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Salone del Libro di Torino? No, dell’anti-libro e del politicamente corretto. Ed è colpa di Annalena Benini (e del ministro Sangiuliano)

  • di Ottavio Cappellani Ottavio Cappellani

12 maggio 2024

Salone del Libro di Torino? No, dell’anti-libro e del politicamente corretto. Ed è colpa di Annalena Benini (e del ministro Sangiuliano)
Reportage dal Salone del Libro di Torino. Al Lingotto dibattiti ammorbati dalla politica e della letteratura "civile". I soliti Roberto Saviano e Salman Rushdie. I romanzi sentimentali (ora li chiamano "romance") vengono trattati come minchiate di moda, ma Erin Doom spopola tra gli adolescenti. Si parla ovunque di "gender". La direttrice Annalena Benini e il ministro Gennaro Sangiuliano dovrebbero vergognarsi come “esibizionisti” beccati al parco con l’impermeabile spalancato?

di Ottavio Cappellani Ottavio Cappellani

Ma quanto li ha rotti i coglioni la politica quest’anno al Salone del Libro di Torino, che non è più, stando alla narrazione che se ne fa (lontana, come vedremo, dalla realtà), un Salone del Libro, ma è diventato qualcos’altro, come se il Libro fosse scomparso dalla società, inglobato dalla politica. Sembra il Salone Okkupato dell’Autogestione della Tifoseria Politica. No, tutto questo, con il Libro con la “L” maiuscola non c’entra niente. Non esiste più l’Opera, bensì l’Operetta.

Prendiamo il quotidiano più rappresentativo del Salone, La Stampa, e apriamolo di sabato, il giorno tradizionalmente più rappresentativo della kermesse. Ci si aspetterebbe, nelle pagine dedicate all’evento, non so, come è sempre stato fino a quando il Libro era un Libro, anticipazioni, una guida alle pagine più straordinarie non sempre edite dai grandi gruppi editoriali, una bussola come si dice per orientarsi alla ricerca del meglio: non è questo che dovrebbero fare le pagine culturali? E invece, su quattro pagine: Don Wislow che ci parla di Trump (che è politica estera); Walter Veltroni che parla di populismo (che è politica interna, dato che per l’estera c’era già Don Wislow); Roberto Saviano e Salman Rushdie che frignano “Noi siamo bersagli” (che è cronaca nera e comunque con due guerre in corso e persone di ogni età sbrindellate e mutilate uno scrittore che – fatti suoi – vuole parlare della “realtà” dovrebbe frignare di meno e assumersi la responsabilità di ciò che dice); infine Elizabeth Strout, la grandissima scrittrice delle storie intime, dell’epica delle piccole storie familiari, che urla alla “paura di parlare” e discetta degli studenti manifestanti e della polizia. Ma chi se ne fotte? Dov’è la pagina? Dov’è la scrittura? Dov’è lo scontro tra la parole e le cose? Dov’è il “perché l’Essere e non il Nulla”? Dov’è la Letteratura?

Salone del Libro di Torino: leggere può creare indipendenza?
Salone del Libro di Torino: leggere può creare indipendenza?

Se persino Don Wislow e la Strout parlano di politica anziché di scrittura si ha proprio come l’impressione che le case editrici e lo staff intero del Salone li abbiano in qualche modo imbeccati. Vuoi vendere libri? Vuoi la lenzuolata sui giornali? Sai, qui in Italia, dovresti fare forti dichiarazioni politiche. E quelli le fanno, le dichiarazioni: i loro sono tour promozionali, se fossero in giro a parlare di Letteratura di questo parlerebbero, non di elezioni. Ma chi se ne fotte delle elezioni.

Il Salone di Annalena Benini (e di Gennaro Sangiuliano che sta bene su tutto) è un salone dell’antilibro, dell’antiletteratura, è il primo salone del libro senza libro. Gli eventi organizzati dal Salone non sono letterari, sono politici. Te li presentano come letterari, ma mentre tu ti chini per mettere a fuoco la pagina, zac, la politica ti prende da dietro. Ma la vuoi finire? Ma te ne vuoi andare affanculo?

Pensate forse che a James Joyce gliene fottesse qualcosa, della vostra cazzo di politica? O, che ne so, a John Steinbeck (era la “tecnica” il suo incubo). O ad Albert Camus (tranne quelle brufolose scappatelle giovanili che presto abiurò), o a, che ne so, Franz Kafka?

L’unica “politica” permessa alla Letteratura è quella dell’ingiustizia tra poveri uccisi dal Capitale e ricchi uccisi dal Capitale (pensavate che ci fosse qualche differenza, per la Letteratura?)

Il resto, quel “resto” sul quale questo Salone dell’Non-Libro è concentrato, non è manco “politica”. È ripugnante “Potere”.

La realtà, invece, è diversa. Il Salone del Libro di chi ha a che fare con i libri - e dei lettori, non degli “e-lettori” -, sapendo di cosa si tratta, cammina invece spedito. Riccardo Cavallero, già a.d. di Mondadori, parla di “miracolo di San Gennaro” (senza Sangiuliano) che si ripete ogni anno: “Comprano i libri a prezzo pieno, pagando anche un biglietto d’ingresso, quando gli stessi libri li potrebbero comprare scontati alla libreria sottocasa”. Gli eventi organizzati dalle case editrici parlano di Letteratura. I lettori consapevoli vagano per il Salone alla ricerca di pagine che sfuggono alla grande distribuzione, di libri anche immensi pubblicati da minuscole case editrici indipendenti. Il Libro esiste, altroché, ma non per il Salone del Libro e per la sua organizzazione.

Uno degli stand al Salone del Libro di Torino: Romance?
Uno degli stand al Salone del Libro di Torino: Romance?

Persino l’amore, hanno rovinato. Mario Baudino, decano dei giornalisti culturali de La Stampa e del Salone, mi dice: “È davvero l’anno del ‘romance’”. Ma non avevamo bisogno della sezione “Romance” del Salone diretto da Erin Doom per saperlo. È dalla saga di Twilight che lo sappiamo. Sentite come “raccontano” il fenomeno quelli del Salone: “Nell’ultimo periodo il genere romance si sta diffondendo notevolmente tra i giovani nonostante molti lo trattino come sottocategoria inferiore”. Parlano del “romance” come fosse un’evoluzione del romanzo rosa o del fotoromanzo. Ignoranti. Il fenomeno è il ‘romance’ (la nobilissima “romanza”, al femminile, altro che schwa) declinato nel “genere”, nel “genere letteraro” non nel noiosissimo “gender”. Cosa è l’Odissea – ossia il canone della Letteratura Occidentale – se non un “romance” declinato nei generi letterari? Una immensa storia di amore e di mancanza, di smarrimento e di retta via, è la storia di un immenso matrimonio che si fa strada tra l’horror (i ciclopi, i cannibali), il fantasy (la maga Circe), l’erotico (Calipso), la psichedelia (i Lotofagi) e via narrando. Erin Doom è brava, vende, le adolescenti impazziscono per lei e per le sue storie. Riesce a toccare profondità che si agitano al fondo dell’adolescenza (la storia di Ulisse non è infine una grande storia dell’adolescenza dell’umano?). Per il Salone del Libro, per Annalena Benini, è una minchiatina di moda.

Perché per il Salone del Libro il ‘romance’, quello serio, tratta del “gender” e non del “genere” (umano). Tratta di femminicidio (il parricidio non si porta più). Di patriarcato e matriarcato (che sono due forme, entrambe orribili, di potere e di politica), Di Famiglia Tradizionale contro Famiglia Arcobaleno (ma chi se ne fotte delle vostre famiglie?). Di clitoridi contro peni (ma che schifo). L’Amore, il Romance, è argomento adolescenziale, ha bisogno del vigore e della gioventù per scatenare la sua potenza. Dovreste smetterla di pensare al sesso e all’amore quando diventate vecchi e repellenti e incartati su vuoi stessi e bramosi di cancellare a parole il vostro corpo che diventa orripilante cercando di fare del sesso una robaccia “politica”. Siete repellenti. Sì, la Destra è bacchettona e stupida e ottusa, ma cazzo, la Sinistra è popolata di vecchie e vecchi maniache e maniaci sessuali. Ma rimettete dentro la minchia e il clitoride, per cortesia. La Letteratura è l’Astrazione somma.

Annalena Benini e Gennaro Sangiuliano dovrebbero vergognarsi. Come “esibizionisti” (o “espositori”) beccati al parco con l’impermeabile spalancato.

Vergogna!

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