C’è un’arte sottile nel bilanciare il ritmo di una canzone con il battito del cuore. Francesco Gabbani, che del ritmo ha fatto una seconda pelle, ritorna sul palco di Sanremo come un tennista che sa di aver vinto il Roland Garros, ma sente ancora il richiamo dell’erba di Wimbledon. Quarta volta all’Ariston, sì, ma l’emozione resta intatta, come la tensione di un tie-break che non vuoi perdere.
«Si tratta di una circostanza atipica e unica, il “da farsi” tutto intorno è laborioso, ma fa parte del gioco ed è ben accetto. Avendo già vissuto questa esperienza più di una volta, sono preparato», racconta, intervistato da Tuttosport. La sua capacità di far sembrare leggere anche le riflessioni più profonde è disarmante. Parlando della sua canzone Viva la vita, osserva: «È una frase fatta di parole semplici, ma per me esprime uno dei perni dell’evoluzione della canzone. [...] Mi piace pensare che la soluzione di questa ricerca possa essere l’accettazione serena del fatto che ci sono alcune cose che non sappiamo e forse mai sapremo».
Ma non è solo musica. C’è il movimento, il corpo che diventa strumento. «Sul palco salto, mi muovo, canto... Devo tenermi allenato», confessa. Non è una metafora: il tappetino da pilates è un compagno di viaggio, gli esercizi a corpo libero una routine quasi mistica. «Assolutamente sì. Ci vuole quantomeno una condizione fisica alla sufficienza dell’allenamento. Un concerto, soprattutto d’estate, può essere veramente dispendioso. Esci dal palco come se avessi giocato una partita: di tennis o di calcio. La sensazione è quella: dai tutto per tutto in termini di prestanza fisica, adrenalina. Del resto io non sto fermo un attimo: salto, mi muovo. E ti assicuro che muoversi e cantare contemporaneamente è difficilissimo».
![Francesco Gabbani, vincitore di Sanremo 2017](https://crm-img.stcrm.it/images/42404363/2000x/20250211-115038921-2196.jpg)
![Jannik Sinner e Gigi Buffon](https://crm-img.stcrm.it/images/42404453/2000x/20250211-115530700-4922.jpg)
E a proposito di tennis, Gabbani si illumina parlando di Jannik Sinner. Lo segue? «Assolutamente sì, è incredibile. Dà proprio l’idea di essere una grande persona, non solo un incredibile sportivo. Ha intelligenza, perseveranza. Mi piace molto anche il suo approccio umile. Oltre che sul talento, ha costruito la sua carriera basandosi sul lavoro e sulla costanza. È notevole il fatto che da adolescente era campione di sci e poi ha detto: “Sai che c’è? Mi metto a fare il tennis” ed è diventato numero uno. Lì è proprio tanto questione di testa. È davvero apprezzabile che un ragazzo della sua età abbia questa consapevolezza».
E poi Gianluigi Buffon, un altro nome inciso nei suoi ricordi: «Ogni tanto con Gigi ci sentiamo, anche se non spessissimo. Mi invitò allo Stadium per vedere una partita, poi mi ha regalato una maglia con dedica sottolineando le nostre comuni origini, visto che siamo entrambi di Carrara».
Tra un esercizio e una nota, Gabbani presenta il suo nuovo album Dalla tua parte, un mosaico di emozioni: «Sinner direbbe: “Gioco a tennis, faccio allenamenti, sto sulla palla, si vince un punto per volta”. Anch’io allora devo stare umile... (sorride, ndr). Diciamo che è una fotografia del mio avanzare nella vita. Una fotografia della mia tavolozza di colori, visto che non mi sento di dire di essere di un colore unico. Ci sono canzoni più intimiste, più emozionali, con approccio filosofico e altre più provocatorie e ironiche come poteva essere Occidentali’s Karma. Posso dire, in generale, che questo album rappresenta un mio pensiero, il mio approccio alla ricerca del senso della nostra esistenza».
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