonostante il suo film verrà distribuito da Mubi, piattaforma finanziata da una società israeliana.
Paolo Sorrentino, in concorso a Venezia con il film La Grazia, si è espresso infatti senza mezzi termini: se la questione è dire che a Gaza è in atto un genocidio, nessun problema. È invece sull'associazione degli artisti, che il regista nutre perplessità: o meglio, sulle rivendicazioni. Il motivo? Il cinema deve accogliere, non escludere.

Ai microfoni di Sky Tg24, Paolo Sorrentino non usa mezzi termini: “Se mi si invita a riconoscere che è in corso un genocidio, la risposta è assolutamente si”. “Questo è uno di quei casi -ha aggiunto- in cui è proprio evidente quello che sta succedendo, non c'è tanto da stare a discutere: i fatti sono evidenti, le testimonianze di istituzioni assolutamente affidabili sono riscontrabili, quindi, se la domanda è riconoscere che è in corso un genocidio, la mia risposta è si”.
A questo punto però, subentra un distinguo: “Se poi invece si scivola dentro, appunto, un'emotività che ti porta a chiedere di censurare o di boicottare, allora in questo caso faccio un passo indietro e sono meno propenso. Anzi, non sono per niente propenso a censurare nessuno”. Soprattutto in un luogo come il Festival di Venezia, espressione dell'arte: “Il cinema è fatto di tante voci, è un luogo che invece deve accogliere chiunque, anche quelli che sostengono le posizioni più scomode e ai nostri occhi più irritanti”.
Niente di diverso da quanto dichiarato in un'intervista al Fatto, in cui ha spiegato il motivo per cui non è tra i firmatari di Venice 4 Palestine: "Ho imparato che agli appelli promossi dagli artisti, bisogna sempre pensarci due volte prima di firmare", perché gli artisti hanno a che fare con la fantasia, sono emotivi ed ingenui, anche un po' infantili: caratteristiche meravigliose quando c'è da creare un film, ma "meno efficaci quando si tratta di raccontare l'alta politica".
Per chi in questi giorni avesse vissuto sotto una roccia, a Venezia la polemica era iniziata già prima di arrivare al Lido. Una lettera firmata da 1500 artisti sotto il nome del collettivo Venice4 Palestine, aveva condannato la partecipazione di Gal Gadot e Gerard Butler, in quanto ritenuti vicini alle azioni del governo israeliano. I due attori hanno poi deciso di non partecipare, ma non è finita qui; appena inaugurata la Mostra del Cinema, la polemica ha investito Emanuela Fanelli. La conduttrice del Festival ha dichiarato che non avrebbe parlato di Gaza, perché a farlo ingioiellata sul palco si sarebbe sentita a disagio, e anche perché non ne ha le competenze: è partito subito il dibattito social.
Si è ritrovato in mezzo anche Paolo Sorrentino, com'era inevitabile: dapprima, in conferenza stampa, Sorrentino ha demandato la risposta ai rappresentanti di Mubi, per poi chiarire in occasione dell'intervista a Sky. Il regista partenopeo aveva parlato di genocidio al Festival di Sarajevo, ma farlo a Venezia è diverso: perché il suo film verrà distribuito proprio grazie a soldi israeliani, perché la platea è internazionale. Di certo Sorrentino ha la forza e il peso per potersi permettere un simile presa di posizione, tant'è che in conferenza la domanda gli è arrivata da un giornalista straniero: gli va comunque dato atto di non aver svicolato la questione. Gli va anche dato atto di non essersi voluto inserire a tutti i costi nella lista dei "buoni" aderendo a Venice 4 Palestine: riuscendo probabilmente a inimicarsi sia i pro Pal che i distributori israelini, oltretutto senza nemmeno avere dubbi sul genocidio.
