La partecipazione di Leonardo Caffo al festival letterario Più libri più liberi (ora Caffo ha rinunciato, come abbiamo scritto qui) lascerà sicuramente degli strascichi: per l’importanza della manifestazione dedicata a Giulia Cecchettin, i nomi coinvolti – in particolare Chiara Valerio, curatrice del festival – e la pesantezza delle accuse nei confronti dello scrittore mosse dalla sua ex compagna. Molti hanno espresso forti dubbi sulla scelta di invitare Caffo nonostante il procedimento a suo carico. Per ora non è stato stabilito ancora nessun verdetto sulla vicenda. Dal punto di vista legale, quindi, resta da chiarire l’innocenza o la colpevolezza dell’autore di Anarchia – Il ritorno del pensiero selvaggio (Raffaele Cortina, 2024). La questione però resta aperta. E da alcune esponenti dell’attivismo transfemminista sono arrivate forti critiche. Tra le prese di posizione più dure c’è quella di Carlotta Vagnoli, che ha commentato il video postato da Chiara Valerio in cui la curatrice di Più libri più liberi parlava proprio del caso-Caffo. Riportiamo di seguito le parole di Vagnoli.
“Sono davvero arrabbiata e delusa da questa serie di scelte, in controtendenza con la linea adottata negli ultimi anni dalla fiera (e anche dall’ambiente intellettuale, che ha usato il femminismo finché questo ha fatto comodo alla visibilità e alle vendite, sputandolo poi fuori quando diventava troppo ingombrante o radicale). Ci sono degli orrori di retorica nel testo di Caffo, tipici della manipolazione: nessuno gli ha negato la partecipazione, tanto che l’evento si farà e l’invito è ancora valido. Il problema è la decisione di farlo, quell’incontro. Per di più in una fiera dedicata a un simbolo della lotta alla violenza maschile. Il dibattito sulla presunzione d’innocenza riguarda l’imparzialità della magistratura: il discorso qui è su noi, società civile, e su come ci rapportiamo a quello che ci avviene intorno. Davanti a una denuncia così grave sarebbe stato meglio riflettere sulle conseguenze del messaggio collettivo che alcune scelte avrebbero innegabilmente veicolato. Invitare una persona a processo per lesioni gravi e violenza domestica a un evento dedicato a Cecchettin e poi lagnarsi delle proteste (e fare tone policing sui modi) è una roba che mi aspetto dalla gente di destra. Non da una fiera dove proprio un anno fa ho tenuto una lectio sull’importanza di accogliere le voci delle sopravvissute alla violenza maschile e patriarcale. Il brutto contrappasso, in più, è che a chiunque abbia subito un abuso da gente dell’ambiente editoriale a questo punto passerà la voglia di denunciare. E finché ci saranno settori potenti quanto omertosi e coesi che vivono di regole e leggi ad personam, non saremo mai uguali. Sorvolerò quindi sulla risposta piccata e unanime da parte degli amici del circolo intellettuale, che mi fa rabbrividire. Quasi quanto la citazione di Delmastro sul non lasciare respirare (la scrittrice Teresa Ciabatti ha commentato così il video di Chiara Valerio: “Noi non li facciamo respirare” (Delmastro) è un metodo trasversaleusata) qui sotto nei commenti per screditare le voci delle persone che si sono mosse in questi giorni: difendere un uomo accusato di strangolamento con quella frase è l’apice del cattivo gusto in una vicenda dal gusto ancor più amaro. Sono proprio affranta, davvero affranta. Da scrittrice, da femminista che onora la pratica e soprattutto da sopravvissuta.