Si avvicina l’inizio del festival di Sanremo, e come ogni anno l’Italia si dividerà tra chi passerà la settimana a commentarlo sui social, informandosi, scherzandoci su, e andando poi a seguire la diretta condotta da Amadeus, e chi invece farà buona parte delle medesime cose, solo fingendo di fare altro. Certo, ci sarà anche chi non sa neanche di che si tratti a grandi linee, ma in fondo è difficile non incrociare il festival in una settimana nella quale il festival occupa militarmente social e media. Accusato (con successo) per anni, di essere il principale portatore insano di nazional-popolare - termine che è stato coniato non si sa bene da chi, ma per colpire chi sì - Pippo Baudo, prima principale veicolo del bel canto, che dal festival è partito per conquistare il mondo, poi lasciato al suo misero destino nel periodo in cui la musica doveva adeguarsi alla vita quotidiana (quindi impegno politico a gogo), oggi il festival è sostanzialmente un grande spettacolo televisivo, che reitera la musica che già ci pervade quotidianamente, senza neanche far finta di essere altro da ciò. Tutti vogliono più o meno andarci, e chi non ci va, almeno se è sano di mente, si guarda bene di provare a contrastarlo, ragion per cui la musica a febbraio è solo Sanremo. Ora, come vi ho raccontato qui, noi a Sanremo ci saremo, e faremo anche un sacco di cose: a partire dal raccontarvi in presa diretta quel che succede, passeremo all’ascolto delle vive voci di chi poi, quelle le voci andrà a esibire, più o meno cristallinamente, sul palco dell’Ariston, ovvero i cantanti in gara. La sera, in maniera del tutto spartana, lì al Villaggio del Festival, che è il luogo dove saremo ubicati - nello specifico nella splendida cornice di Villa Ormond, tra il Museo del fiore e la palazzina Liberty Pedriali - andrà in scena il ControFestival, che vedrà il sottoscritto dar vita a un talk in onda sulla pagina Twicth di Enrico Silvestrin, in buona compagnia - il sottoscritto - di Pinuccio di Striscia la notizia in carne e ossa, e Sabino al mio fianco. Saremo quindi in compagnia, io, Pinuccio e ovviamente Enrico Silvestrin - padrone virtuale di casa - di Daniele Montesi, aka The Suckerz, ospiti random come Morgan (oh yeah!), Luca Jurman e chi dei cantanti in gara si libererà dal giogo di Amadeus (che quest’anno terrà tutti lì all’Ariston, e chi non canta presenta gli altri), oltre che ospiti vari e eventuali. Sui social di Mow potrete seguire anche questa stramba situazione. Un ControFestival che ha intenti ironici – e ci mancherebbe pure altro - oltre che cazzeggiatori, sempre che l’intento di chi intende cazzeggiare si dica così, perché la vita è già sufficientemente pesante di suo, vorremo mica appesantirla ulteriormente? Solo che, parlandone con il collega e storico del festival di Sanremo Nico Donvito, da poco tornato in libreria col libro Ho vinto il Festival di Sanremo - scritto a quattro mani con Marco Rettani, con introduzione proprio di Amadeus - ho scoperto che proprio lì, a Villa Ormond, nel 1969, è andato in scena un altro ControFestival, anzi, Il ControFestival, quello nato sulla coda delle contestazioni del 1968, e che ha avuto in Dario Fo e Franca Rame i principali agitatori. Facciamo un passo indietro, ovviamente raccontando una storia che a nostra volta ci è stata raccontata.
Io nel febbraio 1969 (il festival è andato di scena dal 30 gennaio al primo di febbraio), mi agitavo in compagnia del mio gemello Francesco dentro l’utero di mia madre, ognuno accomodato (si fa per dire), dentro una propria sacca. Solo qualche tempo dopo, il 2 giugno, io sarei nato, lui (ahinoi) morto. Faccio quindi un passo indietro. Il festival di Sanremo è stato, fino a quel momento, quello che è tornato a essere solo ultimamente, lo spettacolo televisivo a tema musicale più importante per la nostra nazione. Di lì passavano i nomi più consistenti, e proprio in quell’anno, il 1969, esordiva come interprete, in compagnia di Wilson Pickett - perché da un po’ di tempo tutte le canzoni in gara al Festival della Canzone Italiana, che in fondo alle canzoni è dedicato, dovevano avere due interpreti - quell’anno, insomma, esordiva come interprete nientemeno che Lucio Battisti, con Un’avventura. Fu la sua prima e ultima partecipazione in quel contesto, e in gara c’erano anche Bobby Solo e Iva Zanicchi, che poi avrebbero vinto con Zingara; Sergio Endrigo, che si sarebbe piazzato secondo con Lontano dagli occhi in compagnia di Mary Hopkin, e via via, Don Backy, Milva, Fausto Leali, Nada, Gigliola Cinquetti, che proprio quest’anno tornerà all’Ariston per riproporre la sua Non ho l’età, sessant’anni dopo la sua vittoria con quel brano. E poi ancora Orietta Berti, Massimo Ranieri, Little Tony, Rita Pavone, i Dik Dik, i New Trolls, Claudio Villa, Rocky Roberts, Mino Reitano, fino all’ultimo posto di Memo Remigi - che invece non sarà al festival, né mai più in Rai, a occhio e croce - fanalino di coda, con un penultimo posto che a vederlo oggi quasi commuove, Gabriella Ferri insieme a Stevie Wonder. Sì, Stevie Wonder, arrivato penultimo, lui che già era da tempo Stevie Wonder, il ragazzo prodigio. L’anno prima, nel 1968, vinse Sergio Endrigo con Carlos, con Canzone per te, e quello precedente ancora, che aveva visto l’esordio come autore di Lucio Battisti, era stato funestato - così riportano le cronache - dal suicidio di Luigi Tenco. Evento da sempre coperto da un certo mistero, che ultimamente un Gino Paoli lievemente sopra le righe, ha imputato a una voglia di emulare il suo tentato suicidio, quello che gli ha procurato il famoso proiettile vicino al cuore, (ancora lì, attenzione attenzione) e quindi stando a quel che ha dichiarato, secondo lui Tenco sarebbe morto per un tentato suicidio andato tragicamente a buon fine - signora mia. Questo per dare l’idea di cosa stiamo parlando. Tutti passavano più o meno di lì, oltre a Battisti c’era passato anche Lucio Dalla, tanto per citare un altro gigante, e di lì a breve anche Ivano Fossati, coi suoi Delirium.
Però quel che era successo oltralpe sulle barricate di Parigi, ovvero il movimento del ‘68, nel mentre arrivò sin qui, così il Festival della Canzone Italiana, venne bollato come qualcosa di frivolo, di superficiale, e ovviamente di borghese. Niente contro i cantanti in quanto tali, ma il non cantare altro che d’amore, nel momento in cui il sociale si stava affacciando sulle scene, venne visto come qualcosa da stigmatizzare. Così alcuni ragazzi di Sanremo decisero di dar vita a qualcosa che fosse parodisticamente e ironicamente contro, di cui l’idea di intitolare questa manifestazione giocosa e gioiosa proprio ControFestival. Villa Ormond e il suo bel giardino, pieno di fiori e di alberi da frutta, divenne la location quasi ovvia. Consapevoli di non essere visibili, e quindi di non poter rendere la loro iniziativa abbastanza “contro”, i ragazzi decisero di invitare due colossi del teatro italiano, Dario Fo e Franca Rame, che ovviamente accettano di buon grado, lasciando momentaneamente la propria compagnia in Toscana e arrivando in città in treno, dormendo sui vagoni di notte. L’idea era quella di divertirsi, ma erano già anni di tensione, e l’organizzazione del festival cominciò seriamente a temere questa manifestazione, al punto di ipotizzare di registrare la kermesse di pomeriggio, e mandarla in onda di notte, così da intervenire in caso di irruzioni di manifestanti al Casinò (allora il festival andava di scena lì). C’era tensione, come del resto tensione ci sarebbe stata di lì in avanti, in quelli che sarebbero stati raccontati non a caso come gli Anni di piombo. Dario Fo e Franca Rame invitarono gli artisti in gara a partecipare alla loro iniziativa, fatto che dirlo oggi fa quasi sorridere per l’ingenuità o l’idealismo del gesto; ma la cosa che ancor più fa sorridere, è che il primo ad aderire fu proprio Sergio Endrigo, che tornava a Sanremo da vincitore, e che quell’anno si sarebbe poi piazzato secondo. Una partecipazione annunciata che non vide però mai la luce, perché Radaelli, organizzatore del festival, gli impedì di prendere parte, impugnando il contratto che prevedeva l’impossibilità per chi era in gara di esibirsi altrove. Di fatto l’iniziativa di Villa Ormond fece quindi più paura che successo, e al festival, quello ufficiale, di quell’evento arrivò giusto l’eco. Di fatto shakespearianamente parlando si potrebbe dire: tanto rumore per nulla. Nonostante ciò, il ControFestival entrò comunque a suo modo nella storia, non fosse altro perché Dario Fo e Franca Rame sono parte della nostra storia culturale e Fo è anche l’ultimo premio Nobel per la letteratura fin qui, andato a un italiano. Sui giornali dell’epoca, e questo anche ci aiuta a comprendere l’aria che tirasse, l’iniziativa, appoggiata pubblicamente dal PCI, era bollata dall’estrema sinistra come un “salotto borghese”, e ciò ci dice molto di come gli anni a venire sarebbero in effetti stati caratterizzati da una passione che (ahinoi) presto sarebbe sfociata anche in violenza. Un festival, comunque, vinto da Zingara, ma che ha avuto in gara brani come Ma che freddo fa di Nada, Un’avventura di Lucio Battisti, e toh, anche Cosa hai messo nel caffè? di Riccardo Del Turco, e che comunque vedeva in gara quei nomi lì, che oggi ci fa una certa impressione, come fa impressione pensare che a firmare le canzoni, allora, fossero giganti quali Luigi Albertelli, autore del testo del brano vincitore, Sergio Bardotti, autore di Lontano dagli occhi di Endrigo - parlo sempre del testo, come di quello di Wilma Goich, ma in quel caso le musiche sono di Franco Bracardi (meglio noto per essere stato il pianista del Maurizio Costanzo Show) - Franco Migliacci, che con Claudio Mattone ha firmato il brano di Nada, Mogol, autore del testo di Battisti, di quello di Orietta Berti e di quello dei Dik Dik, (lì le musiche le ha firmate anche Roberto Soffici), Gian Carlo Bigazzi e Gian Piero Reverberi, autori del brano di Del Turco con il medesimo, Pace e Panzeri, autori del brano di Junior Magli, Vito Pallavicini, autore del brano di Rosanna Fratello - recentemente tornata sotto i riflettori per un dissing bonario con Ornella Vanoni - di Rocky Roberts, Nisa e suo figlio Alberto Salerno, autori del testo di Meglio una preghiera di Mino Reitano… Ecco, a vedere tutti quei nomi e pensare all’oggi, un pochino, vien da piangere. Fortuna che almeno quest’anno proprio il duo Nisa e Alberto Salerno verranno celebrati all’Ariston, il primo per la già citata Non ho l’età, il secondo per aver scritto il testo di Terra promessa di Eros Ramazzotti, che di anni ne festeggia quaranta.
Chissà se tra qualche tempo ci sarà chi si commuoverà pensando a Davide Petrella o Jacopo Ettorre, viene da pensare, mattatori con quattro brani a testa di questo festival? Chissà se fra trenta, quaranta, sessant’anni (sempre che esista ancora il festival di Sanremo, o per dirla con Greta Thumberg, sempre che esista ancora la Terra), se verranno chiamati sul palco gli artisti in gara quest’anno a riproporre una qualche loro canzone, entrata nel nostro futuro immaginario? Chissà, visto mai, se uno di noi che porteremo avanti il ControFestival di quest’anno, riceverà una chiamata mentre sta in auto con Ambra Angiolini, una chiamata che gli comunica che ha appena vinto il premio Nobel per la letteratura (a Dario Fo andò così, mentre con l’attrice romana stava registrando una puntata di Roma-Milano)? Io ve la butto lì, non me ne vogliano Enrico Silvestrin, Pinuccio, Daniele Montesi, il Cerbero e gli altri, io scrivo libri, conosco Ambra da una vita, ho anche una felpa della Svezia. Poi, amici dell’Accademia del Nobel, fate voi...