Come sempre nelle mie rubriche di approfondimento mi piace partire dalla storia e dalle origini, ed ecco che parlerei del fatto che Sanremo, la "Città dei Fiori", deve il suo soprannome alla sua tradizione di coltivazione floricola che affonda le radici nel XIX secolo. La sua posizione privilegiata sul Mar Ligure, con il clima mite, ha permesso l'espansione della floricoltura, trasformando la città in un hub per la produzione di fiori, soprattutto garofani e viole. La floricoltura, che inizia come attività artigianale, si industrializza nel ventesimo secolo, portando la città a diventare la capitale mondiale del fiore reciso. Sanremo ospita la famosa Fiera Internazionale dei Fiori, un evento che celebra la sua tradizione, attirando produttori e commercianti da tutto il mondo. Ma i fiori non sono solo simbolo economico: con la Belle Époque, le sue ville lussuose e i giardini incantevoli la città diventa meta di aristocratici, artisti e celebrità, e qui ci avviciniamo ad oggi... Nonostante il mutare dei tempi, l'anima floreale di Sanremo è rimasta intatta e infatti il Festival della Canzone Italiana è l'evento che prende il sopravvento mediaticamente, ma tra un’esibizione musicale e l’altra, i fiori continuano a fare la loro discreta, ma sempre presente, figura. La "Città dei Fiori" non è solo un'etichetta, ma una realtà che si è radicata nell'identità e nel cuore di Sanremo. I fiori sono diventati di conseguenza il simbolo del Festival di Sanremo per una combinazione perfetta di tradizione e marketing. Sanremo non ha potuto fare a meno di mettere in scena la sua passione per i fiori anche sul palco dell'Ariston. È negli anni '50 che i fiori fanno la loro comparsa come decoro scenico, mentre le prime edizioni del Festival, con un tocco di glamour, iniziano a regalare mazzi di fiori alle star. Oggi, ogni anno, il mazzo di fiori che accompagna i vincitori è un omaggio alla città e alla sua storia. Insomma, mentre i cantanti si contendono il podio, i fiori continuano a fare da spettatori silenziosi, e sono spariti dal palco. Le scenografie del palco del Festival di Sanremo sono evolute come un bouquet che cresce e si trasforma e in questo caso sfiorisce. Negli anni '50, i fiori erano il tocco finale di un palco essenziale, quasi timido. Poi, con il tempo, i mazzi di fiori sono diventati protagonisti, invadendo scenari più audaci e colorati, come se il palco fosse un grande giardino segreto. Dagli anni '80 in poi, l'uso dei fiori si è fatto sempre più sofisticato, abbinando eleganza e modernità, come i vestiti delle star spesso abbinate al tema stesso. Oggi, non solo le donne, ma anche gli uomini ricevono fiori, ma senza l’antica distinzione di genere: ormai, che sia per un trionfo o una semplice partecipazione, il mazzo è un simbolo di successo per chiunque. Alla fine, il fiore è diventato il vero "accessorio" di Sanremo, e questa sarebbe anche una cosa bella se non fosse che durante il Festival si stima che vengano sprecati migliaia e migliaia di fiori, tanti dei quali finiscono nelle discariche poco dopo aver fatto una breve e brillante comparsa sul palco. Questo succede perché, tra l’eleganza del palco e le foto ricordo, molti mazzi non arrivano mai a casa dei vincitori ma nemmeno nelle stanze d'hotel, e anzi tra un passa e rigira il mazzo dovuto al Fantasanremo non vanno nemmeno a chi sarebbero davvero destinati. E se pensiamo che alcuni fiori sono scelti apposta per durare il tempo di un applauso, l’idea di spreco diventa inevitabile. Insomma, Sanremo è una festa per gli occhi, ma un incubo per l’ambiente, dove la bellezza dura giusto il tempo di una canzone. E a questo punto parlando dei fiori...come non citare lo storico "Grazie dei fior" di Nilla Pizzi che ha segnato la vittoria al Festival di Sanremo nel 1951, il primo anno della competizione (coincidenze?). Scritta da Riccardo Pazzaglia e con la musica di Mariolina, la canzone divenne un simbolo di eleganza e dolcezza, consolidando Nilla Pizzi come una delle voci più amate del panorama musicale italiano. Il testo, che ringrazia per i fiori ricevuti, ha un tono romantico e raffinato che ha conquistato il pubblico dell'epoca e che la portò alla vittoria anche l'anno successivo.
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La sua vittoria segnò l'inizio di una lunga carriera e contribuì a rendere il Festival ancora più leggendario e a portare i 'fiori' a diventare una citazione e ispirazioni anche per molti altri... E a questo punto come potrei non citare "Io, tu e le rose" che Orietta Berti presentò al Festival di Sanremo nel 1967, classificandosi al secondo posto. La canzone, che racconta una storia d’amore con un tocco di malinconia, rimase un grande successo che però oscurerà per sempre quell'edizione di Sanremo che fu invece segnata dalla tragica morte di Luigi Tenco ancora oggi motivo di polemiche e discussioni e specialmente grande argomento tabù del Festival ma anche della Rai stessa e della discografia italiana. I fiori sanremesi quindi non solo decorano il palco, ma hanno anche ispirato e influenzato alcuni momenti rimasti nella storia. Per citare qualche esempio con "Fiori rosa, fiori di pesco" di Luciana (1970), poi nel 1986, arrivò "Fiori" di Alice, un brano che faceva sbocciare emozioni a ritmo di musica e ovviamente non poteva mancare "Fiori di maggio" dei Dixieland (1966), che evoca immagini di un maggio fiorito e spensierato. Più recentemente, l'indiscussa vittoria di Simone Cristicchi nel 2007 con 'Ti regalerò una rosa' e poi nel 2008, "Fiori" di Povia... peccato che alcuni di questi brani siano appassiti nel tempo. Sicuramente le rose proprio sono un tema che fa discutere su quel palco, e anche Rosa Chemical e Rose Villian ce lo insegnano negli ultimi anni. Fino a portare l'episodio (dopo Tenco ovviamente che continuerà ad essere lo scandalo più grande del mondo per quanto mi riguarda e che nemmeno Fabrizio Corona potrebbe farne emergere le peggiori ombre) nel 2023, Blanco, ospite del Festival con "L'isola delle rose", ha deciso di "dare il suo tocco personale" alla scenografia del Festival di Sanremo, distruggendo i fiori, finti o veri che fossero non importa, con un gesto di rabbia e frustrazione. Mentre tutti aspettavano una performance musicale, lui ha preferito un'interpretazione un po' più... fisica. Una distrazione da un'esibizione scadente giustificata da un 'errore' tecnico per il quale il cantante non riusciva a sentire dagli ear monitor. Il risultato? Un palco che sembrava un campo di battaglia floreale e una scenografia ridotta a macerie. In pochi minuti, il pubblico si è trovato di fronte non a un atto di ribellione 'artistica', che non aveva nulla nemmeno del gesto 'poetico' di Morgan e Bugo ma piuttosto di un'inaspettata scena del crimine che ha portato il povero Gianni Morandi a spazzare il palco dell'Ariston e ripulire la figuraccia. Insomma, una mancanza di rispetto che fu eclatante, ma ancora oggi la questione dei fiori per me è sospetta ed è un grandissimo spreco e continua a nascondere una dietrologia simbolica che ogni anno mi porta a nuove riflessioni sul tema. E quindi ve la faccio molto breve, citando Willie Peyote e il suo brano di quest anno in gara al settantacinquesimo Festival di Sanremo (che si chiama 'della canzone italiana' in realtà, ricordiamolo) vi direi senza esitazione: Fiori e Sanremo? Grazie, ma no grazie.
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