"Diddy: The Making of a Bad Boy”, il documentario di 90 minuti andato in onda in America martedì sera su Peacock, offre un ritratto a dir poco scioccante, complesso e controverso del celebre rapper Sean “Diddy” Combs. È la fotografia inquietante di uno stile di vita caratterizzato da presunti abusi di potere, manipolazioni psicologiche, deviazioni sessuali e un bisogno ossessivo di controllo e sottomissione altrui. Testimonianze terrificanti e racconti inediti che s’intrecciano alla puntuale ricostruzione della scalata al successo di “Diddy”, cercando di far luce sulle numerose zone d’ombra che caratterizzano la sua vita e la sua carriera. Una narrazione intensa, suggestiva che ha lasciato gli americani letteralmente trasecolati, di fronte quella linea sottile tra l’essere geniale e l’essere diabolico. Chi è dunque Sean “Diddy” Combs: un visionario o un demone? Per la prima volta si accendono i riflettori anche su Janice Combs, madre del rapper, che durante l’adolescenza dell’artista pare fosse dedita ad organizzare feste con ospiti “completamente nudi”, caratterizzate da atmosfere sfrenate. Orge promiscue, dai tratti eccessivi e comportamenti espliciti: ambienti altamente disfunzionali che certamente avranno influenzato la visione della vita e anche del successo di Sean Combs.
Sono diverse le testimonianze del documentario che tengono lo spettatore inchiodato allo schermo. Tra i racconti più scioccanti c'è quello di Ashley Parham: che si aggiunge a una lunga lista di denunce e sospetti che hanno accompagnato la figura di Combs negli ultimi anni. La donna aveva espresso dei dubbi su un possibile coinvolgimento di Combs nella morte di Tupac Shakur, considerato dagli americani il più grande rapper di tutti i tempi morto tragicamente a Las Vegas. A seguito delle dichiarazioni nel 2018 Ashley riceve prima delle minacce di morte. In seguito verrà aggredita e abusata sessualmente con un telecomando televisivo proprio da “Diddy”. La sua testimonianza è struggente. La donna in lacrime parla di quell’evento definendolo “un trauma profondo che le ha cambiato la vita”. Si passa poi a Al B. Sure!, rapper e collega d’etichetta di Combs, che per la prima volta interviene sulla relazione tra “Diddy” e la sua ex: Kim Porter, con cui ha avuto 4 figli. Secondo la testimonianza del rapper esisterebbe un diario segreto che la donna avrebbe redatto quotidianamente durante la loro relazione. Tra gli appunti, che non sono stati resi noti, Kim Porter pare abbia annotato una serie di dettagli personali e intimi del tutto inquietanti sulla natura del loro rapporto. Il diario conterrebbe accuse di comportamenti fortemente manipolatori, vessatori, irragionevoli imposizioni e l’esaltazione del culto dell’obbedienza da parte del rapper: letteralmente ossessionato da manie di controllo fisico e psicologico sulle persone che gli gravitavano intorno. Il racconto è denso, a tratti violento, e soprattutto è un susseguirsi di rivelazioni sconvolgenti: come quella dedicata al racconto delle “stanze rosse”. Una serie di testimonianze anonime infatti, ha svelato l’esistenza di “aree dedicate” in cui si svolgevano attività sessuali di ogni genere, spesso anche con la partecipazione di minorenni. “Ogni volta che uno studio o una stanza era illuminata di rosso, lui stava facendo sesso. E alcune di quelle ragazze erano sicuramente minorenni”. A parlare è uno dei tanti “insider” pronti a giurare che sebbene non sia stata specificata l'età dei “giovanissimi” coinvolti, si presume tra questi ultimi anche la presenza di bambini.
Alla fine dei 90 minuti le reazioni sui social media non si sono fatte attendere. Gli americani tendenzialmente esprimono solidarietà alle numerose vittime di questa tortuosa vicenda. Allo stesso tempo in tantissimi s’interrogano sul ruolo giocato da parte delle numerose stelle della musica e del cinema internazionale che sapevano benissimo chi fosse Sean Diddy e cosa succedeva in quelle feste diaboliche... Un po' come accadde nella vicenda Harvey Weinstein. Mi vien da pensare che questa storia ci riserverà ancora incredibili colpi di scena.