L’ipocrisia del Festival di Sanremo quest’anno ha raggiunto i massimi livelli. Se fossi napoletano sarei più indignato e incazzato. L’apertura improvvisa alla canzone in lingua napoletana è una paraculata senza precedenti! Adesso, all’improvviso, Geolier diventa la bandiera di Napoli all’Ariston. Ma scherziamo? Qualcuno si beve questa super colossale minchiata presentata con il fiocco azzurro sul “pacco” dal Direttore Artistico? Ma dai! Nulla da dire contro Geolier che personalmente spero vinca. Ma usare questo ragazzo e il suo nome per una enorme paraculata non rende onore a chi organizza il Festival. Pino Daniele, mai ospitato a Sanremo se non nel 2019 come ospite postumo per il Premio alla Carriera, si starà rivoltando nella tomba; e chissà che non lo tirino in ballo con dediche alla memoria. E poi ancora i 99 Posse, e si potrebbe stilare un elenco lunghissimo di artisti cui la “napoletanità” nell’espressione linguistica e non nella provenienza è stata sempre negata o limitata. Rocco Hunt in È 'nu juorno buono nel 2014 vinse in Nuove proposte ma potette cantare solo il ritornello in napoletano.
E quindi a chi vogliamo prendere per i fondelli? La chiamata di Geolier a Sanremo e l’aver accettato che il brano sia cantato totalmente in lingua napoletana è solo l'ennesima operazione di marketing, funzionale e utile solo al Festival e al suo direttore artistico; Geolier non credo abbia bisogno della visibilità che gli procurerà Sanremo. È già il numero uno in italia insieme a Sfera Ebbasta. I numeri parlano anche a livello europeo. Ed è inutile negare che sono proprio queste cifre ad interessare alla direzione artistica del festival che oramai fonda il programma solo su dati di streaming e sul numero di follower Instagram dei partecipanti. Le ultime edizioni, a partire dal 2022, sono state palesemente organizzate non sulla qualità dei cantanti in gara e dei brani (e lo dico anche contro me stesso) ma sui numeri social, sulla capacità di streammare che gli stessi hanno. Non a caso gli ultimi due festival di Amadeus sono un continuo sciorinare di dati: dischi d’oro, dischi di platino e streaming degli artisti che calcano il palco di Sanremo come se il merito del successo di questi ultimi fosse di Amadeus. Il direttore artistico pare sempre più assimilarsi a una “etichetta discografica” che a un uomo di “Stato” ( la Rai è un entità pubblica) che dovrebbe essere avulso a logiche di marketing ma piuttosto dedito alla espressione artistica in quanto tale. Chi ha sdoganato l’Urban a Sanremo in realtà è stato un direttore artistico che davvero è un artista: Claudio Baglioni, ma mai abbiamo assistito nei suoi due festival a strategie di marketing né tanto meno a continui sciorinamenti di risultati. E poi, parliamoci chiaro, questa ennesima pantomima del sesto festival consecutivo: è solo una ulteriore paraculata. Una messa in scena paragonabile solo ai Pooh e al loro più volte annunciato “ultimo concerto” ,che ultimo non è mai! Geolier riscatterà Napoli e la lingua napoletana sul palco, ma è innegabile che sia uno strumento nelle mani di abili prestigiatori e illusionisti.